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Quando il Giro d'Italia è un gioco di fantasia

Giovanni Battistuzzi

La sera prima della corsa rosa è il momento nel quale tutto è possibile, quello in cui c'è la speranza, a volte la convinzione, che le tre settimane successive saranno più belle e spettacolari di tutte le altre tre settimane di corsa che abbiamo visto sino a quel momento

Il momento più bello del Giro d’Italia (e di qualsiasi altra grande corsa a tappe) arriva la sera prima dell’inizio del Giro d’Italia. In quel momento e solo in quel momento si stampa nella nostra mente la certezza che manca poco, davvero poco, all’attimo nel quale le ruote dei corridori inizieranno a muoversi rendendo piene ed eccezionali le seguenti tre settimane. E in quel momento e solo in quel momento in noi divampa la speranza, a volte la convinzione, che tutto sarà meraviglioso, che il Giro che ci aspetta sarà il migliore di tutti gli altri che abbiamo visto.

È fantastica la sera prima dell’inizio del Giro d’Italia.

È un trionfo di grandi fughe e grandi inseguimenti, di solitudini appenniniche e alpine, di uomini che se ne fregano del volere del gruppo, che è sempre la quiete, di tempeste e tempeste a pedali che si abbattono e sconvolgono lo status quo. Ci sono sorprese e certezze che si staccano e si riprendono senza soluzione di continuità e rendono il Giro un incessante scorrere di immagini che ti lasciano senza fiato, se non quello sufficiente per un uau liberatorio.

Il Giro d’Italia vero, quello che per tre settimane scorrerà tra le strade nostrane, va mai davvero a finire come il Giro della sera prima dell’inizio del Giro d’Italia. Ma tant’è. È la bellezza della fantasia. La fantasia che la bicicletta ci regala ad ampie manate ogni volta ci mettiamo sopra di lei e la portiamo a zonzo.

Va sempre diversamente il Giro d’Italia reale da quello immaginato. Va detto però che a volte ci lascia lo stesso uau liberatorio del nostro Giro personale, che quasi sempre non abbiamo mai il coraggio di raccontare agli altri.

Perché il ciclismo sa ancora concedere soprese straordinarie, sa ancora parlare alla nostra fantasia.

Come gli scatti di Marco Pantani sul Fedaia, verso Plan di Montecampione, sul Galibier e tutti gli altri, tutti; come le Parigi-Roubaix di Franco Ballerini; come Vincenzo Nibali su e giù dal Poggio verso Sanremo; come il vagare di Chris Froome tra le Alpi piemontesi; come tutto il Tour de France di un anno fa; come il Giro delle Fiandre di Tadej Pogacar. Come chissà quante cose che non abbiamo potuto vedere perché non eravamo ancora nati o avevamo scelto di fare altro.

La sera prima dell’inizio del Giro d’Italia è il momento nel quale nulla è ancora scritto e quindi tutto è possibile, anche che gli amori di un tempo e le passioni attuali si ritrovano uno a fianco all’altro, in quello strano dipanare del tempo che il ciclismo ancora, chissà come, concede.

La sera prima dell’inizio del Giro d’Italia è un momento strano. Un momento che ogni anno arriva e sparisce in un attimo, che lascia strada a quelle tre settimane che aspettiamo ogni maggio da un anno intero.