Foto Epa, via Ansa

ride il presidente

Dai film al calcio, il dramma diventato commedia di Aurelio De Laurentiis

Giovanni Battistuzzi

Il viaggio alla guida del Napoli per il produttore cinematografico iniziò con la delusione di una mancata promozione in Serie B, per beffa contro l'Avellino. I successi al cinema e ora nel calcio

Aurelio De Laurentiis di Napoli belli e divertenti ne ha creati e visti diversi. Non poteva andare altrimenti per uno che di lavoro fa il produttore cinematografico, uno che ha l’occhio allenato alla commedia. E sì che la prima commedia ridanciana che ha prodotto è arrivata dopo tre anni dal suo debutto cinematografico. Prima spaziò tra erotismo, gialli, drammi. Iniziò nel 1977 con “Un borghese piccolo piccolo” di Mario Monicelli. L’uomo che ci consegnò la saga di “Vacanze di Natale”, che istituzionalizzò il Cinepanettone ad accompagnamento dei nostri giorni natalizi, debuttò con uno dei film che ci hanno lasciato più tristezza e amaro in bocca, la pellicola che sancì la fine della commedia all’italiana. 

 

Non è stata poi diversa la sua storia calcistica.

  

Iniziò anche lì con un dramma, la mancata promozione in serie B nella stagione 2004-05. Quella squadra non si chiamava nemmeno Società sportiva Napoli (così com’era stato negli anni del sogno Maradona), ma Napoli soccer. Il Napoli era fallito, era ripartito con lui dalla C1. Perse la finale playoff contro l’Avellino. Al dramma si aggiunse la beffa. Poi il film calcistico ingranò. La promozione in B l’anno seguente, il riacquisto del nome, la serie A, la Coppa Italia, lo scudetto sfiorato, il bel calcio firmato Mazzarri e Sarri, l’illusione Ancelotti. Poteva arrivare prima lo scudetto, non è arrivato. C’ha pensato Spalletti nell’anno nel quale quasi nessuno se lo aspettava. Il cinema funziona a volte per paradossi.

 

Il cinema conobbe il calcio già nel 1931. Prima apparve Rodolfo Volk, centravanti fiumano dal bell’aspetto nella parte (anche se non accreditata) di un ricco marchese in “Rubacuori” di Guido Brignone. Lo abbracciò davvero un anno dopo in “Cinque a zero” di Mario Bonnard, pellicola ispirata alla partita Roma-Juventus del 15 marzo 1931 e finita 5-0. Qui Rodolfo Volk interpretava se stesso.

 

Il calcio conobbe il cinema parecchio dopo, il 18 luglio 1986. Fu allora che mentre all’Arena Civica di Milano risuonava la “Cavalcata delle Valchirie” di Wagner, Silvio Berlusconi atterrava in elicottero in stile, simile e opposto, “Apocalypse Now”. Quel Milan era un bel film, che dall’anno dopo venne riempito di effetti speciali: un duo di olandesi (Gullit e Van Basten) da spavento ai quali si aggiunse l’anno seguente il terzo (Rijkaard) per conquistare l’Europa e il mondo.

 

Aurelio De Laurentiis non è mai stato Berlusconi, eppure ne è la sua più riuscita continuazione. Il bel calcio come identità, la necessità di seguire i propri innamoramenti, le vittorie come esaltazione collettiva, di popolo, e come esaltazione personale. Il calcio come passione viscerale, al di là dei soldi persi, della rabbia e della delusione. Cose che spariscono in un attimo quando arriva la scena dello scudetto.