Foto di Alessandro Garofalo, via LaPresse 

Il foglio sportivo

Alberto Gilardino non è in panchina per caso

Giampiero Timossi

Da bomber (273 gol in carriera) a tecnico del Genoa con vista promozione: “Ho fatto la gavetta”. Un tipo silenzioso e meticolo, l'ultima partita è finita in goleada, e si merita questo traguardo

E subito riprende / il viaggio / come / dopo il naufragio / un superstite / lupo di mare.

Alberto Gilardino lo declina a modo suo, “pensiamo una partita alla volta”, riprende il viaggio dopo una vittoria così come al termine di una sconfitta. Il suo calcio è semplice, non banale e anche per questo è entrato nei cuori dei genoani. Loro sono come quel lupo di mare della poesia di Giuseppe Ungaretti. Sono Allegria di naufragi, un’estate fa sono scesi in Serie B e non hanno perso il sorriso. Guardavano avanti, come l’ultimo allenatore del Genoa. Allegria di naufragi è un ossimoro, come il calcio di Gilardino: un grande attaccante si siede in panchina e scopre che il miglior attacco è la difesa. Al Grifone sta funzionando così.

 

Breve storia di Alberto Gilardino allenatore. Non è facile, il quarantenne non cambia registro: parlava poco da calciatore e non è cambiato. Dalle parti di Pegli, cittadella genoana, gli sentono dir spesso “sono qui perché ho fatto la mia bella gavetta”. Va bene, però non puoi ridurre una novella di calcio a un contenitore di metallo, sarebbe tutto troppo freddo: il pallone è un gioco fatto di sudore e sorrisi, di gol, mica di trincee. L’allenatore del Genoa era e resta un predestinato, ma questo lo sanno un po’ tutti, perché è nato quando mezzo mondo stava davanti alla tv: Mondiale di Spagna, Italia batte Brasile 3 a 2. Rossi, Rossi, Rossi. Alberto Gilardino nasce a Biella il 5 luglio 1982.

 

Al destino poi bisogna sempre dare una mano, così l’uomo nato attaccante capisce che deve vincere un Mondiale tutto suo, in Germania, sei edizioni dopo. Questo era decisamente meno prevedibile. Di quella vincente brigata solo Gigi Buffon gioca ancora, gli altri hanno smesso, molti hanno scelto subito di fare l’allenatore, con alterne fortune: Andrea Pirlo, Rino Gattuso, Filippo Inzaghi, Fabio Grosso, Massimo Oddo, Fabio Cannavaro, Daniele De Rossi... Non tutti, ma quasi, sono partiti da club prestigiosi, quelli che sostanzialmente li avevano visti protagonisti in campo. Ecco, forse nasce qui quell’adagio che Gila ama ripetere “io ho fatto la gavetta”. Un apprendistato iniziato al Rezzato nel 2019, un anno dopo aver chiuso con questa mania di far gol, allo Spezia, sei centri in Serie B. Dalla panchina del Rezzato passa a quella della Pro Vercelli, poi a Siena.

 

Il “Centravanti di mestiere” (titolo della canzone che gli ha dedicato Povia, sob) ha fatto 273 gol in carriera e deve un bel pezzo della sua meritata fortuna a Cesare Prandelli, che lo ha allenato a Parma e Fiorentina per poi dargli anche la fascia di capitano in Nazionale. Il maestro Prandelli ha sempre sostenuto che piazzare quattro uomini davanti al portiere non è una scelta scontata, ma qualcosa di semplicemente logico. “Quattro difensori offrono più opzioni, anche quando non sei tu ad avere la palla tra i piedi, scendere a tre sarebbe una incomprensibile maniera di negarsi una possibilità in più di evitare un gol avversario”, è uno dei dogmi dell’ex commissario tecnico.

 

Gilardino ha imparato, ma soprattutto ha deciso che non bisogna mai smettere di mettere idee nuove nello zaino. Per esempio: al Genoa è partito schierando quattro difensori, ma da qualche tempo non disdegna di schierarne tre. “Duttile e pragmatico”. Forse è anche per questo che ha vinto la concorrenza di tecnici più esperti e dopo l’esonero del tedesco Blessin si è seduto sulla panchina del club più antico del calcio italiano. “Ha voglia di imparare, ha un rapporto equilibrato con i giocatori ed è equilibrato anche nella lettura del match”, sintetizza Andres Blazquez, amministratore delegato del Genoa, uomo di mondo, ingegnere, nato nella spagnola Burgos, manager tra Stati Uniti ed Europa dell’Est. Blazquez ha avuto un ruolo chiave nella scelta del nuovo tecnico rossoblù.

 

E fin qui i numeri danno ragione alla società: 28 punti in 13 partite, qualche stop, ma la capacità di tenere sempre in equilibrio la situazione. Terra non si è ancora vista, ma il ritorno in Serie A sembra una possibilità concreta. “Una partita alla volta, pensiamo gara per gara”, ripete lui. Non ama parlare troppo, meglio non distrarsi. È un tipo meticoloso, proprio come il maestro Prandelli: così, una settimana, prima di prendere il largo, cura i dettagli guardando negli occhi la sua ciurma. “Molto lavoro anche sulle palle inattive”, fanno sapere dalle sue parti. Da qualche tempo ha più di un bomber acciaccato, il mercato di gennaio non ha portato in cambusa gli attaccanti messi nel mirino. Dunque meglio concentrarsi sulla fase difensiva. Fatto: zero gol subiti in casa. E sei gol beccati in trasferta, conferma comunque che il Grifone in difesa ha artigli affilati. Anche nell’area avversaria, con i tre gol del centralissimo Dragusin.

 

L’ultima partita è finita in goleada, quattro gol fatti e zero subiti. Giusto, il Cosenza resta ultimo in classifica, ma negli ultimi tempi aveva battuto Parma e Reggina, altre big della Serie B, non proprio all’altezza del Genoa, ma quasi. “Quattro gol a questa difesa li avrei fatti anche io”, ha sentenziato un altro (ex) bomber genoano, Tomas Skuhravy. Però “Tomasone” parla allungato sulle poltrone di uno studio tv, scomposto nella seduta così come nei giudizi, spesso azzeccati. Poi però aggiunge: “Mica è colpa di Gila se il Genoa parte sempre con un solo attaccante, lui è (un) bravissimo ragazzo”. Ecco, su questo concordano un po’ tutti: l’uomo è di quelli perbene. Il mondo è pieno di bravi ragazzi, ci mancherebbe altro.

 

Però c’è pure chi aggiunge (meglio, aggiungeva) che l’allenatore promosso dalla Primavera genoana aveva pescato un biglietto del Superenalotto: un paio di esperienze in Serie C, altrettanti esoneri, quindi l’approdo alla “cantera” genoana, club per il quale aveva pure giocato e segnato, verso il tramonto della sua prima carriera. Vederlo allenare la Primavera offriva una sensazione abbastanza diffusa: ha fatto la gavetta si merita questo traguardo. Invece era solo l’inizio. E subito riprende il viaggio.

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