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Il Foglio sportivo

Il duro, il paziente e il geniale: i segreti del Napoli 

Giampiero Timossi

Così De Laurentiis e Giuntoli hanno costruito la squadra che Spalletti ha trasformato nella favorita  per lo scudetto

A qualcuno ha già fatto le scarpe. Aurelio De Laurentiis è partito dai suoi giocatori. Ora che la sua squadra può vincere il primo scudetto della Società Sportiva Calcio Napoli e della sua presidenza, il terzo dalla fondazione del club. Se questo racconto fosse un film potrebbe intitolarsi “Il Duro, il Paziente e il Geniale”. Però la forza del Duro, il produttore cinematografico De Laurentiis è anche questa: non ha fatto del suo calcio un grande film. Progetto che si distacca decisamente da quello di altre società e da una in particolare, la Juventus. Che per rendere avvincente la “serie” ingaggiò Cristiano Ronaldo, un Re ormai in pantofole di giaguaro, quindi il pezzo forte della concorrenza Gonzalo Higuain (dal Napoli, appunto) infine il tecnico all’epoca meno amato e più temuto dagli spettatori bianconeri e cioè Maurizio Sarri. Un flop al botteghino. Così si torna alle scarpe, la storia che raccontano certi agenti sportivi. Sostengono: “Nei contratti del Napoli, De Laurentiis inserisce anche i diritti d’immagine che comprendono il marchio di scarpe da calcio che ogni tesserato deve usare. È una cosa che interferisce sulla scelta di quello che è lo strumento principale della professione di un calciatore, le scarpe”. L’obiezione, per chi ha frequentazione del “meraviglioso” mondo dei procuratori, va presa con le dovute precauzioni, è comunque legittima, può sicuramente accendere le rimostranze dell’associazione sindacale dei calciatori e ha di certo una sua verità. Il fatto è che nella stanza dei bottoni del Napoli se ne fregano e anche di questo hanno facoltà. Dettare le regole aiuta poi nel farle rispettare, dettaglio che in un ambiente passionale come quello napoletano sembra un buon deterrente. 

 

Così si può passare al secondo protagonista della storia, il Paziente, virtù essenziale nel mondo del calcio. Colui che è dotato di proverbiale pazienza è Cristiano Giuntoli, cinquantenne fiorentino, discreto difensore tra Savona, Imperia e Sanremo e fuoriclasse nell’odierno panorama dei direttori sportivi. Cordiale, burbero solo nell’aspetto che rimanda alla sua carriera calcistica, stimato nel panorama italiano e internazionale, per gli addetti ai lavori è lui “il vero e unico artefice dei successi del Napoli”. Non è così, i meriti come già detto vanno intanto condivisi con il presidente. Perché De Laurentiis a Napoli è presente eccome. Chi conosce i meccanismi della capolista spiega: “Giuntoli decide all’80 per cento, per il 20 il presidente”. Ora, le proporzioni appaiono generose nei confronti del ruolo del direttore sportivo ed è accertato che De Laurentiis può esercitare una sorta di veto stile consiglio di sicurezza dell’Onu, ma vero è che Giuntoli può fare e sa fare quello che deve. Sa vendere e acquistare, con tempistiche che sembrano oggi perfette, muovendosi in una situazione adeguatamente complessa, tra diritti d’immagine già citati e parametri precisi. In questo il nuovo Milan del fondo Eliott e il Napoli di De Laurentiis hanno più o meno le stesse linee: il primo club è campione in carica, il secondo sta provando a scucirgli lo scudetto dalla maglia. I paramenti sono: acquisti non superiori ai 20 milioni, età sotto i 26, ingaggio d’ingresso non sopra i due milioni. Certo, si può arrivare ai sei milioni che percepiva Koulibaly, ma poi si può anche cedere il difensore al Chelsea, valutando che è arrivato il momento di procedere. Anche questa è una delle armi in più del Napoli che vuole tornare campione.

    

Perché l’inverno del primato arriva dopo un’estate di turbolenze, con la cessione di Koulibaly, del capitano Lorenzo Insigne e di Dries Mertens, attaccante dal calcio bello ed efficace, ma alla fine utile come una decapottabile nella piovosa campagna scozzese. “Insostituibili”, sentenziarono in molti. Sostituiti alla grandissima, perché sono arrivati la stella Khvicha Kvaratskhelia (21 anni), il sudcorenao Kim (26 anni), la scommessa (fin qui vinta) Raspadori (anni 22) e Giovanni Simeone. Vero, il Cholito è un’altra decapottabile, ma ha costi di gestione decisamente inferiori e con i suoi 27 anni è pur sempre di ultima generazione. Per Kvaratskheila e Kim si erano mossi altri club italiani, in particolare la Juventus. Solo che il paziente Giuntoli ha fatto le mosse giuste al momento giusto. E il duro De Laurentiis ha fatto quello che si deve fare: acquistarli al prezzo voluto. Così è nata una squadra che il “Geniale” Luciano Spalletti fa giocare a meraviglia e vincere a ripetizione. Permaloso, a tratti indisponente, all’allenatore si deve riconoscere una genialità sparita dalle panchine europee. Lui ha idee e repertorio. Esperienza che serve per costruire con presidente e direttore sportivo una rosa equilibrata. Facendo rendere al meglio i giocatori a disposizione. La genialità inizia se si ha la testa sgombra da pregiudizi, anche questo a Spalletti va riconosciuto. Fu lui a vincere la scommessa di sistemare Francesco Totti al centro dell’attacco. Modulo 4-2-3-1, lo stesso di questo Napoli. Così diede altri anni di calcio giocato all’indimenticabile capitano giallorosso. Il resto, le polemiche sul fine carriera del campione romano, sono una nuvola che ha avvolto il fumantino Spalletti, attribuendogli responsabilità che non aveva. E sono diventate la trama di una fiction. Benedetto “cinematografo”, quanto c’è di più lontano dal Napoli del Duro, del Paziente e del Geniale. 

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