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Quando Pelé si fece parare un rigore da Alberto Ginulfi

Alberto Facchinetti

È il 3 marzo del 1972, quando il Santos, impegnato nel suo Never Ending Tour, gioca contro la Roma. Al 35esimo l'errore che segnerà la carriera del portiere romanista

Nella mansarda della sua casa a Castel Gandolfo Alberto Ginulfi conserva gelosamente solo due magliette. Non possiede una collezione da riempire armadi, cassetti e scaffali. Ne ha due ma bastano come valore affettivo, soprattutto ora che non ci sono più né Pelè né Maradona. La più recente è quella del Napoli perchè Ginulfi a cavallo degli anni 80 e 90 ha fatto da vice ad Alberto Bigon e dell’argentino era diventato molto amico. Quella che merita di starle accanto è una più datata del Santos di Pelé. Ginulfi, portierone della Roma, è infatti l’unico italiano ad avere parato un rigore a Edson Arantes do Nascimento. È il 3 marzo del 1972, il Santos è al solito impegnato nel suo Never Ending Tour. La squadra viene all’Olimpico per sfidare i giallorossi. Pelé è già tre volte campione del mondo con il Brasile e ormai è un personaggio interplanetario. Nella capitale tutti lo vogliono vedere, ai botteghini la gente si accalca, c’è anche qualche ferito. Meglio farli entrare tutti, dice il questore. Quelli con biglietto e quelli senza. Allo stadio ci sono 90 mila spettatori, sembra proprio un Maracanà. Tra questi c’è anche il pugile argentino Carlos Monzon con il suo manager. Il giorno dopo al palazzetto dello sport sconfiggerà Denny Moyer per ko tecnico al quinto round e si terrà la corona mondiale. Roma-Santos inizia qualche decina di minuti più tardi, per risolvere il problema di ordine pubblico.

 

Il mister Helenio Herrera ha promosso Ginulfi titolare della Roma, è lui che gioca con la numero uno. Al 35esimo del secondo tempo l’arbitro internazionale Aurelio Angonese fischia un rigore, non poteva fare altrimenti. Il difensore Liguori ha fermato il pallone con le mani in area. Pelé non appare in formissima. Ma deve sempre essere in campo, i contratti tra Santos e gli avversari prevedono sempre la presenza in campo della Perla Nera. Senza di lui, lo racconta lui stesso nella biografia del 1977 “La mia vita e il più bel gioco del mondo”, i ristoratori non danno nemmeno dà mangiare alla squadra. È successo proprio a Roma, quando il calciatore era troppo stanco per uscire a cena con i compagni.

 

Il pallone è sul dischetto, Pelé parte e fa una mezza finta, spostando il corpo verso sinistra per portare Ginulfi sulla destra. Alberto non abbocca e si butta dall’altra parte e con la mano aperta respinge il pallone. È istinto puro, allora non sapeva come tiravano i rigori neppure gli specialisti italiani, figurarsi i sudamericani. Pelé sorride e va da ad abbracciarlo.

 

A fine partita i giornalisti italiani gli chiedono quanti rigori abbia sbagliato in carriera. Questo è il quarto, dice. E fa l’elenco degli sbagli. Uno in Brasile contro il Corinthians, quando si era appena laureato campione del mondo in Svezia. Il secondo otto anni dopo nel campionato paulista contro il Guarani. Il terzo qualche tempo prima in un’amichevole a Lima. Nel frattempo aveva segnato, proprio dal dischetto, quello che in quel momento era stato conteggiato come il millesimo gol in carriera. Pelè però non ricorda quello che gli ha fatto più male. Nel 56 già nella rosa della prima squadra, torna a giocare con i coetanei nelle giovanili. Nella fase finale sbaglia il rigore decisivo che costa il titolo ai ragazzi del Santos. La prende così male che al rientro in sede fa le valige per tornare a casa da mamma e papà. Lo ferma in tempo il factotum del Santos e lo convince a rimanere.

 

Pelé conosceva Ginulfi già dal 1967. Il Santos era venuto a giocare con la Roma del Mago di Turi Oronzo Pugliese. Quella volta si era al Flaminio e anche allora si fece ovviamente il tutto esaurito.

 

Ginulfi è nato nel 1941 nel quartiere San Lorenzo, quartiere rosso e popolare di Roma. Papà lo portava da piccolo allo stadio a vedere gli idoli giallorossi. Qui ha iniziato a fare le giovanili rimanendo una vita con questa maglia. Nella sua carriera in prima squadra ha alternato periodi in cui era titolare ad altri in cui ha fatto la riserva. Al Flaminio Pugliese lo lascia in panca il primo tempo, facendo partire dall’inizio la “figurina” Pizzaballa. Ma poi entra. E Ginulfi è fantastico, para anche i sassi. Il Santos vince 3-1 e fa suo il triangolare a cui partecipa anche la Fiorentina. Pelé è in stato di grazia, colpi di tacco, dribbling, pallonetti. Fa anche gol. Ma quando entra Ginulfi rimane a bocca aperta. In Brasile non ci sono portieri così e in Italia questo nemmeno gioca titolare.

 

A fine partita si conoscono. Si scambiano appena due battute. Pelè nel 67 non è ancora l’uomo di mondo e di affari che sa destreggiarsi con tutte le lingue dell’universo. Ginulfi ha un forte accento romanesco e conosce solo l’italiano. Si fanno una foto che oggi è in cornice nella sua abitazione di Castel Gandolfo.

 

Tramite Gerardo Sanella, procuratore antelitteram e intermediario che ha organizzato l’incontro, viene invitato ad un ricevimento romano post gara. C’è anche Sormani. È qui che a Ginulfi viene fatta la proposta di trasferirsi al Santos. Lo vuole Pelé in persona.

 

Ma come si fa a lasciare Roma e la Roma, se sei romano e romanista? Rimarrà qui fino al 75, andando a spendere gli ultimi spiccioli di carriera un po’ qua e un po’ là. Farà il preparatore dei portieri e l’allenatore in seconda. Soprattutto rimarrà l’unico portiere italiano a parare un rigore a Pelè.

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