(foto Ap)

(1950-2022)

Chi era Franco Harris, running back dei Pittsburgh Steelers

Roberto Gotta

La stella dell'Nfl è morta a 72 anni. Protagonista della cosiddetta Immaculate Reception, era parte della Steel Curtain

Alvara, Daniela, Giuseppe, Luana, Mario, Marisa, Michele, Piero. I nomi di fratelli e sorelle di Franco Harris, il leggendario running back dei Pittsburgh Steelers morto ieri a soli 72 anni. Harris era di evidente famiglia italiana, figlio di una delle tante pieghe umane della Seconda Guerra Mondiale: il padre, Cad, afroamericano, era uno dei soldati che erano sbarcati in Sicilia nel 1943 ed era tornato poi in America con una ragazza conosciuta proprio in Italia, Gina Parenti, sposandola nel 1945. Una storia come tante altre, ma che la notorietà di Harris aveva contribuito a rendere speciale: cresciuto nel New Jersey, era poi andato al college a Penn State, in Pennsylvania, e in Pennsylvania era rimasto una volta passato professionista, con i Pittsburgh Steelers, nel 1972.

Subito efficace, subito amato: città a quei tempi molto dura da conquistare, città grintosa e arcigna con la sua popolazione in parte consistente impiegata nelle tante acciaierie della zona, Pittsburgh fece presto ad affezionarsi a quel giocatore dalla corsa fluida ma poderosa (i running back sono quelli che corrono con la palla, ricevuta ‘alla mano’ dal quarterback), anche perché il suo apporto contribuì a sollevare la squadra dopo anni di mediocrità se non imbarazzo.

 

C’era pure uno stadio nuovo da onorare e grazie ad Harris, al quarterback Terry Bradshaw e ad una difesa formidabile, soprannominata Steel Curtain (Cortina d’Acciaio) come riferimento sia al prodotto locale più famoso sia alla Cortina di Ferro, simbolo della divisione politica tra Est ed Ovest all’epoca molto acuta, gli Steelers diventarono una forza, vincendo quattro Super Bowl su quattro tra il 1975 e il 1980 e creando le basi per una popolarità tuttora forte. Harris ebbe anche il suo gruppo personale di tifosi: la leggendaria ‘Franco’s Italian Army’, e il nome Army (esercito) non era casuale, dato che i suoi membri indossavano elmetti e (a volte) giacche di foggia militare, e alle partite portavano calici e bottiglie di vino italiano (o presunto tale) e piatti sempre di origine italiana preparati anzitempo nella cucina di casa. A guidare la Army furono Al Vento e Tony Stagno, ristoratori della zona di East Liberty, che a football non avevano giocato ma avevano dimostrato la propria tenacia difendendo i propri locali dai vandali durante la rivolta scoppiata nel quartiere nel 1968 in seguito all’assassinio di Martin Luther King.

 

Il coraggio della coppia Vento-Stagno era stato così ammirato dagli afroamericani che non si erano dati ai saccheggi che alcuni di loro avevano chiesto di entrare a far parte della Army, appropriandosi - legittimamente - della parte non italiana di Franco, e così dagli spalti del Three Rivers Stadium (così chiamato perché di fatto delimitato dalla confluenza di due fiumi a formarne un terzo) piovevano urla ‘run, paisano, run’ (corrì, paisà, corri!) lanciate da gente di ogni etnia. Va detto che negli Steelers giocava, nello stesso ruolo di Harris ma con un compito in parte diverso, quello cioé di aprire la strada al compagno di squadra, un altro mito della NFL, Robert ‘Rocky’ Bleier, che di un esercito aveva fatto parte sul serio: chiamato alle armi nel 1968, si era offerto volontario per il Vietnam e nel corso di un’operazione di guerra era stato ferito alla coscia sinistra e alla gamba destra. Sottoposto a vari interventi chirurgici, si era sentito consigliare di non giocare più a football ma si era faticosamente ripreso ed era tornato negli Steelers con molte difficoltà, trovando però finalmente posto fisso nel 1974. Si capisce quindi come mai quella Pittsburgh quattro volte campione, con personaggi di quel calibro, abbia lasciato una traccia così forte nella storia della NFL.

 

Harris poi fu protagonista dell’episodio forse più famoso di tutti, la cosiddetta Immaculate Reception (gioco di parole su Immaculate Conception, l’Immacolata Concezione): il 23 dicembre 1972, quindi nell’anno di debutto, aveva infatti raccolto al volo, a tempo praticamente scaduto, un lancio disperato di Bradshaw deviato contemporaneamente da un difensore degli Oakland Raiders e da un compagno di squadra e aveva portato il pallone in touchdown dando la vittoria alla propria squadra. Al gesto di Harris è stata dedicata una statua, posta in un punto trafficatissimo dell’aeroporto di Pittsburgh, a pochi metri da una che ritrae l’ex presidente George Washington in abiti settecenteschi, e con un po’ di imbarazzo il direttore dell’aeroporto ricordava l’altro giorno al sito The Athletic che moltissimi riconoscono subito Harris e chiedono poi chi sia ’il pirata’ dell’altra statua… Proprio domenica, 50 anni e un giorno dopo, la NFL, in occasione di Steelers-Raiders, aveva previsto una cerimonia speciale per ricordare l’evento e ritirare per sempre la maglia numero 32 di Harris. La cerimonia ci sarà ugualmente, ma con toni, ovviamente, molto più tristi.