qatar 2022
L'Argentina ha vinto il Mondiale perché Maradona non c'è più
Francia durissima a morire, ma il vero fenomeno in campo è stato Mbappé. Adesso la Premier League ci salvi dalla retorica sudamericanista
La finale più apparecchiata di sempre è finita con la vittoria più prevista di sempre, anche se i fumi dell’alcol che mi avvolgono ormai da settimane mi fanno ammettere che è stata una partita bellissima, allucinante, roba da riempire i reparti di cardiologia per un mese, altro che vaccino anti Covid, e mi fanno anche confessare che Messi alla fine ha avuto ragione, persino su di me, sebbene il vero fenomeno visto in campo sia stato Mbappé: il numero dieci francese, aiutato dai cambi azzeccati da Deschamps, ha svegliato una Francia a lunghi tratti più bollita che influenzata, se l’è messa negli scarpini, ha recuperato gli argentini due volte e rischiato persino di vincerla da solo all’ultima azione dei supplementari.
Non è bastato segnare tre gol in una finale Mondiale al francese che a letto ama il pacco sorpresa, i Bleus, agitati alla vigilia dalle polemiche del finto francese Benzema, non hanno vinto la seconda coppa del mondo di fila. Tifare Francia è stato per me come bere una birra analcolica sgasata, un incubo masochista essere dalla stessa parte di Macron, ma simpatizzare per l’Argentina sarebbe stato come andare a cena con Riotta e Infantino e pagare pure il conto. I francesi si sono addormentati per 70 minuti, non capendo un cazzo della posizione di Di Maria. Poi hanno iniziato a giocare e dato vita a un match che se fossi a Rai Sport definirei al cardiopalma. Maledetti noi, che contro i Galletti siamo riusciti a perdere. Adesso saremo travolti dalla retorica sudamericanista (comunque meglio di quella africanista o arabista), già abbiamo assistito all’abuso del cadavere di Maradona, tirato in ballo come spettatore dal Paradiso del trionfo del Figlio Leo Messi, reincarnazione nel rigorista col 10, ispiratore delle scelte di Scaloni.
L’Argentina invece ha vinto il Mondiale proprio perché Maradona non c’è più, non pesava con la sua imbarazzante presenza in tribuna e le sue opinioni su chi schierare. La Francia è stata durissima a morire, la sua sconfitta ai rigori ha dato la stura al peggio della narrazione caramellosa con cui si era arrivati a questa finale, con media e giornalisti sdraiati dall’inizio sotto la coperta albiceleste: la Storia, il Destino, il Predestinato, il Goat, il cuore dei giocatori della Seleccion, i milioni di tifosi argentini in Qatar, l’Adidas che annuncia le magliette di Messi esaurite in tutto il mondo, i cammelli scartati nel deserto, il sud bergogliano del pianeta al potere, l’umiliazione di quell’antipatico di Cristiano Ronaldo (che intanto avrà sfondato il televisore), Leo che cammina sulle acque. Che due palle. Messi non mi lascia nemmeno la soddisfazione di dire che ha segnato quasi soltanto su rigore, con la sua rete da rapace del 3-2.
Ora non mi resta che entrare in apnea alcolica fino a che i pipponi sudamericanisti non smetteranno di inondare giornali, social, tv e siti. Cioè per i prossimi vent’anni almeno. Salvateci dai racconti di Aldo Cazzullo, dalle story Instagram di Lele Adani, durante la partita molto professionalmente in lacrime in diretta tv, dai commentatori di calcio che si sentiranno autorizzati a straparlare di destino, tango, pampa, malinconia allegra e tristezza gioiosa, dai giornalisti che scimmiottano Osvaldo Soriano, dai fan di Messi che avranno fottutamente ragione, delle storie di riscatto dei giocatori argentini che sicuramente giocavano scalzi in qualche barrio. Noi restiamo ancora una volta spettatori sbronzi di un Mondiale vinto da altri, promettiamo a tutti e a noi stessi che la prossima sarà la volta buona, e così ci prepariamo a perdere il prossimo Europeo e il prossimo Mondiale. Adesso grazie a Dio ricominciano la Premier League e, mi dispiace, la Serie A. Brindo a voi che avete letto le mie cazzate per tutto il mese, a noi inglesi che soffriamo in silenzio, e al maledetto calcio che resta la cosa più bella del mondo, dopo la mia pinta di bionda.
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