Il Foglio sportivo - Qatar 2022
Perché il Qatar ha già vinto con Messi e Mbappé
Il loro Mondiale è stato una galleria di opere d’arte in movimento tra accelerazioni, danze e giochi di prestigio
Venite, questo è il lungo corridoio espositivo di Qatar 2022, dove sono affisse le opere in movimento dei due più grandi artisti di questo Mondiale. Da una parte potete vedere Lionel Messi detto Leo, nato a Rosario, capitano dell’Argentina, 35 anni e mezzo. Dall’altra Kylian Mbappé, nato a Parigi da una famiglia originaria del Camerun e dell’Algeria, attaccante della Francia, 24 anni da compiere martedì. L’esposizione è in ordine cronologico.
Cominciamo da qui, dalla parte dedicata alla velocità, l’eleganza che si nasconde dentro un’accelerazione improvvisa.
Mbappé vs Danimarca, 26 novembre. Vede il contropiede partire e scatta. Corre anche quando sta fermo, aspettando che Theo Hernandez gli dia il pallone. Lo riceve e mulina i piedi per andare ancora più veloce, tocca due volte ed è già arrivato in area, ma non tira. Finge, guardando la porta e anche Theo che sta tagliando. Serve il compagno, fintando ancora di poter andare da solo, si ferma quasi, prende il tempo, scatta, gli arriva di nuovo il pallone e allunga la gamba come fosse una stecca da biliardo. Per tirare, fare gol, esultare.
Messi vs Australia, 3 dicembre. Fa scendere il pallone accarezzandolo con il sinistro, parte per puntare l'uomo e poi, invece, passa a Mac Allister, prima di cominciare un movimento forsennato, una corsa in due direzioni diverse guardando la palla, che gli scorre davanti fino ai piedi incerti di Otamendi, da quali decide di sradicarla. Ora ha un avversario che gli si sta fiondando addosso, un altro lanciato in scivolata e due intorno, ma pensa troppo veloce e quando gli altri stanno per utilizzare il proprio corpo per evitare l’ineluttabile, ha già tirato. E segnato.
Più avanti, potete vedere, comincia la parte dedicata alla danza, arte che si può praticare anche mentre si accompagna un pallone, ballando con il proprio talento.
Mbappé vs Polonia, 4 dicembre. Uno scatto in area, un avversario seminato. Il tempo di farsi vedere da Thuram, farsi dare il pallone. Poi, gioca con i movimenti: si avvita ruotando sul piede sinistro, un avversario è tenuto lontano dal corpo che fa scudo, uno non fa in tempo ad arrivare, un altro si lancia per evitare che tiri sul palo più vicino perché qualche minuto prima ha tirato così. Ma mentre sta ruotando dando le spalle, e sembra muoversi sulla punta del sinistro, con l’occhio ha già visto il palo lontano e con il destro mette la palla proprio lì, girando ancora su sé stesso, sempre sulla punta, ma stavolta nel senso contrario.
Messi vs Paesi Bassi, 9 dicembre. Il pallone non ce l'ha lui, o forse sì, ma dove guarda? Almeno gli avversari lo inseguono perché è partito dieci metri più avanti del centrocampo, e corre. Il primo non regge il passo; il secondo gli è quasi vicino, ma basta scuotere le anche, andare con un salto solo di qua e poi di là, per disorientarlo; l'altro si sta avvicinando, ma Leo ha la mossa finale in testa e ce l’ha solo lui. Perché guarda dritto verso sinistra e, senza muovere gli occhi e la testa, gira il resto del corpo per incrociare i piedi e passarla a destra. Lì, davanti, Molina non sa nemmeno che sta per ricevere, ma ha preso il ritmo del capitano, ha avuto la palla che nessuno vedeva, ha segnato.
Infine, proprio qui, c’è la stanza dei giochi di prestigio, quelli che se sei bravo guardi in faccia lo stupore degli altri. Ma che ti mettono a rischio di una brutta figura, se non riescono. Non a loro due, ovviamente.
Messi vs Croazia, 13 dicembre. È poco più avanti del centrocampo. A destra, molto a destra, schiacciato verso la linea dal miglior difensore del Mondiale. Serve un illusionismo, serve ipnotizzare l’avversario fino a non fargli capire più cosa o chi deve fermare. Quindi uno scatto, ma dopo un po’ è raggiunto. Allora un rallentamento, quasi un arresto della corsa, sempre con il pallone, un altro scatto, e già chi insegue traballa, ma c’è ancora. Allora un giro su sé stesso: Leo sembra tornare indietro, ma è solo un po’. Fa un altro giro e qui nessuno sa più che cosa deve fare, non si sa dove siano il capitano e dove la palla. Leo fa un altro passo, ha Álvarez che lo aspetta. Gli dà il pallone, segna il compagno, ma è come se avesse fatto lui.
Mbappè vs Marocco, 14 dicembre. Ha appena fatto una piroetta per dare la palla a Thuram, poi gli è stata restituita e adesso è appena dentro l’area e ci sono cinque difensori che lo guardano, che vanno per attaccarlo. Sono agguerriti, prima l’hanno già steso un paio di volte. Ma niente è più facile, in questi casi, che far sparire il pallone, così nessuno lo vede e nessuno lo può prendere. Se sei Kylian, però. Se conosci i trucchi da prestigiatore. Così il primo avversario è saltato girandogli intorno, sembra senza palla e invece ce l’ha. Ne restano tre, più uno in attesa dietro. Tre che vanno tutti insieme, ma vedono gambe muoversi e non capiscono cosa sta accadendo lì sotto, sull’erba, dove stanno guardando. Niente, perché finché si rianimano il pallone non c’è più, stavolta veramente. Kylian lo ha passato a Kolo Muani, quello ha segnato e cinque difensori non sanno come possa essere stato possibile.
È rimasto solo quell’ultimo tratto di corridoio lì, quello in fondo. E c’è spazio solo per un altro capolavoro: rappresenterà un’artista del pallone con la Coppa del Mondo in mano. Si scopre domenica chi sarà dei due, ma già percorrere questo spazio pieno di opere d’arte fatte con i piedi è stato bellissimo.
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