Foto Ap, via LaPresse

Qatar 2022

Il Mondiale in Qatar ci ricorda che le favole non contano niente

Jack O'Malley

Lontane le polemiche sui diritti, la Coppa del mondo la deciderà la finale tra Argentina e Francia. E basta con l'esaltazione della nazionale multietnica francese, roba da 1998

Alla fine il Mondiale delle sorprese avrà la finale più scontata, a parte forse Brasile-Francia, e ovviamente quella che avrebbe eccitato tutti gli erotomani della geopolitica del calcio, Argentina-Inghilterra, su cui sarebbero stati scritti saggi, istituiti corsi di laurea di diritto sportivo internazionale e per cui ce lo avrebbero fatto a fette fino a domenica con il gol del secolo dell’aquilone cosmico. Sarà Francia-Argentina, dunque, con il prequel della finale terzo-quarto posto meno interessante della storia del calcio, quella tra la favola già finita del Marocco e la Croazia che, come l’Olanda, ha capito perfettamente che prima dei propri legittimi sogni di gloria c’era un conto in sospeso da saldare con il Qatar che paga lo stipendio ai due protagonisti in campo domenica, Messi e Mbappé. Tutto è apparecchiato, e vedrete, anzi già lo vedete, che bailamme di articolesse sul più forte del mondo di ieri contro il più forte del mondo di domani (con il francese che però ha affidato ai social – così si fa oggi – la sua sentenza: l’emoticon del GOAT, il più forte di sempre, sotto al post di addio al Mondiale di Cristiano Ronaldo). Roba da fuggire subito su un altro pianeta, insomma, con noi inglesi a guardare inermi l’usurpazione del titolo di campioni del mondo nello sport che abbiamo inventato noi (come succede da sessant’anni). 

 

Simpatico il Marocco, che ci ha provato come ci provano le provinciali quando affrontano le grandi, cuore-sfiga-rimpianti, in una semifinale che ha certificato la mediocrità di un Mondiale che non potrà che peggiorare dal prossimo giro, quando a giocarsela saranno così tante che si farà prima a dire chi manca, ovviamente in America.

 

Lontane le polemiche sui diritti, durate il tempo di un rutto allo champagne nelle redazioni dei giornali progressisti, così schiacciate dai sensi di colpa occidentalisti da esaltare le vittorie della Nazionale di un paese in cui l’omosessualità è illegale (lo avete letto da qualche parte? No? Incredibile vero?) e in cui le donne non hanno proprio tutti i diritti che piacciono a noi - però che emozione vedere le mamme col velo che ballano a bordocampo coi giocatori, eh?

 

L’idea che uno tra Messi e Macron possano godere domenica sera mi ammazza, lo confesso, ma il calcio è questo e tanto vale celebrare il calcio, io almeno lo faccio sempre, non a corrente alternata come piace fare a voi. Dopo la bionda sono passato al Cremant, mercoledì sera, guardando i mangiarane fare quello che sono sempre riusciti a fare meglio dai tempi di Carlo Martello (volevate la geopolitica storica? Eccola), fermare gli infedeli prima della conquista decisiva. Ovvio, oggi è tutta una esaltazione della nazionale multietnica francese, roba soporifera già nel 1998, tanto da rendere più temibile la retorica messianica (nel senso di Lionel Messi).

 

Il Mondiale in Qatar ci ricorda che le favole non contano un cazzo. come le donne in Marocco e come gli appelli per i diritti e contro la corruzione in Europa (a proposito, siete ancora così convinti che noi inglesi abbiamo fatto male ad andarcene da quel bordello che è l’Unione europea?). Sarà Messi conto Mbappé, come piace all’emiro del Qatar e all’emiro della Fifa Gianni Infantino, il quale già si è dimenticato che un mese fa era gay e migrante, e l’altra sera papponeggiava accanto a Macron, un altro buono, con le scarpe bianche appena ripulite. Io ho quasi finito la mia scorta di brandy, ho prenotato un volo per le Falkland dove passerò le ore che ci dividono dalla fine del mondo con la mia bionda stretta tra le braccia. Già pronto a vincere la prossima Champions, il prossimo Europeo e ovviamente il prossimo Mondiale nella Colonia americana. Cheers.