Jean Todt (Ansa)

Il Foglio sportivo

Dopo la Ferrari si vince. Todt, Domenicali, Rivola: la vita continua anche senza il Cavallino

Umberto Zapelloni

C'è chi è diventato presidente della Federazione internazionale e ceo di Liberty Media, ossia della Fornula 1. Quando finisce la vita a Maranello si aprono regolarmente nuove avventure. Gente considerata perdente poi vince in giro per il mondo
 

Questa volta John Elkann non ha estratto nessuna colomba dal cappello. Non ha trovato un nome nuovo e sorprendente come quando aveva scelto Benedetto Vigna, nominandolo amministratore delegato della Ferrari. Questa volta si è limitato ad affidare la Scuderia all’uomo di cui aveva smentito l’ingaggio meno di un mese prima, Frédéric Vasseur, ingegnere francese con un grande passato da corsa, ma senza l’appeal e il carisma di altri team manager in circolazione.

Lo hanno già definito più antipatico di Jean Todt, ma infinitamente meno bravo. Speriamo si sbaglino. Sta di fatto che dopo Jean Todt la Scuderia è stata guidata da Stefano Domenicali, Marco Mattiacci, Maurizio Arrivabene e Mattia Binotto. Vasseur è il quinto Team principal in meno di 10 anni. In uno sport dove la stabilità ha sempre portato alla vittoria, come dimostrano la stessa Ferrari dell’era Todt, la McLaren di Toto Wolff e la Red Bull di Christian Horner, la Scuderia continua a tritare i suoi uomini senza arrivare mai in fondo al viaggio. Si sono dimessi tutti, a parte Mattiacci, ma la verità è che tutti sono stati spinti sull’orlo del burrone. “Se sei Team manager della Ferrari è meglio che tu abbia un buon accordo di uscita”, aveva detto qualche giorno fa Toto Wolff. Buone uscite economiche a parte, negli ultimi tempi chi è uscito dalla Ferrari non se l’è passata male. Tutt’altro. Sembra quasi che dopo la Rossa arrivino grandi successi.

 

Fateci caso. Jean Todt è diventato presidente della Federazione internazionale. Stefano Domenicali dopo esser rimasto parcheggiato in Audi è diventato prima presidente di Lamborghini e poi ceo di Liberty Media ossia della Formula 1. Marco Mattiacci è appena rientrato in gioco come responsabile commerciale per le attività globali del brand di Aston Martin. Maurizio Arrivabene è amministratore delegato (in uscita dopo le inchieste della procura) della Juventus. Non resta che aspettare per vedere su quale poltrona andrà a sedersi l’anno prossimo Mattia Binotto che si porta dietro quasi 30 anni di Ferrari, un’esperienza unica che dovrebbe far gola a una squadra come l’Audi pronta a debuttare in Formula 1 nel 2026 con la Sauber che intanto, con la benedizione della casa tedesca, ha affidato il posto che era di Vasseur a Andreas Seidl in arrivo dalla McLaren.

Quando finisce la vita in Ferrari si aprono regolarmente nuove avventure. Gente considerata perdente a Maranello poi vince in giro per il mondo. Non capita soltanto con i Team principal che hanno fatto fortuna lontano da Maranello. Basta pensare a Ross Brawn, Mario Almondo, Aldo Costa, James Allison, Massimo Rivola, Andrea Stella appena diventato Team principal della McLaren. Se la Ferrari si affida a un francese, una strada già percorsa con Jean Todt, il team più vincente dopo la Scuderia si affida a questo ingegnere 51enne arrivato in squadra nel 2015 con Fernando Alonso, di cui era stato l’ingegnere di macchina a Maranello. A Woking, nell’avveniristica sede firmata da sir Norman Foster, Stella ha scalato tutte le posizioni diventando prima coordinatore degli ingegneri, poi responsabile dello sviluppo delle performance, quindi Racing director fino all’ultimo gradino salito in settimana per raggiungere la posizione che un tempo era di Ron Dennis (che però era anche socio del team).

 

Ross Brawn si è fatto la sua scuderia, la Brawn Gp, è diventato campione del mondo sfruttando le pieghe di un regolamento con troppe aree grigie, poi ha venduto tutto alla Mercedes e ha continuato a stravincere fino a diventare responsabile tecnico di Liberty Media. Un genio che la Ferrari ha prima lasciato scappare e poi cercato inutilmente di riprendere.  Mario Almondo è l’ultimo direttore tecnico campione del mondo piloti con Raikkonen nel 2007, oggi è General manager of performance division di Brembo, un orgoglio italiano che proprio quest’anno ha superato quota 600 titoli mondiali tra Formula 1, Moto Mondiale, Superbike e Formula E. 
Aldo Costa è stato direttore tecnico della Scuderia dal 2008 al 2011 e poi ha vinto tutto in Mercedes dal 2011 al 2018, prima di tornare verso casa e diventare il nuovo faro tecnologico della Dallara, un altro gioiello del Made in Italy, fondata più di 50 anni fa da un altro ex ferrarista, l’ingegner Giampaolo che andatosene da Maranello dove divideva gli uffici con Mauro Forghieri, si inventò la sua azienda. 

James Allison, allontanato dalla Ferrari da Marchionne per fare spazio a Binotto direttore tecnico nel 2016, ha poi preso il posto di Aldo Costa in Mercedes e fino all’anno scorso ha continuato a vincere. Massimo Rivola ha cominciato in Minardi, poi dal 2009 è stato 10 anni in rosso come direttore sportivo e responsabile della Driver academy. È stato l’uomo che ha seguito i primi passi da ferrarista di Leclerc. Dal 2019 è diventato amministratore delegato della squadra corse Aprilia e l’ha riportata al successo in MotoGp. Un’impresa niente male. Storie vincenti che hanno in comune un denominatore: sono tutti ex ferraristi. 

Mattia Binotto può insomma stare tranquillo. Magari Crozza non lo imiterà più, ma lui troverà di sicuro un posto da cui ripartire a inseguire la vittoria, sempre che abbia ancora voglia di provarci in Formula 1. Chi dal 9 gennaio cambierà completamente vita è il suo successore a Maranello Frédéric Vasseur, ingegnere di grande esperienza nel mondo delle corse ma con risultati abbastanza modesti dal punto di vista sportivo in Formula 1 dopo aver trionfato nelle Formule minori portando in pista ragazzi poi diventati campioni (Hamilton, Rosberg e lo stesso Charles). D’altra parte se uno preferisce Zhou a Giovinazzi è chiaro che cosa privilegi. In Ferrari non dovrà preoccuparsi del budget, ma di far vincere una squadra che era già sulla buona strada. Dovrà ritoccare l’organizzazione, rivedere le strategie (magari non prendendo esempio dalla sua Sauber), fare una scelta precisa tra Leclerc e Sainz con il rischio che Carlos si senta tagliato fuori e Charles si faccia schiacciare dalle responsabilità ora che non avrà più un parafulmine come Binotto. Dovrà evitare di usare il francese come lingua principale visto che a lui, Charles, Mekies e addirittura il presidente verrebbe naturale. È fondamentale che Vasseur non venga lasciato solo come è capitato con il suo predecessore. Il presidente o almeno Elkann dovranno stargli più vicino. La Ferrari era vincente quando Montezemolo aveva costruito un dream team attorno a Todt. Oggi manca il dream. E si rischia di perdere anche il team se le cose non verranno fatte per bene.