Il primo Mondiale che a m'arcord - il foglio sportivo

Mondiali 1978, ossia calci di piombo

Osvaldo Casanova

"Gli argentini rimangono nella memoria più degli italiani: hanno maglie attillate e capelli lunghi e ricci, si esibiscono davanti a migliaia di persone e ci sono i coriandoli. Sono rockstar come quelli che piacciono ai cugini più grandi, sono come i Kiss anche se non sono truccati"

Sulla memoria inconsapevole o sulla memoria inconsapevolmente manchevole esiste un’ampia letteratura. Quando poi questa memoria inconsapevole lascia traccia nella formazione futura dell’individuo si può parlare di imprinting. Questo è proprio l’effetto di Argentina78 su un cinquenne davanti alla tv. Non di ricordi stiamo parlando ma di suoni, nomi, immagini, tutto ovattato e nitido al tempo stesso. Un protoricordo, paragonabile agli input che, si dice, il nascituro riceva già nel ventre materno.

 

Nomi, dicevamo. Quei nomi così inspiegabilmente italiani, così curiosamente simili ai nostri come Bertoni e Tarantini, che si mischiano ai nomi del telegiornale (tutto si mischia nella testa di un cinquenne davanti alla tv): il tridente Moretti-Morucci-Faranda, Giusva Fioravanti, centravanti di rapina e Franco Giuseppucci detto il Negro, ovviamente regista e leader carismatico della squadra. Siamo negli anni di piombo e, a ben pensarci, Il grugno di Passarella non sfigurerebbe nelle foto segnaletiche della Banda della Magliana. E poi Mariokempes che ha la K come Goldrake e quindi non può che essere il migliore di tutti. A posteriori si deduce, quindi, che gli argentini rimangono nella memoria più degli italiani: hanno maglie attillate e capelli lunghi e ricci, si esibiscono davanti a migliaia di persone e ci sono i coriandoli. Sono rockstar come quelli che piacciono ai cugini più grandi, sono come i Kiss anche se non sono truccati. Di truccato, in questo Mundial, c’è ben altro ma questo non è argomento da cinquenni. Per ora, la marmellata è solo un ingrediente per una ricca colazione e nulla ha di peruviano. Com’è anni 70 il Mondiale in Argentina. L’Italia di quel Mondiale, invece, fa già da ponte tra i due decenni miscelando i baffi austeri di Benetti (a proposito di facce che sembrano uscite dalla cronaca nera) e il sorriso da copertina di Cabrini: è la bozza dell’architetto Bearzot per il progetto trionfante nel 1982 in Spagna.

 

È un antipasto degli anni 80, un cocktail di gamberetti in salsa rosa. Non è escluso che quest’ultima riflessione, come altri degli stimoli di cui sopra possano essersi aggiunti successivamente al magma mnemonico, una sorta di memoria di riporto, come la bellezza grafica dei numeri Adidas o la soddisfazione di avere in Nazionale il giovane Rossi, che gioca nel Vicenza, vicino a casa nostra. Più che un protoricordo, Argentina78 è quindi un ricordo in divenire. Molte altre cose sarebbero arrivate in seguito, purtroppo. Il cinquenne, in età adulta, avrebbe appreso di Videla, della dittatura militare e di tutto il resto ed è innegabile che tutto questo abbia un po’ offuscato i ricordi festosi di bambino. Ma del resto, non è l’ingrato ruolo dell’età adulta quello di rovinare le illusioni dell’infanzia?

    


 

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