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qatar 2022 - facce da mondiale

Almoez Ali e il calcio multinazionale del Qatar

Andrea Trapani

Il calciatore sudanese naturalizzato, attaccante dell'Al-Duhail, è il simbolo della ricerca del talento svolta in questi anni dagli emiri

Si parla tanto del Qatar nazione quanto poco della nazionale che darà il via al Mondiale casalingo. Già, perché della compagine di Felix Sanchez si sa ben poco rispetto alle polemiche extracalcistiche, se non che ha vinto la Coppa d’Asia nel 2019 subendo solo una rete, in finale contro il Giappone. Quel che si conosce ancora meno sono le pecularietà di un gruppo che si allena assieme, praticamente da due lustri, sotto la guida del tecnico spagnolo.

 

Come è stato possibile tutto ciò? Merito dell’Aspire Academy, fondata nel 2004 su ordine dell’ex sultano Al Thani, che ha cercato (e trovato) talenti letteralmente in ogni dove. Il Qatar, seppur con una storia ben diversa dalla Svizzera, è diventato nel tempo una “multinazionale del calcio” con una buona parte della rosa che può raccontare la propria via alla naturalizzazione.

 

Una storia nella storia in un paese dai tanti contrasti, a partire proprio dai diritti civili. Saper giocare bene a pallone però, in questi anni, vale più di ogni altra cosa e lo sa bene una delle stelle del paese, Almoez Ali, 85 presenze e 42 reti in nazionale alla vigilia della competizione.

 

Lui, calciatore sudanese naturalizzato, attaccante dell'Al-Duhail, è il simbolo della ricerca del talento svolta in questi anni. Nato nel 1996 nella lontana Khartum, inizia a giocare a calcio già a sette anni, complice l’emigrazione – questa sì per lavoro – della madre a Doha. Una lunga e fortunata serie di esperienze, negli anni in cui partiva l’accademia nazionale, lo porta a tentare la via del calcio come mestiere partendo da un paese dove, all’epoca, non esisteva che un’idea del futuro: tre anni da bambino nella scuola calcio dell’Al-Mesaimeer, sette da adolescente nell’ambita Aspire Academy, un ultimo anno nelle giovanili del Lekhwiya prima di espatriare ancora una volta. Destinazione Eupen, squadra belga di una città di lingua tedesca, che dal 2012 è diventata di proprietà proprio dell'Aspire Zone Foundation. Lì inizia a ingranare la sua carriera, l’anno successivo affronta una nuova sfida con la lingua teutonica mentre inizia la propria avventura nelle giovanili del Qatar. Cittadinanza e nazionale, il coronamento di un lungo viaggio.

 

Nella seconda serie austriaca, in forza al LASK, mette in cascina tutto quel che deve apprendere dalla sua esperienza europea: una rete in sette partite però non è sufficiente per tornare già a casa, a 18 anni un attaccante deve ancora sbocciare. In Qatar, all’Academy, lo sanno bene e per lui arriva un altro giro di ruota, stavolta in Spagna, a Léon, dove gioca in quarta serie. Finalmente torna a Doha, ora deve crescere in Qatar e la sua strada è segnata: dal 2016 diventa il faro dell’Al-Duhail Sports Club, di cui guida l’attacco - 110 gol in 187 presenze  - di quella strana commistione tra squadra di club e nazionale. Difficile distinguere, infatti, dove finisca l’una e inizi l’altra. Forse neanche Almoez Ali lo sa, ma ormai ha maturato una tale esperienza che potrebbe utilizzarla per diventare una delle sorprese del mondiale.

 

Lui conosce bene il contesto, arrivare dal Sudan al Qatar nel “boom economico” sicuramente lo ha fatto diventare più qatariota – calcisticamente parlando – di chi ci è nato. Magari non giocherà mai in un top club europeo, ma ha nel palmares la vittoria di un trofeo continentale, la Coppa d’Asia 2019, da capocannoniere della manifestazione e da miglior giocatore del torneo. Una statistica che ben pochi calciatori in tutto il mondo hanno nel proprio curriculum. Numeri da potenziale campione, basteranno per farsi conoscere in tutto il mondo?

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