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Sonny è uscito dal gruppo

Il prezzo della salute. L'addio al ciclismo di Sonny Colbrelli

Giovanni Battistuzzi

"Ho pensato di togliere il defibrillatore per poter provare a tornare a correre. Ma sarebbe stato un rischio troppo grande". A poco più di un anno dalla vittoria della Parigi-Roubaix l'ex campione italiano ed europeo annuncia il ritiro

Prima la salute. Lo si è sentito, detto, centinaia e centinaia di volte. Prima la salute è una di quelle frasi sulle quali ci si ragiona mai davvero, una di quelle frasi che sono leggi perché sono socialmente condivisibili, vanno bene per ogni momento e situazione. E anche quando arriva il momento di ragionarci davvero, perché succede qualcosa che mina la salute, la si prende per buona e basta: se c’è la salute c’è tutto. Il corollario è questo.

 

Prima la salute. Ha un prezzo però anche la salute. Perché a volte il mettere al primo posto la nostra integrità fisica è escludente, la sopravvivenza si scontra con un'altra propensione naturale, quella della ricerca di ciò che ci fa star bene, che è la volontà di inseguire i propri obbiettivi, sogni, personali in molti casi. Soprattutto quando la propria vita corre su di una bicicletta e il traguardo è una coordinata geografica da superare prima di tutti gli altri.

 

Sonny Colbrelli sotto uno striscione d’arrivo non c’arriverà più davanti a tutti. Da ieri è un ex corridore. Ha dato l’addio al ciclismo, alle corse. Non poteva fare altro, prima la salute. Non poteva fare altro perché “ho pensato di togliere il defibrillatore per poter provare a tornare a correre. Ma sarebbe stato un rischio troppo grande”, ha scritto in una lettera/comunicato pubblicata dalla sua squadra, la Bahrain-Victorius.

 

Si dovrebbe mica dire prima la salute a trentadue anni, ancor meno a un anno dalla grande impresa di vincere una Parigi-Roubaix unica, perché autunnale, dopo essere uscito dal fango e dalla pietre. Una di quelle Roubaix lì, indimenticabili, che tutto coprono e celano le differenze cromatiche lasciandoci così concentrare unicamente sulla magnificenza dell’uomo che pedala non solo contro gli avversari, ma anche contro l’infamità degli eventi (climatici e non).

   

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Era da anni che lo aspettavamo, che si aspettava, Sonny Colbrelli. Era da anni che gli era tutto a portata in potenzialità, ma che, in un modo o nell’altro, tutto gli sfuggiva, o che ci metteva del suo per farselo sfuggire. Mica vero che il talento basta per vincere, serve anche, almeno, la consapevolezza di avercelo il talento e di fregarsene di quello altrui. L’aveva iniziato a fare Sonny Colbrelli, forse un po’ in ritardo, ma l’aveva iniziato a fare. È mai facile imparare la crudeltà del vincente, se si è persone a modo, se si preferisce dare, darsi, al ricevere, ottenere. C’ha messo del tempo, il suo tempo. E in un ciclismo che è veloce, giovanissimo, che si vuole e si ottiene tutto e subito, o almeno in molti iniziano a ottenere tutto e subito, quella di Sonny Colbrelli era una storia rassicurante, positiva, che ci dava conto che ancora oggi, è possibile procedere passo a passo, senza dover per forza affrettare tutto.

 

Non ci fosse stato quell’attacco cardiaco alla Volta a Catalunya il 21 marzo 2022… Se lo è chiesto lui, ce lo siamo chiesti tutti. C’è però stato. E allora prima la salute. E con tutto quello che ne consegue. Con quel senso di incompiutezza, di finale sbagliato a una storia giusta.

 

Ci sono delle priorità però, ci sono sempre, solo che a volte ci sbagliamo a metterle in fila. E forse una tappa al Tour de France, un’altra Roubaix, la Sanremo o chissà cosa, non è poi il centro dell’universo, è qualcosa che può passare in secondo piano. “Ammetto di aver considerato di rimuovere il defibrillatore. Ma prima di tutto rimuovere il defibrillatore è contro la pratica medica e significa rimuovere un salvavita necessario come prevenzione secondaria. Un rischio troppo alto. Un rischio che non posso permettermi di correre. Per me, per l’opportunità che la vita, Dio in cui credo, mi ha dato. Per Adelina, per Vittoria e per Tomaso. Per i miei genitori”, ha scritto Sonny Colbrelli.

 

La legge italiana vieta agli atleti di correre con un defibrillatore. Ci sono paesi che lo permettono, il mondo medico non ha preso una posizione su una o sull’altra visione delle cose. Sonny Colbrelli ha preferito uscire dal gruppo, lasciare il ciclismo, iniziare a costruire qualcos’altro. Perché non tutto sparisce allo sparire delle gare. Resta molto, a partire dalla bicicletta. La bicicletta continuerà a essere nei presenti futuri di Sonny Colbrelli, anche se un numero sulla schiena non se lo potrà più attaccare. "Sono stato felice di vedere come i bambini mi hanno preso come modello negli ultimi mesi. Forse, mi dico, perché l'uomo coperto di fango sembra un po' un supereroe. Per loro vorrei fare qualcosa prima o poi. Nuove sfide mi aspettano e con coraggio mi preparo ad affrontarle. Voglio farlo con il sorriso sulle labbra. Continua a gioire di ogni corsa che farò, anche solo per divertimento e non più per competizione”.

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