Max Verstappen (Ansa)

Formula 1

Come Senna e Schumacher, Max Verstappen vince a Suzuka ed è campione del mondo

Fabio Tavelli

In Giappone il pilota olandese della Red Bull trionfa in una gara difficile a causa della pioggia, sospesa per oltre due ore, e si conferma il numero uno. Leclerc penalizzato di 5 secondi finisce terzo. Subito fuori pista l'altra Ferrari di Sainz

Max Verstappen ha meritato di vincere il mondiale a Suzuka. Perché su questa pista hanno messo la corona piloti come Senna e Schumacher e l’olandese è certamente fatto di una pasta simile alla loro. La cosa buffa è che nemmeno Verstappen se n’era accorto per una delle non infrequenti (e a questo punto imbarazzanti) interpretazioni del regolamento. Partiamo dalle cose certe. Max ha vinto, stravinto la corsa, ed è di nuovo campione del mondo. Leclerc all’ultimo giro è stato penalizzato di 5 secondi per aver tagliato una chicane difendendosi da Perez (che ha preso quindi la seconda posizione).

 

Tutti, da Max Verstappen in giù, erano convinti che la direzione corsa assegnasse un punteggio ridotto ai piloti e quindi all’olandese mancasse un solo punto per essere matematicamente iridato. Quando ormai tutti erano entrati in pit-lane e i tre del podio erano pronti per le interviste ecco la comunicazione: Max, la gara è considerata completa quindi prendi 25 punti e non 19. Leclerc scala terzo e quindi sei matematicamente campione del mondo.

 

Il primo a essere imbarazzato è stato lo stesso Verstappen che ne ha preso atto non senza sorpresa. Anche questa volta è stata un’interpretazione del regolamento a portare ad una decisione. La sensazione è che, dalle parti della F1, i regolamenti vengano fatti appositamente per essere oggetto di nuove valutazioni ogni volta, a seconda di logiche non sempre chiarissime. Senza salire sul carro dei complottisti, a Suzuka la decisione di penalizzare Leclerc è arrivata a tempo di record ed è stata accoppiata alla piega del regolamento, per dare a Max 25 punti invece dei 19 che tutti pensavano gli fossero dovuti perché la gara è durata meno del 75 per cento dei giri previsti.

Qualcuno potrà pensare che assegnare il titolo ad un pilota Red Bull nella terra della Honda, che non a caso sta pensando di rientrare al 100 per cento nel team delle bibite taurine, fosse un tributo all’azienda del Sol Levante. Poi domani dovrebbero anche dirci qualcosa sul budget cap ma a questo punto non stupirebbe nessuno se si inventassero altri effetti speciali.

C’è però dell’altro. Suzuka, come da previsioni travolta da una giornata di pioggia intensa, aveva già vissuto il dramma con Jules Bianchi nel 2015. Quando Gasly ha visto - o almeno ha provato a vederli, in uno tsunami alzato dagli pneumatici delle vetture unito al continuo diluvio - due trattori tra pista e bordo pista non ha potuto non pensare di aver corso un rischio assurdo e inutile.

Solo chi si è alzato alle 7 ha potuto vedere un capolavoro. Le prime tre curve di Max Verstappen alla prima partenza, per tenere dietro un eccellente spunto di Leclerc, sono state di un livello clamoroso. Leclerc era davanti, i meno giovani hanno temuto che i due finissero spiaggiati come Senna e Prost nel 1990. Ma in quel frangente Ayrton aveva deciso di speronare Alain. Tra gli alfieri moderni di Red Bull e Ferrari non corre un simile astio e il contatto è stato scongiurato. Ma in quei tre giri ci si mette poco a capire che le condizioni sono impossibili. Anche perché i team hanno deciso di mettere gomme intermedie e non full wet. Sainz esce di pista, Gasly si ritrova un cartellone pubblicitario sul muso e due trattori che stavano già intervenendo con solerzia tutta nipponica. Si girano in tanti, la direzione gara manda tutti ai box con bandiera rossa. Si riparte tutti dietro safety car dopo due ore e dieci di attesa. La gara termina alle dieci del mattino in Italia e Verstappen la domina in maniera maestosa. Leclerc al solito fa il possibile ma il degrado delle gomme anche questa volta gli è esiziale. Sipario. 

 

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