(foto Ansa)

Il foglio sportivo

La variabile Mourinho nel futuro dell'Inter

Roberto Perrone

Il ritorno di Mou a San Siro non è più solo un lieto ricordo, può mettere nei guai Simone Inzaghi

Forse non un nemico, perché per gli interisti, José Mário dos Santos Mourinho Félix, anni 58, nemico non lo sarà mai, ma questa è di sicuro la prima volta da ex amico. Un caro ex amico che ti vuole bene ma non si farà toccare dalla commozione. A questa ha già pagato dazio all’esordio, al suo ritorno in Italia sulla panchina della Roma. Nell’anno sociale 2021-22 il mago Merli-Mou di Setubal si è già trovato al cospetto degli interisti, ma questa è un’altra faccenda. Allora, rientrato con gran clamore (come tutto quello che lo riguarda) in Italia, Mourinho è stato considerato ancora un vecchio, fraterno amico, a cui il popolo nerazzurro sarà per sempre debitore. Con lui, anche da avversario, mai niente di personale. E poi, nel solco del Triplete 2010, lo Specialone ha continuato a esaltare i tifosi dell'Inter, anche da gran capo giallorosso. Suo malgrado ovviamente: ne avrebbe fatto volentieri a meno. Tre partite, tre sconfitte della Roma. Due a San Siro, una all'Olimpico. La sua prima ri-apparizione a San Siro da avversario si verifica nei quarti di Coppa Italia, 8 febbraio.

Bentornato a casa José”, baci, abbracci, entusiasmo, commozione sulle tribune di San Siro e sul suo volto. Risultato finale, consequenziale a questa congiura degli affetti (e pure degli effetti), Inter-Roma 2-0. Precedentemente, in campionato, a Roma, gli allora campioni d'Italia avevano maramaldeggiato (4 dicembre 2021, Roma-Inter 0-3). Nel ritorno, di nuovo nel suo vecchio domicilio, (12 maggio 2022), chiusura perfetta del cerchio: Inter-Roma 3-1. Sostenitori nerazzurri felici di rivederlo e soprattutto che l’incontro non sia stato negativo. 

Insomma il primo ritorno da amico-avversario di Mourinho era avvenuto in una situazione completamente diversa da quella attuale. Allora l’Inter (e gli interisti) oltre all’affetto e alla riconoscenza per lo Specialone, potevano anche guardarlo dall’alto in basso. Avevano conquistato lo scudetto con Antonio Conte e il suo successore, Simone Inzaghi, malgrado i timori per il passaggio dal tremendismo contiano a una gestione meno ossessiva, si stava comportando benissimo. Gli addii di VotAntonio, di Lukaku, di Hakimi non sembravano aver influito sulla competitività della squadra. Anzi non hanno influito, perché l’Inter, alla fine, arriverà all’ultima giornata con la possibilità di conquistare lo scudetto dopo aver vinto Supercoppa Italiana e Coppa Italia (entrambe ai danni della Juventus). L’Inter, fino a maggio, c'è stata, confermandosi in alto e perdendo il titolo nella fatal Bologna, per un errore del portiere Radu, ma non solo. 

Era un’altra Inter che si poteva permettere di essere benevola con l’amato Josè, un’Inter nel cui dizionario non esisteva un termine come "crisi" o un’espressione tipo "allenatore contestato", come questa. L’Inter di adesso, in periglioso equilibrio finanziario, ha un disavanzo nettissimo anche nei risultati. Su nove partite ufficiali ne ha perse quattro, una media inquietante che non può certo essere mantenuta. A parte quella con il Bayern Monaco in Champions League (con i tedeschi si può anche perdere, lo dice anche il proverbio), sono arrivate quelle con Lazio, con il Milan nel derby e, prima della sosta, quella con l’arrembante Udinese di questo avvio di anno sociale 2021-22. A Udine, mal comune mezzo gaudio, ha preso una scoppola anche la Roma dell’amico-non più amico Mou, a Udine saranno in molti a faticare per uscire con un risultato positivo. O non negativo. Ma questa è un'altra storia. 

 

Ora, in questo ottobre piovoso, Mourinho si presenta a San Siro dicendo sempre (come ha fatto dal 2010 in poi, da quando sparì nella notte di Madrid, la notte del Triplete) "io sono interista", ma non regalerà niente. Non era in vena di doni neanche un anno fa, a dirla tutta. Il paradosso è che, ancora una volta, lo Specialone è arbitro dei destini nerazzurri, un tempo nel bene, mentre ora può esserlo nel male. Dal meraviglioso Triplete, che ha riproposto il mito della Grande Inter anni Sessanta colmando un vuoto esistenziale-calcistico nel popolo nerazzurro, alla possibilità di rimetterla in un incubo che, con la ricostruzione contiana, pensava di essersi lasciato definitivamente alle spalle. 

Niente con-doni dall'ex amico che, tra l'altro, viene anche lui dalla prima sconfitta in campionato (0-1 con l'Atalanta all'Olimpico) e non può permettersi altri passi falsi. Sostengono a Roma che José Mourinho è cambiato da quando è arrivato nella Capitale. Sostengono che se è vero che ha cambiato la Roma, anche lui è cambiato. Sarà. Anche a Milano lo dicevano. Lo Specialone ora dice: "Io sono romanista". Il suo è un tifo per il successo, ovunque sia. Di sicuro insegna a vincere, lo ha fatto a Milano, ha subito portato un trofeo a Roma. José ha grandi memorie dei suoi anni milanesi, quando arringava le folle, quando tutti pendevano dalle sue labbra. Ma questo, indimenticabile, è il passato. Ora José Mourinho ha grandi aspettative sul presente e sul futuro. Sulla Roma. Desculpe, vi voglio bene, interisti, ma la commozione è finita. Anche in tribuna, per squalifica, lo Specialone manterrà il punto. Tanto più che, a differenza di Inzaghi, le Nazionali non gli hanno restituito giocatori stanchi o, peggio, infortunati. Per sempre amici, interisti, ma non oggi.

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