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italbasket ai quarti

L'inattesa vittoria dei ragazzi di Pozzecco

Umberto Zapelloni

Sorprende la grande vittoria della nazionale italiana di pallacanestro, non l'emotività del Poz che dopo l'espulsione bacia tutti e trova la lucidità per salutare il coach avversario

Ci sono dieci, cento, mille modi di fare l’allenatore. Gianmarco Pozzecco, il c.t. dell’Italbasket però ne ha uno tutto suo. Nella domenica in cui anche l’Italia che non segue abitualmente il volley si è innamorata di Fefè De Giorgi che ha guidato con pacatezza gli azzurri alla vittoria Mondiale, non si può che restare ammaliati da un coach che urla, piange, si inginocchia, si fa cacciare prima dagli arbitri e poi dai suoi giocatori, fino a che, ubriaco di gioia, si arrampica letteralmente su Giannīs Antetokounmpo, il dio greco di 2 metri e 11 incrociato per caso nei corridoi, lasciandolo di sasso, ma con un sorriso che va da qui a Berlino. Quando si è fatto cacciare a 4’43” dalla fine del terzo quarto, la sua Nazionale era sotto 61-57 con la Serbia.

 

Prima di lasciare il campo, andando ancora una volta contro ogni regola, ha voluto abbracciare e baciare tutti i suoi ragazzi, dare un cinque ai suoi avversari. Da quel momento la squadra si è compattata. È diventata un’armata insuperabile anche per la Serbia e Jokic, uno dei migliori giocatori del mondo. Fino a che a una manciata di secondi dalla fine, quando ormai la vittoria era cosa fatta, il miracolo avvenuto, il Poz è ricomparso in ginocchio di fianco alla panchina azzurra tanto che capitan Datome e Melli sono dovuto andare ad alzarlo di peso con un esplicito “Dai Poz vai via, fuori dal c…, vattene”.

 

Il Poz è paz è un gioco di parole troppo semplice e banale, ma rende l’idea. Non ha la scienza cestistica di Messina o Scariolo, non ha i colpi di genio che avevano Peterson o Bianchini, non ha neppure la saggezza di un Sacchetti, di un Gamba o di un Recalcati (che si è scelto come vice), ma ha la carica emotiva di tutti questi genii del basket messi assieme. C’è chi ascoltando i suoi minuti di sospensione ride e poi manda di messaggi al presidente federale Petrucci che lo ha fortemente voluto dicendogli: ma ti rendi conto a chi hai affidato la nazionale? Certo, lui non prende la lavagnetta per disegnare schemi complicatissimi, non si inventa giochi magici. Magari tu butta lì un “date la palla a Simo e andatevene fuori dalle p… “.

 

Cose così. I giocatori si guardano e magari fanno da soli. Però l’idea è che lo facciamo per quel pazzo in panchina che già a Sassari finiva le partite strappandosi la camicia in diretta tv. “Siamo un mix di carattere, compattezza, follia da cui non sai che cosa possa uscire. Adesso so che nessuno ci vuole affrontare”, spiegava l’altro giorno dopo aver pianto peggio di un bambino a cui hanno tolto il latte sul più bello. È riuscito a passare la pressione sulla Francia che in amichevole ci ha stracciati, ma ora qualche timore lo ha. Questa è un’Italia che può davvero combinare tutto anche se adesso che qualcuno dirà: la mossa vincente di Pozzecco è stata quella di farsi cacciare. Sarà anche così, ma non è un caso che, dopo l’espulsione, siano arrivate due bombe da tre di Marco Spissu, il suo fedelissimo, il play che in tanti ritenevamo troppo piccolo per il basket.

 

La vittoria contro la Serbia, anche se vale solo il passaggio ai quarti di finale e non una medaglia non è la partita più importante della storia del basket azzurro come racconta il Poz, ma è certamente una partita fondamentale per far capire lo spirito di questa squadra che gioca divertendosi e quando serve può essere spietata. Gioca per il Gallo, bloccato dal più bastardo degli infortuni, gioca per il coach che piange e urla, ma alla fine gioca soprattutto per regalarsi un sogno e un’emozione. Perché mentre l’Italia del volley conta le sue medaglie, quella del basket è ancora ferma all’argento di Atene 2004 quando il Poz era dall’altra parte della panchina.

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