Il calciomercato è tornato a casa. Giuseppe Marotta ci racconta il Gallia

Matteo Rivarola

La Serie A è tornata a trattare acquisti e cessioni all'hotel Gallia, lì dove il presidente del Napoli, Gioacchino Lauro, soffiò Dino Zoff a Inter e Milan e il calcio d'un tempo "costruiva" le squadre senza procuratori. I ricordi dell'ad dell'Inter

Milano, Hotel Gallia, 31 luglio 1967, poche ore alla conclusione del calciomercato o per meglio dire del mercato di compravendita dei calciatori. Migliaia le persone all’esterno del “Gallia”, tra giornalisti, cameraman, improvvisati agenti, tifosi e forze dell’ordine. Milan e Inter si contendono Dino Zoff. Si avvicina la mezzanotte quando all’ingresso compare il presidente del Napoli, Gioacchino Lauro, che invita i presenti a brindare insieme a lui per l’acquisto del portiere friulano, dal Mantova. È tutto vero, una trattativa lampo firmata su un tovagliolo porterà Zoff a Napoli. Il presidente dell’Inter, Angelo Moratti, lascia l’hotel amareggiato da una porta secondaria. “Mi commuovo a ripensare a quel calcio così romantico, dove non c’era spazio per il business ma solo per la passione – ci racconta l’amministratore delegato dell'Inter, Giuseppe Marottail Gallia, era l’emblema del calciomercato. Quel giorno me lo ricordo bene. Io avevo dieci anni, ero fuori in attesa di scoprire qualcosa in più, insieme a mio fratello più grande. Cercavo in ogni modo di sbirciare all’interno, anche arrampicandomi su di lui. Aspettavamo, anche per ore. L’attesa era estenuante, io leggevo un quotidiano che usciva nel pomeriggio, per ingannare il tempo, si chiamava La Notte, riportava con chiarezza tutte le trattative svolte fino a quel momento”.

 

A partire dagli anni Cinquanta l'hotel Gallia, a Piazza Duca d’Aosta a Milano, ha dato vita a trasferimenti e trattative storiche, che hanno arricchito ancor di più il fascino di una tra le strutture più eleganti dell’epoca. “Era spettacolare, anche dall’esterno. All’interno un talk show. Il grande punto a suo favore, era la logistica. Elegante, raffinato, si intravedevano queste sale in stile meneghino, con tappeti pregiati e luci caldissime. Anche la posizione era strategica, permetteva ai giornalisti e ai presenti di stare all’esterno in sicurezza”, ricorda Marotta.

 

Una sorta di fiera dei sogni che vedeva anche protagonisti giornalisti, fotografi e curiosi, alla ricerca costante di anticipazioni su possibili trasferimenti. “Ricordo centinaia di persone tra agenti, presidenti e addetti ai lavori. Il tono di voce era molto alto ed era una corsa all’ultimo affare. C’erano gli 'strilloni', sui grandi nomi cominciava molto spesso una vera e propria asta. Noi dall’esterno chiedevano informazioni alla reception, con la speranza che qualcuno di raccontasse qualcosa. I risultati non erano granché… In quel periodo, non c’erano social o mezzi di informazione che permettevano di essere aggiornati, era sempre una continua 'battaglia' alla notizia di giornata”.

 

Il vero inventore del calciomercato milanese, fu il principe Raimondo Lanza di Travia. Presidente del Palermo Calcio, il nobile ed eccentrico siciliano, amava accogliere i suoi ospiti al Gallia. Li faceva accomodare nella sua suite all’ultimo piano. Non prima di aver terminato un bagno caldo nella vasca personale, riempita con acqua e latte per nutrire la pelle, a suo parere troppo secca. “Quante ne ho viste di figure bizzarre all’interno del Gallia. Lanza però, come molti altri presidenti dell’epoca, era un gentiluomo, con cui era possibile concludere una trattativa con una semplice stretta di mano. All’epoca non c’era la figura del direttore sportivo, l’allenatore parlava con il presidente prima dell’inizio del calciomercato e gli dava un foglio di carta con le richieste. Calciatori che, nella maggior parte dei casi, i presidenti conoscevano solo di nome”, ci dice Marotta. Era un calcio trasparente, lontano dalla “minaccia” costante di procuratori in cerca di ingaggi proibitivi o percentuali sul trasferimento del proprio assistito.

 

Al “Gallia”, negli anni Sessanta, i presidenti parlavano solo con Oscar, il barman. “Che tempi, me lo ricordo bene Oscar, era un barman nelle vesti di coordinatore. Riusciva a essere il mediatore nelle trattative più complicate. Alla fine una soluzione la si trovava sempre con lui. Si passavano i bigliettini con nome, domanda e offerta. Un calcio diverso, comandava il cuore e la passione”.

 

Il gran teatro del Gallia terminò nel 1969, quando la direzione dell’albergo decise di interrompere quell’irrefrenabile “febbre d’estate”, che solo quella hall era in grado di regalare nel mese di luglio. “Il flusso di persone era troppo grande, la direzione spesso si lamentava, così come gli ospiti esterni dell’hotel. Decisero inizialmente di limitare l’ingresso solo a chi vi soggiornava. Arrivarono perfino a spegnere l’aria condizionata, pur di scoraggiare i presenti. Infine, arrivò la drastica scelta di spostare il tutto all’hotel Hilton, neanche troppo distante. Non ci fu più una location tanto ricercata come il Gallia”.

 

A distanza di 53 anni, l’hotel Gallia è tornato a ospitare “Il Calciomercato”. Stucchi, specchi e tappeti, sono stati sostituiti nel tempo da un arredamento dal design moderno, ma che non scorda il classico del passato contemporaneo. Stile inconfondibile, proprio come chi un tempo lo ammirava solo dall’esterno e oggi ne è il vero mattatore.

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