Un tifoso si dispera durante una partita della nazionale italiana di calcio (Ansa)

piedi buoni in fuga

Era l'anno giusto per l'unico sovranismo buono, quello del calcio

Roberto Perrone 

Invece giovani come Casadei e Scamacca vengono venduti all'estero: i loro club hanno preferito monetizzare subito anche se l'assenza dell'Italia al mondiale natalizio del Qatar gli avrebbe dato l'occasione per affermarsi in patria

Cesare Casadei, chi è costui? Non un candidato al Parlamento a caccia di un seggio sicuro, ma comunque un simbolo anche per politica e società italiane. Cesare Casadei, classe 2003, nato a Ravenna, è un giovane centrocampista dell'Inter, campione d’Italia con la Primavera. Il giovanotto sta per passare da Milano a Londra, dall’Inter al Chelsea: ci sono cinque milioni tra domanda e offerta, ma la trattativa è avanzata. Perché un giovane talento non resta qui? Perché nell’unico ambito in cui avremmo dovuto esercitare un po’ di sano sovranismo, in questo anno sociale 2022-23, invece, come al solito, abbiamo seguito la via dell’internazionalizzazione, delle frontiere non aperte, di più, spalancate, delle seduzioni straniere?

 

In politica, almeno secondo i sondaggi, si avvia a vincere una coalizione con partiti che, malgrado i tentativi di rassicurazione, non rassicurano nessuno a proposito di una svolta anti europea. Un sentiero pieno di incognite e pericoli. Il sovranismo che non fa bene alla politica, invece avrebbe fatto benissimo al calcio. Ma anche in questo segmento della nostra vita, tutti diventano tifosi e quindi incapaci di comprendere la situazione.

 

Quello che è appena cominciato è il campionato più pazzo della storia. Si giocherà infatti in due tronconi: il primo, quindici giornate, termina il 13 novembre, il secondo, 23 giornate, riprende il 4 gennaio e si esaurisce il 4 giugno 2023. In mezzo, il Mondiale più demenziale della storia, il primo che non si disputa a tornei nazionali conclusi, ma in mezzo. Nella ricchissima scatoletta di sabbia del Qatar, infatti, non si poteva certo andare in campo a giugno. E anche a novembre-dicembre, gli otto stadi saranno dotati di aria condizionata. Malgrado le fantascientifiche risorse degli emiri (e a prezzo di migliaia di vite di lavoratori stranieri), comunque sarà un Mondiale difficile, pesante, faticoso per i giocatori. E con molte variabili. Infortuni, stanchezze, appagamento.

 

Senza voler essere per forza malfidenti, tra ottobre e novembre, anche inconsciamente, con il Mondiale in avvicinamento, magari l'ultimo urrà per tanti protagonisti, qualcuno potrebbe, come si dice in gergo, “tirare indietro la gamba”. Al Mondiale, poi, ci si può far male e non ci saranno almeno due mesi per recuperare, come per un evento tradizionale. Infine, dopo settimane tra la sabbia (seppur refrigerata), qualcuno avrà voglia di andare in vacanza o comunque di non ritrovarsi con la tensione delle partite dopo pochi giorni. 

 

Per questo il giovane Cesare Casadei, invece di spedirlo in Premier League, come il poco più anziano Gianluca Scamacca (ex Sassuolo), avremmo dovuto tenercelo. Questo era l’anno dove manifestare il sovranismo calcistico, questo era l’anno in cui il pallone doveva rotolare con lo slogan “prima gli italiani”. Infatti i nostri calciatori al Mondiale, ahinoi, non andranno (per la seconda volta di fila). Staranno qui, si alleneranno in tutta serenità, senza le insidie dei piedi a martello degli avversari, del caldo, dello stress. I club dovrebbero investire di più sugli italiani, in generale e nel 2022-23 in particolare. Invece riecco stranieri a gogo, anche di una certa età o di ritorno, usati sicuri o solo usati. E i giovani italiani, come Casadei, ceduti all’estero per fare cassa. Abbiamo perso l'occasione di creare un  sovranismo virtuoso.  
 

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