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gran calma

La Serie A di ferragosto funziona

Enrico Veronese

Il campionato è iniziato con tutte vittorie e nessun pareggio. Cinque spunti per capire che serve gran calma prima di esprimere giudizi sulle venti squadre che si contendono scudetto, coppe e salvezza. Ma serve davvero il calciomercato aperto fino al 1 settembre? Forse no

È iniziata la Serie A e con essa anche l'appuntamento con Enrico Veronese e i suoi cinque spunti per evitare di arrivare a conclusioni affrettate sul campionato italiano di calcio, perché con il pallone ci vuole sempre gran calma.

 

Perché il calcio di ferragosto può essere anche ufficiale, e funzionare

C’erano tanti timori al via anticipato della stagione, e tutti convergevano nella perdita di appeal del prodotto calcio. Dalle misere sorti della Nazionale al caro abbonamenti, dalle controversie per i diritti televisivi – e puntualmente si è ripresentata l’odissea Dazn – al livello del campionato in paragone a quello inglese, spagnolo, financo tedesco e francese. Oltre appunto al fischio d’inizio assegnato nei giorni in cui quasi tutti hanno staccato la spina. E invece, alla prova dei fatti, la pur incostante luna di miele tra gli italiani e il pallone non vedeva l’ora di tornare a celebrarsi nella pratica del manto verde: tribune e curve moderatamente piene, spettacolo in campo più che accettabile, nessun pareggio, le dieci squadre più forti hanno vinto le rispettive partite (l’assenza di sorprese è un po’ un peccato, ci sono andate vicine Cremonese e Lecce) e rendono tutto più credibile. Quindi, per coloro che preconizzavano il flop iniziale contando sopra quei pur legittimi fattori: gran calma.

 

Perché il mercato prolungato fino a settembre non serve (quasi) a nessuno

Non sono solo i fantallenatori a maledire il protrarsi pressoché infinito delle operazioni di compravendita in Italia e all’estero. Specie perché non sincronizzate, quando per esempio in campionati danarosi come quello turco il mercato proseguirà a oltranza. Simone Inzaghi e Marco Giampaolo, due fra tanti, hanno dichiarato che è difficile allenare una rosa sapendo che qualcuno potrebbe ancora partire, e i nuovi arrivi non hanno fatto il ritiro. Tra coloro i quali, pur chiacchierati, non abbisognano poi di ulteriori investimenti ci sono la Lazio e paradossalmente l’Hellas Verona. La squadra di Sarri, come tutte le squadre di Sarri, impiega 14-15 giocatori sempre negli stessi cambi, e ha mostrato di saper venire a capo di un match spigoloso contro il Bologna. Quanto ai veneti, non è il dilagare del Napoli nella ripresa a mettere in discussione il materiale a disposizione di Cioffi, che nel primo tempo se l’era cavata assai bene. Perciò, procuratori e teorici del mercato no stop: gran calma, può bastare così.

  

Perché, nel duello a distanza del sabato, l’Inter ha guadagnato più del Milan

La vittoria dell’Inter a Lecce, arrivata solo in mischia al 95esimo, viene commentata dai più come sofferta, mentre quella casalinga del Milan per 4-2 – con uno svantaggio e un pareggio di recupero – passa per fuochi d’artificio. Ma se disponi di Dzeko come doppio centravanti oltre ai titolarissimi, e dalle fasce piovono palloni e attaccanti aggiunti, puoi attendere l’ultimo tuffo per portare a casa la posta piena. Dando anzi un segnale di convinzione, di forza e di adrenalina all’interno. Per converso, dov’è finita la solidità difensiva del Milan scudettato? Non c’è stata amichevole importante terminata in clean sheet per Maignan, con i minuti iniziali e i colpi di testa ricorrenti nel minare un po’ delle certezze sopra le quali Pioli aveva costruito il suo miracolo. E il regalo della difesa friulana nel terzo gol ha reso tutto più facile. Che il Milan abbia meritato di battere l’Udinese non v’è dubbio; che la sua vittoria dimostri maggior peso specifico rispetto a quella nerazzurra, invece: gran calma.

  

Perché bisognerà fare i conti con l’Atalanta, nonostante la patina di declino

Per la prima volta dopo circa cinque anni, i principali osservatori di cose calcistiche sono concordi nell’attribuire alla squadra di Gasperini minori chance di replicare l’ascesa costante che l’aveva contraddistinta dall’autunno 2016 in poi. Gli screzi con tanti elementi, l’appannamento pure fisico dei veterani, cessioni improvvise e pesantissime come quella di Freuler, non ultime le dichiarazioni di un tecnico che a Bergamo ha fatto epoca (ma anche il suo tempo) hanno all’apparenza piombato il volo della Dea. Eppure, alla prima di campionato, arriva il franco successo in casa di una Sampdoria destinata a soffrire: successo che non era scontato, date le premesse, ma che conferma la validità dell’impianto di gioco – il palo di Mæhle è l’epitome dell’azione gasperiniana – oltre alla bontà di un vivaio inesauribile, e anche la caccia a nuovi moduli per sottrarre riferimenti agli avversari. Lo scorso anno fu il 4-2-3-1 ad avvalersi della versatilità di Tolói e compagni, quest’anno la velocità supersonica di Lookman (e Boga) potrebbe costituire una variante tattica di pregio per sfuggire ai radar delle difese. In ogni caso, a chi aveva intonato il de profundis anticipato all’Atalanta è suggerita gran calma.

  

Perché Domenico Berardi non è finito, e non può essere quello visto allo Stadium

Un’estate a parlare di Scamacca alle big (poi al West Ham), di Raspadori al Napoli (e se rimanesse al Sassuolo?), di Pinamonti in arrivo. Insomma, dei tre tenori azzurri di casa Mapei, l’ex capitano Berardi è stato il meno coinvolto dal gorgo del mercato: eppure avrebbe fatto comodo, si diceva, al Milan o alla Fiorentina, forse alla stessa Juve. A ventotto anni, l’attaccante calabrese forse ha perso il treno che lo avrebbe portato dove può vincere qualcosa: scarsa consolazione gli arriva da una maglia numero 10 che storicamente pesa più di un anonimo quanto personale 25, anche se parlare di storia nel contesto sassolese un po’ stride. Nonostante i dieci anni consecutivi in Serie A. Ieri sera, davanti alla Juve e al mostruoso Di María, Mimmo ha vagato cercando una posizione, accentrandosi e rincalzando all’indietro, perdendo palloni come poche volte si è visto in passato. Ciononostante, con l’ingresso di Pinamonti in pianta stabile e l’aumento della condizione post-estiva, sarà ancora lui il simbolo del Sassuolo: ci vuole solo gran calma.

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