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Il Foglio sportivo

Il triplete di Galliani

Umberto Zapelloni

“Monza, Milan e Olimpia: ho realizzato il mio sogno da ultrà”. Intervista all'ad del Monza

Il triplete delle meraviglie. Adriano Galliani come Mou. Anche lui quest’anno ha il suo personalissimo triplete da mettere nell’album dei ricordi insieme ai 29 trofei vinti con il Milan di Berlusconi. “È un sogno che avevo e che si è realizzato: nel giro di pochi giorni lo scudetto del Milan, la promozione in Serie A del Monza e lo scudetto dell’Olimpia. È meraviglioso”.

 

Il Galliani tifoso è conosciuto in mondo visione. Calcio o basket non fa differenza. Lui tifa senza freni. Lo faceva da ragazzo, lo fa oggi che è senatore della Repubblica italiana (in scadenza e non si ricandiderà). “Una decina di giorni fa ero in Spagna al matrimonio del figlio di Ancelotti e ho detto a Carletto: tu avrai anche vinto la Liga e la Champions, ma io quest’anno posso prendermi il triplete aggiungendo allo scudetto del nostro Milan la promozione del Monza e lo scudetto dell’Armani. Ho coinvolto anche lui nel mio sogno che poi la scorsa settimana è diventato realtà regalandomi una felicità immensa”. D’altra parte se oggi il basket milanese è griffato Armani il merito è quasi tutto di Adriano Galliani.

 

Fu lui, dopo una campagna della Gazzetta dello Sport, a prendere in mano il telefono e a chiamare, con la complicità di Leo Dell’Orco, il signor Armani per coinvolgerlo nel progetto salva basket a cui avevano già aderito Milan e Inter.

 

Come nasce la sua passione per il basket?

“Tutto parte da Monza nel 1955/56 quando la Simmenthal, azienda di Monza sponsorizza il calcio e il basket. A vedere il calcio mi portava mia mamma da bambino. Per andare a vedere il basket ho dovuto attendere di avere la patente e la mia prima auto. A 19 anni nel 1963 presi una Cinquecento e comincio a seguire con una passione infinita il Simmenthal nel 1963/1964”.

 

Non male come anno per iniziare. Subito in semifinale di Coppa dei Campioni e poi tre scudetti di fila e la prima Coppa dei Campioni.
“Ricordo perfettamente la semifinale con il Real Madrid vinta in casa, persa in trasferta quell’anno e poi ricordo di essere stato a Bologna, sempre in Cinquecento, nel 1966 per quelle che possiamo chiamare Final Four dove battemmo l’Armata Rossa in semifinale e poi lo Slavia Praga in finale con Bill Bradley che giocava da noi in coppa. Da quegli anni ho sempre seguito il basket con grande passione”.

 

Non è stato solo tifoso. È stato nel board con Stefanel e poi con Corbelli, ma soprattutto è stato l’uomo che ha coinvolto Giorgio Armani.
“Nel 2004 la Gazzetta lanciò l’allarme: il basket a Milano sta morendo. Io chiamai Re Giorgio Armani che entrò prima come sponsor e poi come proprietario. Se non avessi fatto quella telefonata, senza darmi meriti eccessivi, e se non fosse intervenuto Giorgio Armani, il titolo sportivo quell’anno sarebbe finito guarda caso alla Virtus Bologna che non era in A1. Dovremo essere eternamente grati a Giorgio Armani”.

 

Come dice spesso “Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”. Tutto per lei parte e torna a Monza.
“Tutta la mia vita sportiva nasce dal calcio Monza. Sono arrivato al basket per il legame con la Simmenthal. Dallo stadio vecchio di Monza al Palalido ci mettevo venti minuti. Ed è sempre grazie al Monza e ai dieci anni di esperienza come vice presidente, che poi Silvio Berlusconi quando prese il Milan, decise di mettermi in società. Senza quell’esperienza non mi avrebbe affidato il Milan”.

 

Convincere Berlusconi ad acquistare il Monza e poi portarlo per la prima volta in Serie A è stato un po’ come restituire quanto aveva ricevuto.
“Certamente, ma soprattutto era un desiderio di mia madre che a 7 anni mi portò a vedere Omegna-Monza con il Monza che salì per la prima volta in Serie B”.

 

Quale è stato il meno atteso di questi tre trionfi?

“Erano difficili tutti e tre. Per Milan, Monza e Armani. La Virtus con Hackett e Shengelia si era rinforzata tanto mentre noi avevamo perso Mitoglu e Delaney. Sono amico personale di Massimo Zanetti il patron della Virtus che mi ha soccorso quando a Cittadella mi è venuto un mezzo coccolone, mi spiace per lui. Ma per me è stata una stagione sportiva incredibile”.

   

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Aveva fatto anche un voto…
“Devo ancora mantenerlo perché devo tornare in forma. Ho promesso che sarei salito a piedi fino al Santuario di San Luca con il mio amico Pier Ferdinando Casini, tifoso Virtus con il quale ci siamo stuzzicati durante tutte le finali”.

 

Chi sono i tre simboli dei successi di Monza, Milan e Olimpia?
“Shields ha giocato meglio, è stato anche Mvp delle finali, ma io continuo a pensare che il simbolo sia il Chacho che mi dà delle emozioni pazzesche. A Monza abbiamo avuto un centravanti danese Christian Gytkjær che ha fatto cinque gol nelle quattro partite decisive che è stato Mvp dei playoff di Serie B. E nel Milan a parte Ibra che è un’icona e la cui presenza è taumaturgica e lo so bene avendolo preso nel 2010, credo che i simboli siano stati Maignan e Leao che hanno fatto cose stratosferiche”.

 

Nel 2021 ha rischiato la vita per il Covid, salvato da Zangrillo che decise di non intubarla. Ha raccontato che quei giorni in cui ha rischiato di morire l’hanno cambiata molto. Non si arrabbia più neppure con gli arbitri oggi?
“Beh quello è merito della tecnologia… Però quando vedi la morte in faccia poi guardi le cose in modo differente. Sono molto più tollerante in tutto. In quei giorni i polmoni non funzionavano, ma il cervello era lucido. Mi è ripassata davanti la vita. Adesso anche guardando un fiore, un lago provo una felicità che prima non sentivo. Godo di ogni cosa che faccio”.

 

Si è riavvicinato anche alla fede?
“Sono sempre stato credente, ma vado più in chiesa di prima, prego più di prima. Sono un codardo come quei marinai che quando c’è la tempesta pregano Dio…”.

 

Quante telefonate di procuratori riceve adesso che è tornato in Serie A?
“Non mi lasciano in pace. Quando abbiamo vinto a Pisa mi sono arrivati 1.280 messaggini, più di 200 erano procuratori. Adesso più di una telefonata su due è di un procuratore che mi offre giocatori. Se dovessi starli a sentire potei fare 100 squadre”.

 

Che Monza ha in mente per l’anno prossimo?
“Un Monza che si salvi perché non vorrei retrocedere subito dopo aver aspettato 110 anni. Sarà un campionato difficilissimo perché in Serie A ci sono 10 squadre già salve in partenza”.

 

L’obbiettivo è stabilirsi nel lato sinistro della classifica?
“Vediamo in quanti anni. L’obbiettivo adesso è restarci”.

 

Si potrebbero festeggiare i 110 anni il primo settembre con un bel Trofeo Berlusconi contro il Milan?
“Ne ho parlato con Paolo, ma a luglio San Siro e Monza non sono disponibili e poi si comincia subito. Lo faremo l’anno prossimo”.

 

L’ha sorpresa o se lo aspettava un Maldini così bravo da dirigente?
“Né sorpreso né me l’aspettavo. Voglio solo fargli i complimenti e ha fatto benissimo. Gli auguro ogni fortuna”.

 

Magari di vincere almeno la metà di quello che avete vinto voi?
“Sono tempi diversi, adesso è più difficile vincere”.

 

Sabato scorso Paolo Scaroni a il Foglio ha detto che la Serie A è diventata la Serie B d’Europa. D’accordo? 
“Il campionato italiano è crollato sul piano dei ricavi, una volta era un campionato di arrivo, adesso è un campionato di transito. Per una squadra italiana oggi vincere una Champions è diventata un’impresa difficilissima”.

 

Come si può invertire il trend?
“I problemi del calcio sono due: la vendita dei diritti all’estero e l’obsolescenza degli stadi”.

 

Come siete messi a Monza?
“Quest’anno apriremo una nuova tribuna portando la capienza a 16 mila. Poi se restiamo in A andremo avanti”.

 

Come ha trovato la Lega rientrando dopo qualche anno?
“Molte persone sono le stesse. Ma mi sembra molto bravo e mi ha fatto una buonissima impressione il presidente Casini”.

 

Il presidente Berlusconi è diventato davvero tifoso del Monza?
“È molto tifoso ed è la cosa che mi rende più orgoglioso. Per me è facile. Andavo a vederlo quando avevo 5 anni. Ricordo ancora l’ultrà Galliani che nel 1960 quando l’Autostrada del Sole arrivava solo fino a Bologna partiva alle quattro del mattino e tornava alle quattro del mattino dopo per andare a vedere uno spareggio salvezza Taranto-Monza a Firenze”.

 

Ma il presidente non le ha mai detto: Adriano riprendiamoci il Milan?
“No ormai per una famiglia è diventato impossibile gestire certi club”.

 

Ha fiducia nella nuova proprietà del Milan?
“Sapendo chi è Gerry Cardinale, conoscendo il suo gruppo, assolutamente sì”.

 

Quest’anno continuerà a frequentare anche San Siro?
“Trentuno anni non si dimenticano. E con il Milan in coppa e il Monza non ci saranno molte concomitanze. Ho già detto a Paolo di non pensare che per Milan-Monza (il 23 ottobre n.d.r.) abbandoni i miei posti per andare in quelli riservati ai dirigenti ospiti…”.

 

Come ha festeggiato lo scudetto?
“Ho visto la partita ad Arcore insieme al presidente Berlusconi, abbiamo fatto un tifo pazzesco e poi ci siamo catapultati allo stadio per la semifinale di ritorno con il Brescia. Ci fosse stata anche l’Armani alle 22 avrei chiuso la giornata al Forum”.

 

Un vero ultrà.

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