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il foglio sportivo – That win the best

Serie A e Premier due arrivi in volata così diversi

Jack O'Malley

Milan e Inter come City e Liverpool. Non scherziamo. Noi in Inghilterra abbiamo Gerrard

Scusate se non mi eccita la sfida milanese per lo scudetto, e se domenica alle 18 starò guardando i secondi tempi della Premier League. Spiace per Sassuolo-Milan e Inter-Sampdoria, con il loro bagaglio di promesse pre partita sulla correttezza e l’assoluta serietà con cui scenderanno in campo le avversarie delle due squadre che si giocano lo scudetto (credo che al Sassuolo manchi una dichiarazione dei magazzinieri e poi a tutti è stato chiesto se la squadra emiliana si scanserà contro i rossoneri). Dicevo, spiace per il vostro appassionante finale di stagione al ribasso, che assegnerà il titolo non alla più forte ma a quella che è stata meno peggio, ma domenica in Inghilterra ci sono Manchester City e Liverpool che si sfidano a distanza per il campionato. I ragazzi di Klopp giocano in casa contro i Wolves, le fighette di Pep a Manchester contro l’Aston Villa, due avversarie che come Sassuolo e Sampdoria non hanno obiettivi di classifica da raggiungere.

 

C’è però un fatto interessante, e cioè che l’allenatore dell’Aston Villa è Steven Gerrard, ex capitano del Liverpool, idolo dei tifosi dei Reds e simbolo di una squadra che con lui ha vinto la Champions (proprio contro il Milan in rimonta) ma non la Premier League. Gerrard è anzi quello che una Premier la fece perdere al Liverpool quando praticamente ce l’aveva in mano, scivolando su uno sciagurato pallone a centrocampo contro il Chelsea di Mourinho e dando il via a un contropiede letale degli avversari da cui i Reds non si ripresero più. Altro che “Consigli è tifoso del Milan”, a Manchester domenica va in scena un incrocio per cuori forti, con Gerrard che se potesse si metterebbe in campo pure lui per impedire alla squadra di Guardiola di vincere il campionato.

 

Voi consolatevi con la sfida minore tra Inter e Milan, dopo che per una settimana vi siete raccontati – credendoci – che l’Italia poteva essere ripescata ai Mondiali al posto dell’Ecuador (sempre di calcio del terzo mondo si tratta, in fondo). Poi vi siete svegliati più bagnati delle mie labbra quando affondano nella mia bionda al pub, e vi siete consolati facendo retorica a pacchi sugli addii dei calciatori: la sceneggiata napoletana di Insigne e le lacrime di Dybala su tutti (che bravo Chiellini che non ha pianto, avercene). E a proposito di emozioni forti, confesso di avere tifato Rangers nella finale di Europa League (sono pur sempre britannici) ma di avere segretamente brindato ai meravigliosi tifosi dell’Eintracht Francoforte, gente seria che ha addirittura rimandato i matrimoni previsti in città quel giorno per seguire la finale senza inutili distrazioni. Finale diventata un incubo per Aaron Ramsey, gallese che ha fatto perdere a una squadra scozzese una coppa attesa da decenni per colpa della scellerata decisione del suo allenatore, che ha fatto l’unica cosa che non bisogna mai fare prima dei rigori in una finale, e cioè fare entrare un rigorista un minuto prima.

 

Quando l’ho visto, mi è tornata in mente la finale dell’Europeo persa contro una delle squadre più scarse d’Europa e ho pensato che errori così non li farebbero nemmeno negli Stati Uniti, dove hanno appena introdotto l’equal pay: calciatori e calciatrici saranno pagati uguali. E bravi gli americani, che ne fanno finalmente una giusta: sono talmente consapevoli di essere delle mezze seghe che hanno deciso di pagare i maschi come le femmine.