(Foto di Ansa) 

L'accordo

Il calcio femminile non è più per dilettanti

Mariarosa Maioli

Il Consiglio della Figc ha completato il passaggio dal dilettantismo al professionismo per le calciatrici italiane dal 1 luglio. Ecco cosa cambierà per atlete e club

Dal luglio 2022 le calciatrici italiane potranno considerarsi professioniste: la Figc nel consiglio di martedì 26 aprile ha ultimato gli ultimi passaggi per completare l'iter burocratico iniziato nel 2019. Fu dopo il raggiungimento dei quarti di finale del Mondiale femminile che il presidente della Federazione Gabriele Gravina aveva iniziato le pratiche per dare alle calciatrici lo status di professioniste: "Il processo per il calcio femminile è definitivo, finalmente ci sono le norme che disciplinano l'attività e l'esercizio del professionismo del calcio femminile, è una giornata importante, dall'1 luglio inizia il percorso" ha annunciato il presidente federale al termine del consiglio.

 

Gabriele Gravina è stato il primo presidente federale del Coni a concedere un diritto che le federazioni di altre discipline sportive ancora non hanno toccato: in realtà anche per il pallone i passaggi non sono filati lisci. "C'è stata qualche piccola resistenza della Lega di A che riteneva di proporre un eventuale rinvio ma poi abbiamo raggiunto un accordo perché non si poteva tornare indietro. Quando si delibera qualcosa bisogna essere coerenti” ha detto il presidente. La Serie A infatti aveva inizialmente votato contro nonostante avesse espresso valutazione favorevole in assemblea interna. Un momento di incomprensione che ha acceso la discussione con protagonista Claudio Lotito, presidente della Lazio Women appena retrocessa in Serie B. Ma "rinviare non ha senso" ha tuonato Gravina; "solo un malinteso" ha liquidato successivamente Lotito per giustificare la necessità di ricorrere a una seconda votazione.

 


 

Cosa cambia per le calciatrici che giocano in Italia?

Da luglio le calciatrici non saranno più compensate tramite rimborsi e accordi privati ma tramite contratti: Assocalciatori e Figc hanno fissato il salario minimo a 26 mila euro, cifra su cui si aggirano gli stipendi dei colleghi maschili della Serie C; qualche calciatrice che ha ricavato uno stipendio maggiore c'è stata ma dal 1 luglio sarà tutto regolamentato. E i contratti essendo tali prevederanno anche il versamento dei contributi previdenziali e le varie tutele assicurative, pensione e maternità incluse. 

 

Anche per i club il passaggio al professionismo vedrà delle modifiche: non essendo più dilettantistici dovranno adattarsi alla Legge 91 sul professionismo, diventando dunque società di capitali, come quelle che passano dalla Serie D alla Serie C. L'iscrizione al campionato comporterà una fideiussione di 800 mila euro e ogni club dovrà essere dotato di uno stadio da almeno 500 posti e questo potrebbe essere il problema principale per una parte dei club.

 

Diventerà più facile ingaggiare calciatrici extracomunitarie che potranno ottenere i permessi di soggiorno per motivi di lavoro e che potranno essere attratte da un calciomercato più strutturato, con la possibilità di plusvalenze, vendendo calciatrici del settore giovanile o acquistate a basso prezzo. 

 

D'ora in poi i costi per le squadre aumenteranno: dal milione e mezzo di spesa degli ultimi anni si passerà ad un aumento del 60, forse dell'80 per cento attutito dal finanziamento da parte della Figc di 3 milioni e mezzo di euro all’anno di contributi governativi. Nonostante gli ingressi importanti, nella Serie A militano anche squadre minori che dovranno richiedere introiti importanti per poter reggere i costi, almeno nei primi tempi.

  

Non manca però lo scetticismo, da parte di chi teme che il movimento non possa reggere e possa collassare su sè stesso: il calcio maschile vive soprattutto di sponsor, pubblicità e soprattutto dell'immagine dei singoli calciatori che portano alle squadre un'attenzione senza eguali negli sport italiani. Magari il calciomercato potrà essere una via per incentivare gli investimenti nel settore, i club maggiori dovranno far confluire parte degli introiti nelle casse del femminile che potrebbe attuare logiche di marketing diverse da quelle del calcio maschile, vertendo l'attenzione su valori diversi, come "passione, determinazione ed eleganza." ha proposto la presidente della Divisione calcio femminile Ludovica Mantovani. Il balzo dal dilettantismo al professionismo può essere considerato un salto nel vuoto, in chiave economica, alzando l'asticella senza avere effettivamente il giro di capitale che servirebbe. 

 

"Dal passato, al presente verso il futuro… Esultiamo insieme per la vittoria più bella!!! Finalemente il professionismo!!!" ha postato su Instagram l'allenatrice della Nazionale. Una soddisfazione che non comporta solo la generazione attuale ma un'intera categoria, la cui speranza di equiparazione è sempre stata la stessa: Elisabetta Vignotto, ex attaccante classe 1954, quando ci si allenava la sera dopo lavoro e ai brand non passava neanche l'idea di personalizzare le divise femminili, sorride alla notizia "Vent’anni da capitano, quante ne ho viste e sentite... Benvenuto professionismo: ora vedremo di cosa si tratta."

Di più su questi argomenti: