il foglio sportivo

I segreti dell'Essere Ferrari

Umberto Zapelloni

Ecco come e perché il Cavallino rampante è tornato a vincere

Essere Ferrari. Quelle due parole diventate uno slogan, adesso hanno un significato ancora più speciale. Essere Ferrari nell’idea del presidente John Elkann vuol dire “far parte di una Squadra unica, proiettata verso il futuro, in cui le persone sono il patrimonio più importante”. Che cosa sia quella squadra lo abbiamo capito una volta di più la settimana scorsa in Bahrain quando dopo 912 giorni, è tornata a vincere, quasi a stravincere. “Non ho mai dubitato della forza di questo team, anche se qualcuno l’ha fatto. Dopo i problemi del 2020 ci siamo uniti ancora di più. Proprio in quei momenti era necessario fare da parafulmine per lasciare i ragazzi a lavorare tranquilli”, ha raccontato Mattia Binotto, il responsabile della gestione sportiva, il team principal per dirla all’inglese, ma anche una delle parodie più riuscite di Maurizio Crozza. Il suo “stiamo cercando di capire” era diventato un tormentone irresistibile che faceva sorridere lo stesso Binotto che mentre cercava di capire continuava a ripetere “stiamo lavorando per il 2022”. Adesso che il 2022 è arrivato, la Ferrari è ritornata subito a vincere interrompendo il secondo digiuno più lungo della sua storia. Binotto è stato di parola.

Non sarà sempre come in Bahrain, ma i dati raccolti nei test invernali e nel primo weekend di gara, raccontano di una monoposto particolarmente riuscita con la storia già nel suo nome, F1-75, una dedica ai 75 anni della casa di Maranello che nel marzo del 1947 accese per la prima volta un motore su una macchina che portava il nome dell’Ingegnere. Già nella data di fondazione c’è un insegnamento: Enzo Ferrari ha cominciato una nuova vita a 49 anni, non esattamente un’età giovanile negli anni del dopoguerra. Nei giorni scorsi per Centauria, ho pubblicato un libro intitolato “La storia della Ferrari in 50 ritratti” con le illustrazioni di Alessandro Ventrella. Nella prefazione del libro (composto dai ritratti dei 50 personaggi che a parer mio ne hanno segnato la storia, non solo in Formula 1) c’è una prefazione che racconta le origini del mito e una lunga intervista a Piero Ferrari, il figlio del Drake, l’unico erede dell’ingegnere, diventato dopo la quotazione in Borsa della casa di Maranello, uno degli uomini più ricchi d’Italia. Ecco un passaggio:

Ingegner Piero, chi era Enzo Ferrari?

“Enzo Ferrari era mio padre. Un padre un po’ speciale e particolare. Mi ricordo da bambino che quando veniva a casa portava sempre qualcosa, non arrivava mai a mani vuote… ogni quindici giorni mi regalava “Topolino”… era sempre una festa. Però, pensandoci oggi, il suo carattere lo riconosco già da allora”.

Qual era il carattere di suo padre?

“Era deciso, anche duro, intransigente. Tutti lo vedevano così. Ma il suo era anche un atteggiamento. Sotto sotto lui non voleva farsi vedere affettuoso, dolce, ma in realtà nella sostanza era anche così. C’era una differenza tra com’era veramente e come voleva apparire. Le persone spesso vogliono apparire in modo diverso a seconda dell’interlocutore che hanno di fronte”.

Lei infatti lo ha anche paragonato al cubo di Rubik: un camaleonte con una faccia diversa a seconda che fosse sul lavoro, in famiglia, o nei suoi rapporti con le donne e con la politica.

“Si sapeva adattare, riusciva a cambiare i suoi atteggiamenti. È riuscito ad attraversare due guerre mondiali, la crisi petrolifera degli anni Settanta, a reinventarsi quando aveva cinquant’anni… Ha avuto il carattere per passare indenne in tutto questo. Ha sempre saputo, anche nei momenti più difficili, gestire nel modo migliore i rapporti personali”.

Qual è l’insegnamento principale che le ha lasciato?

“Nel mondo del lavoro, quello di guardare sempre avanti. La sua lezione era di non soffermarsi troppo sul passato. È importante perché è esperienza, perché devi imparare dagli errori che hai fatto, ma bisogna guardare sempre avanti perché domani raccoglierai i frutti di quello che fai oggi. Ho sempre cercato di farlo e questo è il mio approccio alla vita”.

Qual è il primo compito che le ha assegnato quando è entrato in Ferrari?

“Mettere in ordine l’archivio dei pezzi rotti, quello conosciuto come il ‘museo degli errori’. Un modo di dirmi di guardare al passato per non dimenticare gli errori commessi, però ricordandosi che nella vita bisogna sempre pensare al futuro perché il passato non è modificabile”.

La stessa filosofia che adottava con le sue auto.

“Esatto. La miglior Ferrari sarà sempre la prossima”.

Questa volta c’è una discreta possibilità che la miglior Ferrari sia quella che anche in questo fine settimana in Arabia Saudita proverà a battere la Red Bull e la Mercedes. “Questa gara ci insegna che serve la perfezione per vincere. E noi siamo stati perfetti”, ha detto Mattia Binotto dopo la doppietta in Bahrain. La perfezione in pista e la genialità di un pilota come Charles Leclerc che dalla sofferenza degli anni scorsi è uscito ancora più forte. “Sono stato davvero molto felice di vederlo guidare e vincere in quel modo a Spa e a Monza qualche anno fa. In quei giorni gli ho ricordato anche che lui è venuto alla Ferrari quando c’era qualcuno che adesso non c’è più, Sergio Marchionne. Marchionne guardava con me le sue gare in Formula 2 e mi diceva che quel ragazzo prometteva bene. Aveva ragione”, mi ha raccontato Piero Ferrari qualche settimana prima dell’inizio del campionato in tempi non sospetti.

Essere Ferrari oggi significa fare parte di un’azienda diventata leggenda, di una Scuderia che ha vinto più di ogni altra in Formula 1.

Essere Ferrari oggi significa fare parte di un’azienda diventata leggenda, di una Scuderia che ha vinto più di ogni altra in Formula 1 dove però non conquista un campionato del mondo dal 2007. Ci sono stati periodi di astinenza decisamente più lunghi (1979-2000), ma la Ferrari c’è  sempre stata. Oggi si sta ricostruendo dopo aver attraversato il deserto, aver ricostruito la squadra tre-quattro volte, cambiando presidenti, responsabili della gestione sportiva, ingegneri e piloti. Nell’ultimo periodo però nonostante la mancanza di risultati si è deciso di insistere sulla stessa squadra, di crederci e di compattarsi attorno a Mattia Binotto, ma soprattutto a Charles Leclerc, il predestinato che in una stagione quasi fallimentare come la scorsa, invece di sfaldarsi, si è ricaricato riuscendo a migliorare i suoi difetti. La squadra è il segreto di questa ennesima rinascita. Il primo passo è stato fatto. Per capire fino a dove arriverà bisognerà avere pazienza.

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