AP Photo/Pierre Philippe Marcou, Pool

Facce da Euro 2020

Marcus Berg, bistrattato di Svezia

Francesco Gottardi

È il secondo marcatore in attività della nazionale dopo Ibrahimovic. Tra gli ultimi della 'vecchia guardia'. Peccato che siano dovute intervenire le forze dell'ordine, per salvarlo dal linciaggio social

Qualche giorno fa, sulle pagine del Foglio, Roberto Perrone conferiva il poco invidiabile premio di “peggiori tifosi di una Nazionale del mondo” a noi italiani, borbottoni e occasionali. Può darsi, ma la concorrenza è fitta. Fino alla Svezia. Al diavolo la fantomatica cultura sportiva dei paesi del nord: dopo il debutto europeo contro la Spagna – per la cronaca, buon 0-0 e girone in discesa – la Federcalcio di Stoccolma aveva deciso di rivolgersi perfino alla polizia per tutelare il suo attaccante Marcus Berg. Motivo: un gol mangiato sottoporta nella ripresa. Brutto, ma s’è visto pure di peggio. Eppure tra web e social i cosiddetti tifosi si sono inferociti contro il numero 9 “ben oltre il limite dell’accettabile”, dice la Svezia. Sempre per la cronaca – non che l’assenza di cv costituirebbe attenuante –, stiamo parlando di un giocatore da 89 presenze e 24 gol in nazionale. A meno due da quel lampo che fu Brolin, simbolo gialloblù dello storico terzo posto ai Mondiali americani. Riconoscenza, questa sconosciuta.

In quel 1994, Berg aveva 8 anni: “Per la mia generazione era tutto così speciale”, racconterà a Sport 360. “Per via del fuso stavamo svegli fino a notte fonda, portando amici e famiglie a casa durante ogni partita. E con le giocate di quella Svezia, potevamo solo sognare di vivere un altro Mondiale come quello”. Lui ci sarebbe riuscito davvero – ahinoi, Ventura e quant’altro – a Russia 2018. Una cavalcata insospettabile, fino ai quarti di finale che i ragazzi di Janne Andersson inseguono anche questa sera all’Europeo contro l’Ucraina. Come tre anni fa nessun grande nome (Forsberg?), il ritorno mancato di Ibra e la forza del gruppo a farla da padrone. È la Svezia a doppia velocità: da un lato il talento leggero della gioventù – Isak, Kulusevski –, dall’altro il peso silenzioso dell’esperienza. Lustig e Granqvist in difesa, Sebastian Larsson a centrocampo, Berg in attacco. 35 anni e 100 caps di media, una storia comune iniziata con qualche amichevole tra 2006 e 2008, quindi proseguita nell’ombra dei mestieranti – quattro flop di fila fra Europei e Mondiali – fino a quello schiaffo all’Italia che tutto cambiò.

 

Loro sono i reduci fra quei bambini incollati alla tv davanti a Brolin e Ravelli. Forse all’ultima chiamata. Rispetto agli altri tre però, Berg ha dovuto fare i conti con la scomoda etichetta di giovane promessa. Nessuno prima e dopo di lui è mai riuscito a segnare 7 gol – valsi un altro bronzo svedese, in miniatura – in una singola edizione di un Europeo U21: sembrava la resistenza del centravanti puro, cresciuto nel Goteborg ed esploso al Groningen in Eredivisie, nell’alba dei falsi nueve dilaganti. Anno 2009. Per Marcus invece la grande chiamata – Amburgo, Bundesliga – sarà un flop da 5 reti in tre campionati. Non si dimostra un fuoriclasse. Ma un buon giocatore, che trova la sua dimensione in realtà di secondo livello – Grecia, Emirati, oggi a Krasnodar in Russia – fino a superare comunque la soglia simbolica dei 300 gol in carriera.

Eppure Berg continua a piacere poco. Sarà per carattere – padre di famiglia piuttosto introverso, per sua stessa ammissione –, sarà perché svernato presto, lontano dall’orbita calda del grande calcio. E non che la Svezia sguazzi nell’abbondanza di goleador. Il numero uno è fuori dal giro. “Con tutto il dovuto rispetto: Berg? Quante partite sono passate...venti di fila e non ha ancora segnato. Fossi stato al suo posto mi avrebbero cazziato già alla seconda. Non è abbastanza bravo”. Boom. Povero Marcus: un paio d’anni fa pure l’attacco frontale di re Zlatan. Volàno a lungo raggio, shitstorm alla mano. Se poi stasera il 9 fa doppietta, prepariamoci all’amnesia social: “Grande, come Brolin!”. Tanto tutto scivola. No?

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