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Euro 2020

I peggiori tifosi di una Nazionale del mondo siamo noi italiani

Roberto Perrone

Seguiamo poco gli Azzurri e ci lamentiamo sempre, persino quando vincono. Un piccolo trattato, senza giudizio morale

C’è troppo entusiasmo. No, ce n’è troppo poco. Questo è un trattatello sui peggiori tifosi di una Nazionale del mondo, cioè noi italiani. Non è un giudizio morale. Un po’ sì dai, ma è soprattutto un dato statistico. Noi, in Europa, siamo agli ultimi posti. Sovranisti, ma non nel football. Forse siamo davanti a Lussemburgo, Liechtenstein e Andorra, ma a San Marino no, sicuro. Basta poco per i distinguo, le telecronache enfatiche ad esempio, come testimonia Antonio Padellaro sul Fatto: “Mi sono sorpreso a tifare per i rubizzi gallesi”. 

A proposito di Italia-Galles, ma gli olandesi avrebbero fischiato Donnarumma, ritornato Dollarumma? I danesi avrebbero fatto prevalere il colore del club su quello della Nazionale? Mai, ma noi siamo il paese dei campanili (e anche dei campanelli). Come chiarì, papale, Francesco Totti dopo il Mondiale 2006: “Lo scudetto con la Roma vale di più”. Noi siamo quelli che a fine giugno del 1970, mentre all’Azteca lucidavano l’ottone della targa che recitava “Qui si è giocata Italia-Germania 4-3, la partita del secolo”, tiravamo i pomodori ai nostri che tornavano dal Messico dopo aver perso la finale con il Brasile di Pelé, Rivelino, Tostao, Jairzinho e compagnia sambante.

Nel 1990 si giocò Italia-Argentina a Napoli, il reame  di re Diego. Ricorda Beppe Bergomi: “Non dico che i napoletani abbiano tifato contro, però non abbiamo sentito lo stesso entusiasmo di Roma”. Insomma viva l’Italia, ma senza turbare il Pibe, tentato dal clan dei marsigliesi di Bernard Tapie. Noi siamo quelli dell’inchiesta su Italia-Camerun nel 1982. La cito perché, se ci crediamo oppure no (la pistola fumante non è mai stata trovata) noi, anche quando vinciamo, troviamo il marcio. C’è sempre un complotto. Arrigo Sacchi si prese un botto di insulti dopo aver perso ai rigori la finale del 1994 con il Brasile. E pure la rivelazione postdatata: avrebbe impiegato Roberto Baggio a mezzo servizio su pressione degli sponsor. Quando non esiste una combine più o meno accertata, per non sbagliare la evochiamo. Umberto Bossi, prima della decisiva Italia-Slovacchia, Mondiale 2010: “Tanto se la comprano (notare la terza persona plurale, ndr) e l’anno prossimo ci saranno due o tre slovacchi in Italia”. Invece finimmo mazziati. A proposito di politica, dopo la bella cavalcata di Euro 2000, terminata con la beffa al 90’ di Wiltord e il golden gol di Trezeguet nei supplementari, Berlusconi attaccò super Dino: “Non si poteva lasciare Zidane così libero, anche un dilettante l’avrebbe visto”. Si scatenò l’onda lunga dei partiti. Veltroni e Melandri e anche l’alleato Fini sconfessarono il Berlusca. Giuliano Amato, capo del governo, si tirò fuori: “Non mi presto a queste indirette polemiche politiche”.

Siamo tifosi indiretti. Diretti solo dalle semifinali in su.

Ho seguito sette Mondiali e cinque Europei. Ho visto, fin dall’inizio, schiere (spesso pericolose) di inglesi, olandesi, danesi, svedesi, tedeschi. Mai di italiani. Solo manipoli in ordine sparso. Nel 2004, in Portogallo, avevo un blog e lo scrissi. Venni subissato, quando non di insulti, di risposte che si assomigliavano: loro si prendono le ferie per seguire la Nazionale, io vado a Champoluc, Forte dei Marmi, Jesolo o Capalbio (che scoprimmo nel 1990 con la botta di intellettuale snobismo nei confronti delle Notti Magiche) e non sarà lei a dirmi cosa devo fare delle mie vacanze. Ci mancherebbe, era cronaca. Ripeto: siete i peggiori, ma non è (del tutto) un giudizio morale. Noi siamo quelli che dicono: ah, sai, sono un po’ freddino dopo tutte le delusioni che mi ha dato la Nazionale. Ah sì? Nel 1966, quando noi affondavamo per colpa di un dentista nordcoreano che non era un dentista (però era più divertente la prima), l’Inghilterra vinceva il Mondiale, unico titolo della sua storia calcistica. Da allora l’Italia ha giocato quattro finali ai Mondiali (due vittorie) e tre agli Europei (una vittoria); l’Inghilterra zero. Loro continuano a seguire la loro Nazionale in massa, noi con i distinguo.

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