AP Photo/Olaf Kraak

ce lo chiede l'europeo

Danza con maschi tossici. Weekend davanti all'Europeo di uno che non ne sa niente

Manuel Peruzzo

Dal dramma con miracolo in Danimarca, fino alla bellezza del gioco ammirata ad Amsterdam: guida occasionale a Euro 2020

Il calcio, regno dell’insulto omofobo e razzista, degli sputi da cecchino, delle snariciate nel gomito covid-friendly, dei culi di marmo inquadrati in slow motion erotico, degli insulti all’arbitro alla squadra avversaria al negher milionario o allo zingaro in campo, e dei tifosi ignorantissimi che perdono i sensi e l’intelletto e ballano sugli spalti come scimmie urlanti, s’è trasformato per qualche ora nel luogo inclusivo per eccellenza, we are the world we are the children, lasciamoci tutti contagiare dall’amore e dall’umanità, siamo tutti fratelli e balle varie. Com’è successo? Con un dramma e un miracolo, come direbbe un cronista brocco d'eccezione, che sarei io.


 
Il dramma è la perdita dei sensi di Christian Eriksen al 43’ di Danimarca-Finlandia, il miracolo è il capitano Simon Kjaer che ha soccorso il compagno caduto a terra spostandogli la lingua per evitare soffocasse, ha fatto scudo coi corpi della squadra proteggendolo dalle telecamere (ma dandoci qualcosa di meglio da vedere di un uomo morente) ha consolato la moglie in lacrime di Eriksen. Tutto documentato in foto che resteranno immagini tra le migliori di questo Europeo. E mentre tutto questo accadeva, i media (e il regista) decidevano cosa farne di quello spettacolo fuori programma, se registrare o meno i soccorritori col defibrillatore, la barella pronta e i lenzuoli bianchi per proteggere il corpo incosciente di Eriksen, i compagni di gioco in lacrime. Forse Simon Kjaer potrebbe essere usato per scomporre la categoria di maschio bianco occidentale, che nella testa di molti rappresenta il tossico e prevaricatore, in quella ben più spendibile di eroe o addirittura dell’indicibile “vero uomo” (usato a sproposito nei reality terroni e tra camerati).
 


La responsabilità dei media per ciò che mostrano è un tema delicato. La notizia sconfina facilmente in pornografia, e i moralisti si arrabbiano. Gli spettatori hanno sfogato il malessere in due modi: si sono spesi in preghiere e si son messi a cercare il colpevole, a twittare “vergona!”, a condannare i cronisti, le telecamere, gli articoli col video del malore, e contemporaneamente condividevano sulle proprie timeline tutti quei contenuti, ma con una frase patetica e emotiva, l'emoji a cuore o a preghiera: se lo fanno i media è per cattiva coscienza, se lo faccio io è perché sono in buona fede. E come interpretare la partita che ricomincia mentre la barella esce fuori campo? Cinismo della legge dello spettacolo che non può interrompersi o professionismo di chi non si ferma neppure di fronte a una tragedia? Tutto si è risolto, o quasi, con le dichiarazioni di Eriksen che pare abbia detto: “Grazie a tutti, non mollo”. Classico lieto fine.


 
“Ma perché fanno scrivere te di calcio”, vi starete chiedendo, anziché di danza, più da culi allegri. Perché anche al Foglio ci tengono all’inclusivity e perché per soldi faccio tutto: anche guardare Austria-Macedonia (che non guardano neppure i macedoni), o Galles-Svizzera (due non-nazioni così noiose che hanno pareggiato), o Belgio-Russia: coi primi in ginocchio contro il razzismo per imitare gli americani, e con il pubblico di Pietroburgo che li fischiava (forse era meglio a seggiole vuote e ringraziare il covid). I russi han perso e Lukaku anziché fischiarli ha dedicato il gol a Eriksen.


 
Siccome, come dice Paola Ferrari, consuetamente illuminata a giorno, “quello che conta veramente sono i gol” (come partecipare, come le canzoni a Sanremo: cioè mica è vero), dovrei parlarvi anche di quello e non solo dei drammi. E quindi è il momento di parlare di culo. Non quello di Memphis Depay, o dei giocatori olandesi, squadra molto interraziale, ma il mio. Ho avuto quel che in mancanza di parole migliori descriverò come fortuna di poter assistere non solo allo spettacolo della resurrezione di Eriksen (“Christian se n'era andato, praticamente era morto”, ha detto il dottor Morten Boesen, che come nome non promette niente di bene), ma anche a una delle migliori partite giocate finora, cioè Olanda-Ucraina, così bella da piacere anche a me, che di calcio ne so quanto di astrofisica.


 
E cosa dovrei dirvi? Leggo che l’Ucraina ha perso sei gare di fila negli Europei, che Maarten Stekelenburg (38 anni, 264 giorni) è il giocatore più anziano a scendere in campo con l'Olanda (e se questi boomer non fossero poi tanto male?). O forse dovrei parlarvi del gol di testa di Dumfries o della magia di Yarmolenko che ha fatto tornare l’Ucraina squadra in partita? No, perché non saprei che dirvi di più di quanto potete leggere in ogni resoconto, e perché il motivo per cui mi hanno proposto di seguire queste partite è che non interessavano neppure a quelli che le hanno giocate. Nonostante tutto, però, ho riconosciuto in Olanda-Ucraina (ma in Ucraina giocano a calcio?) una bella partita. Sarà perché, come dice un amico le calciatrici diventano sempre più mascoline (incapaci di giocare comunque), i calciatori sembrano ballerini frocissimi: il calcio ormai è danza, ma coi maschi tossici che sanno anche dimostrare d’essere leali. Forse è per questo che mi son divertito?

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