(foto LaPresse)

Tranquilli, la Superlega avrà gli arbitri. Bravi e ben pagati

Grandi fischietti hanno lasciato l'Europa per guadagnare in Arabia Saudita e Cina. Le minacce sono armi spuntatissime

Matteo Matzuzzi

Il problema è un altro e cioè il potenziale clamoroso conflitto d'interesse: Florentino Perez è il presidente del Real, ma anche il presidente del nuovo organismo

Tra le varie minacce subito partite all’indirizzo dei dodici club ribelli c’è stata quella delle Federazioni nazionali: e gli arbitri dove li prendete? Perché è chiaro che, anche in epoca di Var e di goal line technology, un arbitro (e i suoi assistenti) ci vuole. Poiché i fischietti sono membri  tesserati delle singole Federazioni e non personal trainer da prenotare quando si vuole, il problema è serio: se viene loro negata la possibilità di dirigere le partite della Superlega, chi lo farà?  In realtà, la minaccia di lasciare le partite senza fischietti è un’arma spuntatissima: un arbitro sa bene che a 45 anni  – poco più o poco meno, dipende da bocciature e deroghe – la sua carriera è finita.  Davanti alla prospettiva di un lauto compenso che lo possa sistemare per il resto dell’esistenza non faticherà ad accettare. Succede già negli altri sport, dove – è il caso dell’Eurolega – arbitri pensionati in patria vengono contrattualizzati. Risultato: si divertono e guadagnano parecchio e pazienza per il “legame” sentimentale con la federazione d’origine.  

 

Ma accade anche nel calcio, basti pensare all’ex enfant prodige inglese Mark Clattenburg, arbitro della finale dell’ultimo Europeo giocato (Francia-Portogallo, 2016) e, sempre nello stesso anno, della finale di Champions League tra Real Madrid e Atletico. Ebbene, quando mancavano pochi mesi al Mondiale russo del 2018, Clattenburg ha salutato tutti: basta con la Premier League e trasferimento in Arabia Saudita per coordinare il locale movimento arbitrale. E’ facile intuire che non sia stata una decisione dettata da particolari stimoli sportivi o dalla volontà di costruire nuovi fenomeni del settore. Un anno dopo, Clattenburg è andato ancora più a est, in Cina, stavolta in veste di arbitro effettivo. Nessuna fuga né mistero: “Devo guardare in prospettiva la mia carriera a lungo termine. Per quanto tempo posso essere un arbitro?”, aveva detto in un’intervista. Insieme a lui, in Cina, c’era il serbo Milorad Mazic, arbitro di primissima fascia, incluso nell’élite dell’Uefa e direttore di gara della finale di Champions 2018 (Real-Liverpool). Ancora prima, in Arabia, era andato il mitico Howard Webb, arbitro dell’ultimo atto del Mondiale 2010 tra Spagna e Olanda. Anche lui con la qualifica di istruttore. Insomma, davanti a una prospettiva economica parecchio allettante non c’è legame federale che tenga né spazio per sentimentalismi: gli arbitri non sono soldati inquadrati in un esercito, possono andare a lavorare dove vogliono.

 

C’è poi un’altra questione non secondaria: il presidente del nuovo organismo è Florentino Perez, che è anche patron assai attivo del Real Madrid, e gli arbitri della novella competizione saranno verosimilmente pagati dai club. Insomma, un potenziale e clamoroso cortocircuito con conflitti d’interesse a non finire. Quale potrà mai essere la serenità di un direttore di gara chiamato a dirigere Barcellona-Real Madrid di Superlega quando accomodato in tribuna vedrà Perez che è anche il suo capo? Imbarazzi a parte, la questione dovrà essere affrontata. I maggiorenti del nuovo organismo cercheranno il meglio su piazza, magari un ex grande arbitro cui affidare la selezione delle terne (o quaterne) da spedire sui campi. Discorsi, comunque, prematuri. Di certo, la minaccia di chi oggi promette di lasciare i magnifici dodici squadroni in campo senza arbitri risulta poco credibile.
 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.