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Per capire come potrà essere la Superlega, guardiamo l'Eurolega di basket

Umberto Zapelloni

La pallacanestro europea l'ha già fatta vent’anni fa, e funziona. Con qualche differenza

Il basket ci è arrivato da più di vent’anni. Un po’ come era già capitato con la moviola in campo che tra i canestri assegnò il suo primo scudetto italiano con l’instant replay già nel 2005. Sempre più avanti questi giganti. Il calcio insegue da anni il modello dell’Eurolega che è molto diverso da quello Nba. Tanto che Andrea Agnelli è stato segnalato diverse volte a Barcellona nel quartier generale dell’Eurolega. Vuole costruirsi un campionato europeo in cui le squadre migliori (che spesso sono anche le più ricche) siano sicure di partecipare. Vuole cancellare la meritocrazia, la qualificazione sul campo che è poi quella cosa che ha sui campionati europei lo stesso effetto delle bollicine nello spumante. Provate voi a berlo sgasato. Pur partendo da un concetto che pare inaccettabile e rischierebbe di troncare sul nascere favole come quella del Leicester o dell’Atalanta, alla fine potrebbe costruire lo spettacolo migliore che c’è. Al basket è successo così. Oggi in Eurolega si gioca la miglior pallacanestro del mondo, migliore anche di quella Nba.

 

“Più che convivere con l’Eurolega, noi dobbiamo sopportarla”, butta lì Gianni Petrucci, uomo di sport prima che presidente della Federazione basket, filosoficamente contrario al concetto di superlega, ma politicamente bravissimo a scegliere la retta via: “Dobbiamo combattere solo le battaglie che sappiamo di poter vincere”, aggiunge. Sa bene che mettersi contro al gotha dello sport può essere impossibile. Nel 2015 Fip e Coni ci hanno provato ancora, ma poi hanno firmato una nuova tregua. Il basket europeo nel 2000 ci provò. Quando l’Unione delle leghe europee (Uleb) approfittò di una dimenticanza della Federazione internazionale (Fiba) e fondò l’Eurolega per un anno in Europa si giocarono due coppe dei campioni. Da una parte l’Euroleague dell’Uleb, dall’altra la Suproleague della Fiba. Annunciato lo scisma il 9 giugno, a ottobre la nuova coppa alzava già la palla a due. Quell’anno ci furono due squadre campioni d’Europa: la Virtus Bologna e il Maccabi Tel Aviv. L’Europa spezzata in due non poteva durare. Il muro contro muro non avrebbe portato da nessuna parte e così nacque l’Eurolega con 18 squadre che si affrontano in un girone all’italiana con andata e ritorno e le prime 8 che vanno ai playoff (su 5 partite) per qualificare le migliori quattro alle Final Four, uno spettacolo american style che oggi è diventato il migliore possibile su un parquet. Undici delle diciotto squadre sono iscritte di diritto, sono le cosiddette fondatrici, due vengono invitate e cinque si qualificano dai migliori campionati europei e dalla seconda coppa. Ogni tre anni i requisiti delle undici vengono ricontrollati sulla base dei risultati del triennio, della capienza dei palazzetti, del bacino di pubblico. Funziona eccome. Ma per le squadre italiane è meglio dare un’occhiata alle statistiche. Quando in Europa c’era solo la Coppa del campioni l’Italia la vinse 12 volte con Varese, Milano, Bologna, Cantù e Roma. Bologna con la Virtus ha vinto l’edizione con due coppe. Poi, da quando è nata l’Eurolega di oggi, nessuna italiana l’ha più vinta anche perché vi partecipa una sola nostra squadra, l’Olimpia Milano vestita Armani che quest’anno sta accarezzando il grande sogno. Questo è un messaggio, neppure troppo in codice, per Juve, Milan e Inter.

 

Il basket è riuscito a far convivere l’Eurolega con i campionati nazionali, nonostante l’affollamento dei calendari. Anzi, i campionati nazionali si piegano alle esigenze dell’Eurolega. In Italia, ad esempio, le date dei playoff vengono decise dal percorso dell’Olimpia in Europa. Se esce subito i playoff partono prima, altrimenti si aspetta. Quando ci fu da decidere, la Fiba si rese conto che non poteva rinunciare alle migliori squadre europee. Tu puoi anche buttarle fuori, ma poi che ti resta se loro si prendono i giocatori migliori, i palazzetti più belli, la fetta più grande della torta economica e perfino gli arbitri migliori. Se in una settimana da una parte si giocano Real Madrid-Milan e Inter-Barcellona e dall’altra Atalanta-Fiorentina e Sampdoria-Genoa chi si porterà via il numero di spettatori più alto? E’ brutto da dire, ma viviamo in un mondo in cui un giocatore può considerare inadeguato un contratto da 8 milioni di euro a stagione. La differenza più grande tra il grande scisma del basket e quello del calcio è che quella volta non si mossero governi, capi di stato, opinion leader. Manca solo Papa Francesco che ultimamente frequenta molto il bar sport. La scissione passò quasi inosservata lontano dai canestri. Oggi invece siamo in mezzo a un terremoto dagli effetti imprevedibili.

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