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Il calcio in Francia sta passando un momentaccio

Andrea Romano

Alle spalle del Paris Saint-Germain c'è il vuoto. E, almeno in Europa, nemmeno i parigini se la stanno passando benissimo. Dentro la crisi del pallone francese

La faccenda segue sempre lo stesso copione. In un primo momento si dissimula, si minimizza, si afferma ad alta voce che le cose non stanno andando poi così male. Subito dopo si cerca un alibi o, meglio ancora, qualcuno a cui addossare la colpa. È solo quando ci si ritrova con la spalle al muro che si decide di giocare l’ultima carta, quella della schiettezza. Serve a far capire che si è consapevoli della gravità della situazione. E che si sta scandagliando la propria calotta cranica alla ricerca di una soluzione. Una carta che André Villas Boas ha deciso di calare tre settimane fa. "Per far cagare in Champions League devi prima riuscire a qualificarti alla Champions League - aveva detto ai giornalisti - Noi ci siamo qualificati e ora stiamo facendo cagare". Parole private esplicitate in pubblico, come in una poesia di T.S. Eliot. Frasi che hanno finito con il grattugiare i nervi di tifosi e dirigenti. Perché sono vere.

  

In tre partite di Champions l’Olympique Marsiglia ha messo insieme soltanto sconfitte. Contro il Manchester City. Contro il Porto. Addirittura contro l’Olympiakos. E in 270 minuti non è riuscito a segnare neanche un misero gol. Non che la campagna europea delle altre francesi stia andando poi meglio. Il Rennes ha strappato appena un punto. In casa, contro il Krasnodar. Il PSG ha piegato il Başakşehir ma è stato battuto da Manchester United e Lipsia. Anche in Europa League, la competizione che proprio Villas Boas ha ribattezzato la “Coppa dei perdenti”, il bilancio è piuttosto desolante. Certo, il Lille ha sorpreso il Milan e si è preso la testa del Gruppo H, ma per le altre transalpine ci sono state solo sofferenze. Anche piuttosto atroci. Lo Stade de Reims è stato buttato fuori dal Videoton nel turno preliminare. Il Nizza è terzo a pari merito, quindi ultimo, con l’Hapoel Beer-Sheeva. Un quadro a tinte fosche che tratteggia alla perfezione quello che è diventato il campionato francese: un torneo periferico, trascurato e trascurabile, una competizione dove nessuno riesce a competere davvero.

 

Negli ultimi 30 anni la Ligue 1 è stata vinta da 10 club diversi. Nessun altro torneo del Vecchio Continente è stato così aperto. E non è necessariamente un bene. Perché l’estrema alternanza non ha permesso al blasone di espandersi e cristallizzarsi, di creare un numero ristretto di squadre in grado di competere ogni anno per diritto acquisito. Gli unici due club ad aver aperto un ciclo sono stati l’Olympique Marsiglia e il Lione. Il dominio dei biancazzurri è terminato con lo scandalo del caso Valenciennes e la retrocessione. Quello dei Les Gones, dopo un settennato di successi, è stato interrotto da una contrazione degli investimenti. Per il resto il titolo di campione di Francia è stato conquistato da meteore, da realtà troppo piccole per potersi insediare sul trono in maniera definitiva. Un giacobinismo che ha ghigliottinato la nobiltà calcistica fino a estirparla.

 

 

Almeno fino all’estate del 2011, quando il PSG non è finito nelle mani della Qatar Investment Authority. Allora il calcio francese si è trovato davanti a un monarca ancora più assoluto di Luigi XIV. Un tiranno il cui motto non è più “lo Stato sono io” ma “Ici c’est Paris”. Pensare di rovesciare la corona è un esercizio che va oltre l’ottimismo.

 

Il valore della rosa del Paris Saint Germain è di quasi 900 milioni di euro. Quella del Marsiglia, secondo nella scorsa stagione, di 225. In Serie A, quindi non esattamente nel torneo più in salute d’Europa, ci sono 8 squadre con un valore più alto dell’OM. Lottare è difficile. E forse diventerà addirittura impossibile nei prossimi mesi. Nel 2018, infatti, la Ligue 1 ha venduto i diritti televisivi per il quadriennio 2020-2024 a Mediapro in cambio di 780 milioni a stagione. Una cifra spropositata per un torneo con un appeal piuttosto limitato, ma che avrebbe dato l’opportunità ai club di fascia media di trattenere i giocatori più interessanti. Poi è arrivato il Covid-19 e la situazione si è fatta piuttosto complicata. Mediapro non solo non ha provveduto al bonifico di 172 milioni che avrebbe dovuto effettuare il 5 di ottobre, ma ha anche chiesto di rivedere le somme dovute alla lega. Ovviamente al ribasso. Vincent Labrune, presidente della Ligue de football professionnel, ha detto che si aspetta che "Mediapro rispetti i suoi accordi e che, come minimo, dimostri responsabilità". Ma l’ottimismo è solo di facciata. Perché se il broadcaster non dovesse pagare neanche la rata in scadenza il prossimo 5 dicembre molti club francesi non sarebbero più in grado di sostenere le proprie spese. Il torneo transalpino si ritroverebbe senza borghesia e senza classe media. E con un monarca assoluto pronto ad approfittarne. Se gli altri dovessero avere fame, beh, che mangino pure brioche.

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