Il merito di Stefano Pioli

Il Milan è, con l'Atalanta, la squadra che sta facendo meglio in Serie A dopo la pausa imposta dalla pandemia. La conferma dell'allenatore alla guida dei rossoneri e i piani per il futuro

Leo Lombardi

In Italia non è fenomeno abituale: premiare la meritocrazia. Nel calcio, come in gran parte delle attività, contano le entrature, contano i rapporti, contano gli appoggi. Eppure è successo, in maniera totalmente inaspettata. È capitato al Milan, dove Stefano Pioli andava ad accomodarsi in panchina con la scadenza indicata chiaramente sulla schiena. Avrebbe dovuto congedarsi a fine stagione per fare spazio a Ralf Rangnick, pronto a presentarsi sotto forma di un ircocervo mai visto nel pallone italiano: allenatore e, al tempo stesso, direttore tecnico. Una figura abituale da altre parti (il famoso manager), che avrebbe dovuto proiettare il Milan in una nuova dimensione. Ma, nel giro di poche ore, l'ipotesi è collassata, dopo essere stata costruita passo dopo passo da fine novembre all'altro giorno.

    

Ragnick ha gettato la spugna quando ha capito che avrebbe dovuto condividere le proprie scelte: direttore tecnico sì, ma allenatore… Questo per colpa di Pioli, perché il tecnico, alle prese con un personalissimo miglio verde, lo ha a poco a poco allontanato con i risultati e con il gioco. Il Milan, dopo la pausa obbligata per il lockdown, si è rivelata la squadra più in forma insieme con l'Atalanta: identico cammino per le avversarie del prossimo turno, sette vittorie e due pareggi. Come si suol dire, un ritmo scudetto.

   

Ma se dai bergamaschi era lecito aspettarsi un passo simile, da parte rossonera si è rivelato un sorpresa, ricordando il congedo con una sconfitta interna contro il Genoa prima dello stop. Il Milan attuale è una squadra fatta di personalità e di sostanza tecnica. Pioli ha rilanciato elementi che si pensavano perduti alla causa come Hakan Cahlanoglu e Franck Kessie, non ha avuto problemi a lanciare novità come Alexis Saelemaekers, ha ridato sicurezze ad Alessio Romagnoli e Gigio Donnarumma, ha fatto riscoprire le qualità in attacco di Ante Rebic, ha sfruttato al meglio la straripante personalità di Zlatan Ibrahimovic. Lo ha fatto a modo suo, limando e perfezionando quanto aveva in casa, senza cercare nemici all'esterno come il dirimpettaio cittadino Antonio Conte.

  

Un lavoro che ha ridato al Milan una dignità perduta e a Pioli un orizzonte temporale più ampio, derivante dal passo indietro della società. Il direttore generale Ivan Gazidis ha indetto una conferenza stampa per sottolineare “di aver letto e sentito in questi sei mesi cose molto imprecise” sulla vicenda Rangnick. Come se le clamorose dimissioni di Zvonimir Boban, per essere stato tagliato fuori dalle decisioni, e le parole velenose di Paolo Maldini all'indirizzo del manager della Red Bull non avessero fondamenta: molto improbabile. Più veritiero il giudizio positivo su Pioli, originato dal modo in cui ha gestito con serenità le difficoltà di questo periodo. Un'abitudine che aveva quando giocava in difesa vincendo (parecchio) con la Juventus e mantenuta anche in stagioni recenti non fortunate, come l'esonero alla Lazio, dopo aver perso malamente un derby con la Roma, quello all'Inter, dopo essere subentrato in corsa, e quello alla Fiorentina, dopo aver perso in casa con il Frosinone. Al Milan, poi, non era stato neppure una prima scelta quando si cercava un successore dopo l'esonero di Marco Giampaolo: il club aveva puntato tutto su Luciano Spalletti, salvo dover poi fare marcia indietro per il mancato accordo tra tecnico e Inter, con cui era ancora sotto contratto. A Pioli la società ha garantito un contratto biennale e la possibilità di non partire da zero nel nuovo progetto che dovrà riportare i rossoneri in Champions League. Un accordo che garantisce il club anche nei confronti di quei big (Donnarumma per primo) che potrebbero cercare soldi e gloria altrove, ma che hanno legato nel tempo con un tecnico che oggi riparte saldo in sella. E quindi con un potere di attrazione che altri non avrebbero avuto. Un primo passo, importante, cui dovranno seguirne di altrettanto importanti per restituire al Milan agli onori di un campionato sfiancato dal nono scudetto consecutivo della Juventus ormai alla porte.

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