elaborazione grafica di Enrico Cicchetti su foto LaPresse

il foglio sportivo – il ritratto di bonanza

Ibrahimovic-Pioli, il doppio che funziona

Alessandro Bonan

I due insieme rasentano la perfezione, si completano nel corpo e nell’anima. L'attaccante è il cattivo a cui manca la bontà dei perversi. L'allenatore è il buono in cerca di un maleficio che lo giustifichi come santo

[Anticipiamo un articolo del numero del Foglio Sportivo in edicola domani e domenica. L'edizione di sabato 25 e domenica 26 luglio la potete scaricare qui dalle 23,30 di venerdì 24 luglio]

  


 

Forse ha avuto paura, il favoleggiato Rangnick. E già per spaventare un tedesco ce ne vuole. Ma a sfidare la sorte spesso ci si rimettono le penne. Così lui, il tedesco, Gadzidis, il sudafricano, Singer, l’americano e Scaroni, l’italiano, hanno deciso che fosse il caso di lasciare tutto invariato, che il dopo promette di più con quello che c’è adesso. Ma, nella conferma di Pioli alla guida del Milan, si inserisce un elemento non previsto: il doppio, o per dirla alla tedesca, il Doppelgänger.

   

La figura, un po’ sinistra, è stata teorizzata anche dal grande Sigmund Freud. In letteratura e al cinema si è materializzata nelle complesse personalità di Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Quella proiezione maligna di sé, l’io cattivo visto con la coda dell’occhio, o del diavolo dato che di Milan stiamo parlando. Pioli si è completato, è diventato uomo grazie a un altro uomo. Il sogno, direbbe Sigmund, tralasciando per un attimo la sfera sessuale che nulla c’entra con questa storia. Ibra e il suo alter, il buon Stefano. Pioli e la sua ombra malefica e anche un po’ magica, Ibracadabra. I due insieme rasentano la perfezione, si completano nel corpo e nell’anima. Ibrahimovic è il cattivo a cui manca la bontà dei perversi, che pure i fuorilegge ce l’hanno. Pioli è il buono in cerca di un maleficio che lo giustifichi come santo, che anche i preti lo posseggono (e qui si rischia la scomunica, direttore). Il dicotomico soggetto, il minotauro con la testa del toro e il corpo di un uomo, il doppio sogno per dirla alla Schnitzler, messo in panchina, funziona alla grande.

 

Pioli senza Ibrahimovic è uno splendido allenatore, con in testa un calcio illuminato, una persona profonda e intelligente, una guida sicura per chi vuole viaggiare guardando le stelle. Ma con Ibra il viaggio di Pioli si potenzia così tanto da trasformare le stelle in una scia. Pioli è come un attore uscito da un film di Truffaut, intenso, malinconico e a tratti drammatico. Ha un sorriso buono che si perde nella sabbia di una barba vagamente sacerdotale, in un fisico da asceta. Nel calcio girano squali con le gambe, Pioli aveva bisogno di un suo guardiano per non farsi mordere alle spalle, mentre Zlatan cercava un fratello che lo calmasse nei frangenti tempestosi.

 

Insieme hanno ricondotto il Milan nel territorio della dignità sportiva che compete a una società così gloriosa e sempre insieme hanno respinto la tentazione, giunta dall’alto, di affidarsi allo straniero che sembrava fosse il tutto senza che poco o nulla conoscessimo di lui. E adesso, ancora insieme, dovranno proseguire il lavoro, perché di strada da fare ce n’è tanta, e da soli, i due, potrebbero anche perdersi, sacrificando il sogno di raggiungere, nel doppio, la perfezione.

Di più su questi argomenti: