Franck Kessié (foto LaPresse)

Il nuovo-vecchio Kessié

Leo Lombardi

Dopo la pausa lockdown il Milan ha cambiato passo. Merito anche dell'ivoriano che sembra essere tornato ai livelli di quando aveva conquistato tutti giocando nell'Atalanta

Ci sono stati due Milan completamente differenti in questa balzana stagione 2020-21, e ai tifosi piace decisamente la seconda versione, quella vista al ritorno in campo dopo lo stop per la pandemia. I rossoneri si erano congedati l'8 marzo, con una mesta sconfitta per 2-1 in casa contro un Genoa impegnato nella lotta per non retrocedere. Si sono riaffacciati il 12 giugno, nella semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Juventus. Subito si è capito che qualcosa era cambiato, con una prestazione che aveva messo in difficoltà i bianconeri: uno 0-0 che significava eliminazione e, al tempo stesso, una botta di ottimismo verso il futuro.

 

E il campionato ha confermato nei fatti tale sensazione, con 17 punti raccolti nel giro di sette partite. Un solo mezzo passaggio a vuoto, il 2-2 in casa della Spal, ma dopo aver tirato 39 volte verso la porta avversaria, come non accadeva dal 2013. Tra i risultati, poi, il 4-2 alla Juventus: una vittoria che non si vedeva da tempo e diventa già epica per la rimonta, ribaltando con tre reti in cinque minuti il 2-0 altrui. In classifica le cose non è che siano mutate eccessivamente: dall'ottavo posto pre-Covid al settimo attuale. Ciò che è cambiato radicalmente è l'atteggiamento sul campo, diventato quello di una squadra in fiducia. Alcuni singoli sono letteralmente irriconoscibili rispetto a qualche mese fa, come Hakan Çalhanoğlu (due assist e un gol nel 3-1 al Parma dell'ultimo turno) o come Andrea Conti, tornato un giocatore credibile sulla fascia destra. Su tutti c'è però sicuramente Franck Kessié, uno che sembrava perduto alla causa e che è tornato protagonista di prepotenza, a smentire la fama di come gli ex atalantini si trasformino in elementi normali una volta salutata la comfort zone di Zingonia.

 

L'ivoriano è straripante come gli capitava in maglia nerazzurra: prestazioni impeccabili dal punto visto tattico, esuberanza fisica e nuova confidenza con il gol. Sono tre nelle ultime tre partite, con il gioiello regalato mercoledì contro il Parma, un gran tiro dalla distanza andato a infilarsi con traiettoria tesa e sicura all'incrocio dei pali. Partite che hanno trasformato in folla adorante i critici di ieri. Critici che, a ben vedere, qualche ragione l'avevano. Strappato nel 2017 alla concorrenza della Roma, Kessié era approdato al Milan in un'operazione da 32 milioni complessivi. Era stato facile innamorarsi di questo centrocampista ventenne, che aveva trasformato la stagione del debutto in Serie A in una passerella da applausi. Personalità straripante ed enorme autostima (vedi il rigore della vittoria al 90' con la Roma, dopo una manciata di partite) lo avevano reso insostituibile per Gian Piero Gasperini e appetibile per i grandi club. Al Milan era sembrato logico cominciare da lui l'opera di rilancio post-berlusconiano, ma alle speranze non erano seguiti i fatti, per una squadra costruita con diverse pecche. Per carità, Kessié era stato tra i più dignitosi nelle prime due stagioni, ma senza regalare quei picchi ammirati in nerazzurro. Anzi, mettendosi in mostra per episodi di insubordinazione, come il clamoroso litigio con Lucas Biglia per un cambio mal digerito nel derby durante la gestione Gattuso.

 

Una situazione che, invece di migliorare, sembrava deteriorarsi nell'annata attuale. Messo al centro della squadra da Marco Giampaolo, aveva rischiato di smarrirsi con Stefano Pioli. Non per scelta tecnica, ma per scelta personale, che conduceva a un'indolenza mal sopportata in allenamento e a ritardi poco graditi. Da qui alla punizione il passo è stato breve, con la mancata convocazione a inizio novembre contro Lazio e Juventus. Due episodi che, unitamente alle prestazioni poco brillanti, avevano posto l'ivoriano al centro di operazioni in uscita al mercato di gennaio: sia per disfarsi di lui, sia per realizzare un po' di benefica cassa. Non se ne è fatto nulla. Anzi, il vedersi mettere in discussione ha agito in senso positivo su Kessié. Partite sempre più convincenti prima dello stop, e oggi tornate a livelli atalantini anche per una collocazione più centrale nel nuovo assetto di centrocampo, in cui più che la corsa vengono richieste saggezza tattica e potenza fisica: “Sempre presente nei momenti difficili di una partita”, sottolinea Pioli. E un'ulteriore chiave di lettura l'ha fornita Massimo Ambrosini, uno che conosce bene il Milan, quando ha sottolineato come il fatto di giocare senza pubblico abbia sgravato i giocatori di un peso, in certi casi. Come potrebbe essere avvenuto per Kessié, diventato mattone essenziale della casa Milan proprio in un momento di pericolosa transizione: via Zvonimir Boban, in partenza Paolo Maldini, sicuro del congedo Pioli, per fare spazio all'ibrido Ralf Rangnick, nel ruolo (mai visto in Italia) di allenatore-manager. Gli assegnano capacità di talent-scout, farsi sfuggire il nuovo-vecchio Kessié sarebbe peccato mortale.

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