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Il calcio dopo il Covid sarà territorio di conquista di fondi multinazionali?

Francesco Caremani

Molti club sono entrati in crisi a causa della pandemia. E questo sport rimane fonte di interesse per gruppi che vogliono investire nell'intrattenimento globale

Il calcio alla cartina tornasole del Covid-19 è un settore industriale e commerciale in sofferenza come e, forse, più di tanti altri. Stretto tra lo spettro dell’untore e quello dell’incipiente crisi economica, della quale nessuno al momento può calcolare la vastità. E adesso terreno di speculazioni economiche e finanziarie alla luce del sole. “Gli effetti del coronavirus sull’industria mondiale del football sono sotto gli occhi di tutti e per molti club sarà difficile sopravvivere, aprendo mercati prima insperati”, ha dichiarato a Forbes Joseph DaGrosa, presidente della GACP Sports, con sede in Florida, e socio di Hugo Varela nel Kapital Football Group. Gruppo che ha intenzione di acquistare una squadra di Premier League, magari di secondo piano, ma di grande tradizione, che possa diventare il trampolino di lancio di un progetto di lungo periodo: “Da un punto di vista macro crediamo che il football sia un grande investimento e data la situazione pensiamo di poter comprare un club con uno sconto che può oscillare dal 50 al 70 per cento”, ha sottolineato DaGrosa.

  

Il modello è quello del CFG, City Football Group, holding controllata dal fondo Abu Dhabi United Group for Development and Investment, che possiede Manchester City, New York City FC, Melbourne FC, Yokohama F Marinos, Atletico Torque, Girona e Sichuan Jiuniu. Prima del lockdown il CFG era pronto ad acquistare anche i francesi dell’AS Nancy-Lorraine per una cifra che oscillava dai 12 ai 18 milioni di euro; trattativa saltata per via della pandemia mettendo in discussione l’esistenza del club transalpino, per acquistare il titolo del quale, dopo, potrebbe essere più facile e meno dispendioso. L’holding degli Emirati Arabi Uniti è stata valutata 4,8 miliardi di dollari e alla fine del 2019 ha ceduto il suo 10 per cento alla società d’investimento Silver Lake con sede nella Silicon Valley, per 500 milioni di dollari. Un investimento globale e locale al tempo stesso, che porta acqua principalmente al mulino del Manchester City.

 

Il multilocalismo non è altro che una strategia economia perseguita dalle multinazionali, una strategia che si sta rafforzando in questo periodo di crisi, dove la pandemia ha messo in difficoltà i meccanismi classici della globalizzazione. L’idea del CFG è quella di diventare una società d’intrattenimento globale, con squadre di calcio sparse nei cinque continenti, sotto un’unica bandiera, capaci di creare profitto localmente con l’opportunità, al tempo stesso, di stipulare contratti globali di sponsorizzazione più vantaggiosi e remunerativi per il gruppo.

 

Il desiderio di Joseph DaGrosa, che attraverso la GACP Sports possiede Soccerex, il più grande organizzatore planetario di conferenze a tema calcistico, e Hugo Varela è quello di replicare il modello del City Football Group. Nel frattempo la GACP Sports ha venduto il Bordeaux tredici mesi dopo l’acquisto. Azione che potrebbe sembrare un controsenso, ma che sottolinea un aspetto conosciuto. L’appeal della Premier League e del calcio inglese a livello globale non ha eguali ed è una cosa che non si può ricreare in laboratorio né comprare al mercato, a meno che non si acquisti un club di Premier League di un certo peso. Iniziare poi a vincere, ad ampliare il parco dei fan nel mondo e utilizzare tutto ciò come trampolino di lancio per nuove acquisizioni in altri campionati. La strategia è così studiata: comprare un club, definito di ancoraggio, nel calcio europeo ovviamente, poi da tre a cinque squadre satelliti in altri Paesi e continenti, infine una decina di accademie tra Asia, Africa e Sud America.

  

Joseph DaGrosa ha costruito la sua reputazione rilevando prima e facendo fruttare poi aziende in difficoltà, come ha fatto con la società di private equity 1848 Capital Partners acquistando 248 Burger King Franchising in bancarotta. A Bordeaux, però, ha già capito che il calcio non è un prodotto simile agli hamburger e segue logiche completamente differenti: “Indipendentemente dai nostri sentimenti personali abbiamo la responsabilità di proteggere il capitale che ci è stato affidato e questo è il nostro obiettivo principale. Detto ciò crediamo che non sia incoerente vincere sul campo e anche finanziariamente. Per questo pensiamo che adesso sia il momento d’iniziare un investimento di lungo termine nel calcio, partendo dalla Premier League e dalla possibilità di acquistare club importanti a condizioni molto vantaggiose”. Una speculazione dichiarata da società che si comportano come fondi d’investimento, contro i quali, in un periodo siffatto, la lotta della Fifa si fa sempre più debole. Quando si darà la colpa al Covid-19 ricordatevi, però, che il calcio è permeabile da decenni a tale tipo d’investimenti.

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