Foto LaPresse

il foglio sportivo – il ritratto di bonanza

Il castellano Sarri e il tempo

Alessandro Bonan

Non può essere questa la Juventus che l'allenatore immaginava. Il calcio però sa regalare resurrezioni improvvise e la sua squadra ha il tempo necessario per ritornare fuori dal sepolcro

Rumori di catene e ululati di lupi. Distese nebbiose, ombre sinistre e grida di dolore. Lo scenario è questo e ci mancava solo un fantasma con tanto di lenzuolo. È arrivato, si chiama Pep, l’inevitabile Guardiola. Maurizio Sarri è il castellano con grandi chiavi in mano arrugginite. Apre le porte delle segrete e non ci trova nulla dentro se non un’eco di accuse. Sarri ha la barba incolta, la tuta stazzonata, i soliti occhiali un po’ appannati. Vaga per il castello in cerca di sostegno, “speriamo che qualcuno mi aiuti”. Chi possa essere questo qualcuno non si sa. Eppure il castellano ha qualità, è un uomo intelligente che conosce il valore delle parole. Vive di calcio e lo sa spiegare ma, dicono a Torino, non riesce a farsi intendere. E nonostante il primato, vige la sensazione diffusa che si senta solo, alle prese con dubbi di calcio e di vita. Un allenatore è soprattutto un leader carismatico. Dov’è finito il mio carisma? – sembra chiedersi Sarri, che non a caso ha invocato sostegno. Ma chi aiuta un uomo messo in dubbio dal destino? Qual è il sapore di un bacio senza la necessaria passione? Di quanto si accorcia il tempo quando non c’è l’amore? Il castellano è solo mentre dalla torre più alta guarda i lampi che si avvicinano.

 

Contro il Milan, il temporale ha scelto di virare soltanto sul finale, ma la squadra è parsa attorcigliata su se stessa, come una giravolta di Dybala sul solito sinistro. Incatenata dalla pressione rossonera, cercava la giocata senza trovarla se non in zone piuttosto inutili del campo. Davanti, Ronaldo scattava senza costrutto e tutta l’azione si dipanava da fermo, come una corsa sopra il tapis roulant.

 

 

Ma non può essere questa la Juve che Sarri immaginava, anche se il calcio regala resurrezioni improvvise e la sua squadra ha il tempo necessario per ritornare fuori dal sepolcro e vincere quello che resta, essendo ciò che resta praticamente tutto. La storia di Maurizio Sarri è tanto bella da meritare una fine altrettanto felice. Invece, questo allenatore venuto dal nulla, dopo una trafila di studi forzati, dalle serali fino all’università del calcio, oggi si trova al centro di una domanda piuttosto fastidiosa: è l’uomo giusto per la Juventus? Rispondere adesso ha poco senso. Come chiedere a Sarri di guardare ai giocatori con l’umiltà di un peccatore. Perché nessun peccato macchia il lavoro di un uomo quando questo lavoro è fatto da una persona onesta. Diamogli ancora tempo, per dirla alla Fossati, perché “c’è un tempo per seminare, e uno più lungo per aspettare, …un tempo sognato che bisognava sognare”.

Di più su questi argomenti: