L'esistenzialismo del Milan tra Rodrigo Becão e Sartre

Il gol del difensore brasiliano in Udinese-Milan e i dubbi agostani dei tifosi rossoneri (e di Marco Giampaolo)

Gino Cervi

Rodrigo Nascimento França, nome all'anagrafe di Rodrigo Becão, è un difensore brasiliano di 23 anni. Gioca da qualche settimana nell'Udinese che lo ha acquistato nel corso del calciomercato estivo dallo Spartak Mosca. In Russia Rodrigo Becão ha giocato una sola stagione. Prima aveva passato quattro anni tra giovanili e prima squadra con la maglia del Bahia, non molte da titolare. In totale non più di una sessantina di partite e una sola rete. Ma, essendo difensore, non gli si è mai chiesto di segnare.

 

A dire il vero non glielo si chiedeva neppure domenica quando, al 71’ ha messo in rete il secondo gol della sua breve e, fino a oggi, non luminosa carriera. A venti minuti dalla fine di una partita in cui allo stadio di Udine si registravano straordinariamente più astemi che tiri in porta, su azione di calcio d’angolo il bahiano ha svettato su tutti quanti in area di rigore e, colpendo perentoriamente il pallone di testa, ha trafitto Gigio Donnarumma regalando all'Udinese la vittoria nella prima partita del campionato 2019-20 contro uno sconclusionatissimo Milan.

 

E adesso? Si chiedono quelli come me che aspettavano l'inizio del nuovo campionato come un bambino aspetta il Natale. Quei milanisti come me che da sette anni si illudono che la stagione che sta per iniziare sia almeno un po', dico un po’ migliore di quella appena finita.

 

E adesso? anzi, et maintenant?, si chiede Marco Giampaolo, l'allenatore con la faccia un po' così e con lo sguardo che sfugge a ogni intervista, forse per timidezza, forse per insondabile introversione.

 

Et maintenant, come cantava il grandissimo Gilbert Becaud il cui nome beffardamente suona simile a quello di Rodrigo Becão, il carneade di giornata.

 

 

"Et maintenant 
Que vais-je faire?
De tout ce temps 
Que sera ma vie..."

 

In conferenza stampa l'inclinazione esistenzialista di Giampaolo Sartre ha subito preso la piega del dubbio. Del tipo: “Ma Piątek non è forse meglio che giochi da solo in attacco, libero da condivisioni di responsabilità nelle dinamiche offensive?”.

 

"Et maintenant 
Que vais-je faire?
Vers quel néant 
Glissera ma vie?"

 

Del resto proprio come il suo omonimo pensatore francese Giampaolo sa che la Storia, quella con la S maiuscola, non si può prevedere che direzione prenderà domani.

 

"Vous, mes amis
Soyez gentils
Vous savez bien 
Que l'on n'y peut rien"

 

Ma dal momento che l'esistenzialismo è un umanismo non può venire meno l'aspetto della solidarietà, della comprensione fraterna tra esseri. E tuttavia sarebbe inappropriato non riconoscere quanto la situazione tutta abbia un che di tragicomico. Al pathos sapor di 'nduja di Rino Gattuso ora succede un’ombrosa e incespicante teoretica tattico-esistenzialistica: "Molti dei miei giocatori non li ho ancora potuti conoscere né sul campo né nel loro vissuto", ha detto Giampaolo sempre in conferenza stampa.

 

"Et maintenant 
Que vais-je faire
Je vais en rire 
Pour ne plus pleurer".

 

Filosofo per filosofo, pessimismo per pessimismo...

“Et puis un soir 
Dans mon miroir
Je verrai bien 
La fin du chemin
Pas une fleur 
Et pas de pleurs
Au moment de 
L'adieu...”

 

tanto valeva fossimo andati a chiedere consiglio a colui che Gianni Brera aveva ribattezzato “lo Schopenhauer della Bovisa”, Osvaldo Bagnoli, l'ultimo allenatore a essere riuscito a vincere uno scudetto in provincia, a Verona, ma soprattutto nell'ultima stagione (1984-85) in cui gli arbitri venivano destinati alle partite per sorteggio e non per designazione (vorrà pur dire qualcosa, sub specie peditatis?). Bagnoli era un grande semplificatore di pensiero: per lui, nel mistero-senza-fine-bello del football, quel che contava era sintetizzabile nel celebre assioma in rigoroso dialetto milanese, anzi bovisasco: "El tersin el fa el tersin, el median el fa el median". E va là che vai bene.

 

Insomma, tra Rodrigo e Gilbert, tra Becão e Becaud, passando per Giampaolo e Sartre, il passo è breve e potrebbe essere esistenzialmente ancor più breve di quanto ci si possa immaginare. Perché nella Milano del football è appena passato il Ferragosto ma già si pensa a chi mangerà il panettone.

Di più su questi argomenti: