José Mourinho (foto LaPresse)

Guardare Mourinho in Premier League e capire che questo è il suo anno

Jack O'Malley

Il Manchester United tra i gol di Lukaku e il ritorno di Ibra

Manchester. Segnatevelo sul telefono, o sul poggiabicchiere al pub: questo è l’anno del Manchester United. Lo scrivo ben consapevole che quasi tutte le profezie sportive fatte su queste pagine hanno vita più breve di una promessa di Mino Raiola o di un pensiero lineare di Antonio Cassano. Non è il brandy a farmi vaneggiare, ma la semplice osservazione della realtà. Statisticamente il secondo anno di Mourinho sulla stessa panchina è quello che va meglio, perché il portoghese ha avuto il tempo di formare il suo gruppo di fedelissimi nello spogliatoio, la squadra ha recepito quello che vuole ma soprattutto la società lo ha accontentato sul mercato. Lo Special One ha iniziato la Premier League con tre vittorie in tre partite, dieci gol fatti e zero subiti. Dalle parti dell’Old Trafford Mou è diventato in poco tempo Dio, impresa non facile dati i trascorsi al Chelsea. I tre “tituli” della passata stagione sono solo un assaggio di quello che i Red Devils potrebbero vincere quest’anno. Che Mou abbia la piazza ai suoi piedi si è visto nella perfetta gestione del caso Rooney: il capitano dei record, l’attaccante che ha vinto tutto con la maglia dei Red Devils, il simbolo dell’attaccamento alla maglia e il giocatore che più di tutti dava l’esempio è stato scaricato senza troppe lacrime durante tutta la stagione: panchine in serie e pochi minuti in campo alternati a dichiarazioni di Mou sull’importanza di Rooney per lo spogliatoio e la storia del club. Risultato: il capitano ha lasciato Manchester dopo tredici anni, e nessuno ha detto niente allo Special One, il quale nel frattempo aveva ingaggiato quel bestione di Lukaku per l’attacco.

 

Ma l’operazione migliore dello United è stata quella di Ibrahimovic. Lo svedese al soldo di Raiola si era rotto il ginocchio in semifinale di Europa League lo scorso anno, dopo avere trascinato lo United fino a quel punto. Immediati i bollettini medici di commentatori e giornalisti: a 36 anni la sua carriera è finita, dicevano, non potrà più giocare ad alti livelli.

 

Ibra è stato zitto, ha cominciato subito la riabilitazione, e già poche settimane post-infortunio passeggiava per il campo dopo la vittoria della coppa, facendosi fotografare davanti allo striscione “Ibra, se resti ti faccio scopare mia moglie”. Per qualche mese Raiola non ha fatto niente, il contratto di Ibra è scaduto e radiomercato si è divertita a immaginarlo un po’ ovunque, dalla Juve al Milan (ma con la maglia rossonera quest’estate è stato immaginato chiunque). Ibra nel frattempo si è allenato, postando sui social network video e foto di lui sulla cyclette e in palestra, ha seguito il lancio del suo profumo e della sua linea di abbigliamento tamarra, ha prodotto un videogioco in cui lui è un supereroe e pochi giorni fa ha annunciato di avere firmato un altro anno di contratto con lo United. Capolavoro di Mourinho, che lo avrà come team manager per qualche mese, e poi di nuovo in campo quando il ginocchio reggerà. L’annuncio è stato dato con stile, e a chi si chiede se la convivenza con Lukaku sarà possibile basta ricordare un’intervista di Zlatan dell’aprile scorso: chi sono gli attaccanti più forti della Premier League, gli aveva chiesto il giornalista. “Penso che Lukaku sia forte, e anche Agüero”. “Perché non hai fatto il tuo nome?”, gli ha domandato sorpreso l’intervistatore. “Un leone non si paragona agli esseri umani”. E’ l’anno del Manchester United, se non è così offro una birra a tutti a fine stagione.