Il Leicester ha provato in tutti i modi a spaventare il Manchester United domenica, anche con le facce da mimo. Ha perso 3-0 (foto LaPresse)

That Win the Best

Conte spaventa la Premier, ma mai quanto Veltroni spaventa il calcio

Jack O'Malley

Il tecnico del Chelsea vive la stagione perfetta, con una buona dose di culo e avversari non all'altezza. La notizia dell'ex Pd alla guida della Lega Calcio è un caso tutto italiano di riciclo 

Leicester. Lo ammetto, Antonio Conte mi piace, ci piace. Ha portato quel tocco di meridione che serviva a Londra, che così affronterà con più tranquillità la Brexit. Ha fatto diventare i Blues una squadra praticamente impossibile da battere, ma soprattutto che non perde le partite decisive. Lavora sui nervi, Conte, sa che la vittoria nel calcio è brivido fugace, l’amore della piazza dura meno di un talk-show politico sulla Rai, chiede tutto e dà tutto in un paio di stagioni, poi lascia spogliatoio e ambiente senza forze come dopo un orgasmo.

 

Si lancia sulla folla, Conte, e tutti lo vogliono toccare, spettinare. Ha la giusta dose di culo e ha beccato un’annata con avversari che non reggono il suo ritmo. I giornali inglesi parlano solo di lui, inventando clamorosi retroscena su quando, durante Juve-Inter, si è alzato ed è andato via. Sta vivendo la stagione perfetta, Conte, nel campionato più bello, più ricco e più visto del mondo. Ha solo un modo per rovinare tutto: accettare l’offerta dell’Inter.

 

Ben diversa la condizione del povero Claudio Ranieri, preso a schiaffi da Mourinho domenica come all’andata e adesso addirittura a rischio esonero. Avrebbe dovuto sapere che nel calcio la riconoscenza è un sentimento che nasce tardi, quando gli anni hanno depositato sulle emozioni del presente la polvere della memoria. Lasciare la panchina del Leicester a metà stagione essendo ancora in corsa in Champions League e avendo scritto la storia del club meno di un anno fa sarebbe più triste e surreale di una nona finale persa da Hector Cuper, maestro spirituale di Jürgen Klopp in quanto a occasioni perse. Lasciatelo su quella panchina, per favore. Si faccia piuttosto ammenda dell’eccitazione generale dello scorso anno, quando vennero esaltati giocatori che oggi a malapena giocherebbero in serie A. All’Arsenal ancora ringraziano di non avere comprato Vardy, e i fenomeni delle Foxes esaltati da stampa e tv un anno fa faticano a sembrare giocatori normali. Colpa di Ranieri? Cambiate pub, per favore.

 


Carol Cabrino, moglie di Marquinhos, si chiede perplessa come farà a seguire il bel calcio adesso che è finita la Coppa d’Africa (foto da Instagram)


 

Quando ho letto che Walter Veltroni potrebbe diventare il nuovo capo della Lega Calcio ho pensato a un caso di omonimia. Quel Veltroni scrive romanzi, calca red carpet, parla di Patagonia e di Africa nei salotti, ciacola con Gianni Riotta, con il calcio c’entra poco, se non come appassionato, non può essere lui. Avevo come al solito sottovalutato l’abilità italiana del riciclarsi e del ripresentarsi. Grazie a Google ho scoperto che è stato anche il sindaco di Roma, il che mi ha indotto un pensiero malevolo: “Proprio come Virginia Raggi”, mi son detto. Almeno gli organi internazionali del calcio hanno una loro logica nell’assegnazione degli incarichi, equamente distribuiti fra i burocrati di professione, una specie di corpo di ambasciatori di grado che procede in avanti senza curarsi troppo degli eventi esterni (tagliata una testa ne ricresce un’altra, pelata come quella di Gianni Infantino), e gli ex calciatori che preferiscono il potere alla chiacchiera televisiva.

 

Entrambi i gruppi hanno i loro giganteschi problemi, ma almeno c’entrano qualcosa con il gioco, mentre il ritorno dalla finestra del politico di professione perso fra i festival letterari è una vetta arcitaliana. Spero per il calcio italiano, che ogni tanto produce qualche momento di decenza sportiva – il primo tempo di Juventus-Inter merita un plauso – non si faccia ammaliare dalla sua passione americana e non impari dunque dal Super Bowl, un evento utilissimo per ricordarci cosa non fare, in quale direzione non andare. Lo sport americano è quella cosa che avviene nei ritagli di tempo fra una pubblicità e una canzone patriottica, un’attività residuale e spettacolare che ha come scopo l’intrattenere, non il vincere e nemmeno il deprecabile partecipare di De Coubertin. Se quello è il risultato che si vuole ottenere, tanto vale mettere direttamente Lady Gaga a capo della Lega di serie A. 

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