Joseph Blatter (foto LaPresse)

Blatter, ancora tu? Il calcio che non cambia

Redazione

Mentre le indagini su mazzette e corruzione travolgono la Fifa, lui s’è fatto rieleggere come niente fosse. Ritratto di un inaffondabile di talento

«I giocatori del Fussball Club Visp hanno stropicciato gli occhi, quando nell’agosto di un anno fa hanno visto un elicottero rosso adagiarsi sull’erba del loro campetto sportivo incastonato nel Canton Vallese. Dalla scaletta è sceso il brasiliano Ronaldo: aveva la pancetta, ma era pur sempre il Fenomeno, arruolato con altre vecchie glorie, tutte in blue Adidas, per celebrare il centenario del Visp. Un evento Fifa in un paesino svizzero di settemila abitanti. Perché qui è nato Sepp Blatter, padrone del calcio mondiale. E se lui vuole, Ronaldo gioca nel suo giardino».

Francesco Saverio Intorcia, la Repubblica 28/5

 

I 150 milioni di mazzette descritti negli atti dell’Fbi e i sette dirigenti in carcere da mercoledì per corruzione non hanno spostato gli equilibri elettorali: venerdì sera Joseph Blatter è stato eletto per la quinta volta alla presidenza della Fifa. L’unico altro candidato, il principe di Giordania Ali bin Al Hussein, si è ritirato dopo una prima votazione in cui aveva preso 73 voti: Blatter ne aveva ottenuti 133, e a partire dalla seconda votazione gliene sarebbero bastati 105.

Gianni Santucci, Corriere della Sera 30/5

 

Per altri quattro anni guiderà la più importante organizzazione sportiva del mondo, che conta 209 paesi (più dell’Onu) e che nel triennio 2011-2014 ha fatturato 5,7 miliardi di dollari, ha un attivo di 338 milioni e 1,5 miliardi in cassa, secondo una recente inchiesta di Businessweek.

Gianni Dragoni, Il Sole 24 Ore 28/5

 

Fabio Licari: «Quest’uomo di quasi ottant’anni è una roccia quando si affaccia sul palco per l’ultima volta, con uno strafottente “l’età non è un problema, ci sono cinquantenni che sembrano più vecchi” E va a ruota libera: “Vi voglio bene, amo il mio lavoro. Non sono perfetto, ma nessuno lo è. Sono un uomo di fede, Dio e Allah ci aiuteranno a riportare in alto la Fifa”».

Fabio Licari, La Gazzetta dello Sport 30/5

 

Per capire quali siano i rapporti di forza fra Blatter (con i suoi sostenitori russi, africani e asiatici) e l’opposizione (euro-statunitense) occorrerà aspettare gli sviluppi delle due inchieste, una americana e una svizzera, che si stanno abbattendo sulla Fifa.

Fabio Monti, Corriere della Sera 30/5

 

Il procedimento giudiziario portato avanti dall’Fbi e dal ministero della Giustizia americano ha fatto emergere uno schema di corruzione sistematica, pervasiva e continuata che dura da almeno 24 anni. Una lista impressionante di reati (nel dettaglio sono 47 per 12 tipi differenti di accuse) che variano dalla corruzione al pagamento di tangenti per decine di milioni di dollari, dal riciclaggio di denaro all’evasione fiscale. Sette alti funzionari della Fifa (tra cui due vicepresidenti) arrestati mercoledì nel più lussuoso albergo di Zurigo e indagati insieme ad altre due dozzine di persone per «pratiche criminali». «E questo è solo l’inizio», hanno fatto sapere le autorità americane.

Alberto Flores D’Arcais, la Repubblica 28/5

 

La magistratura svizzera invece sta indagando sull’assegnazione dei Mondiali 2018 alla Russia e 2022 al Qatar, per i quali sospetti di corruzione sono emersi più volte in passato. Nessun arresto finora in questa inchiesta, le autorità elvetiche hanno fatto sapere di aver sequestrato materiali rilevanti dal quartier generale della Fifa a Zurigo.

Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 28/5

 

Blatter al momento non è indagato in nessuna delle due indagini. A difenderlo con forza ci ha pensato Vladimir Putin: «Qualunque cosa sia accaduta, non ha niente a che fare con gli Stati Uniti che ancora una volta tentano di estendere oltre ogni limite la loro giurisdizione».

Nicola Lombardozzi, la Repubblica 29/9

 

Nicola Lombardozzi: «Altro che pallone, questa è la nuova Guerra Fredda che torna a dividere il mondo in due blocchi. Lo scandalo Fifa, originato da un’indagine americana, fa pensare a Vladimir Putin, e alla stragrande maggioranza dei russi, che sia in atto un tentativo di boicottare o addirittura revocare i tanto attesi Mondiali 2018. Un affare da oltre venti miliardi di dollari che coinvolgerà undici stadi in dieci città, un’occasione per recuperare prestigio internazionale e far respirare l’economia».

Nicola Lombardozzi, la Repubblica 29/9

 

Nome: Joseph, Benjamin, Sepp. Cognome: Blatter. Nato: a Visp, Svizzera, valle del Rodano, il 16 marzo 1936. Altezza: un metro e sessantotto centimetri. Peso: variabile. Lingue parlate: tedesco, francese, inglese, italiano, spagnolo e qualcosa di portoghese. Titoli di studio: laurea in Scienze dell’amministrazione ed Economia all’università di Losanna. Sposato tre volte (Liliane Biner, Barbara Käser, Graziella Bianca). Una figlia (Corinne). Una nipote (Serena).

Tony Damascelli, il Giornale 28/5

 

Figlio di un dipendente di un’industria chimica, Joseph Blatter, ex colonnello dell’esercito, comincia come cronista sportivo, passa alla federazione hockey ghiaccio, approda come p.r. in Longines e, da lì, all’organizzazione dei Giochi invernali del ’72 e del ’76.

Fabio Monti, Corriere della Sera 28/5

 

Intanto sposa in seconde nozze Barbara Käser: il padre, Helmut, è il segretario generale della Fifa, dove Blatter entra nel ’75, responsabile dei programmi di sviluppo. Nell’81, è già sulla poltrona del suocero. Poi, da potentissimo segretario di Havelange, ne diventa presidente l’8 giugno 1998, quando sconfigge lo svedese Johansson, n. 1 dell’Uefa, sostenuto dall’Europa e fino alla sera prima dall’Africa, che, dopo una notte di riunioni, cambia idea e vota per Blatter.

Fabio Monti, Corriere della Sera 28/5

 

Racconta Intorcia: «Eccolo, il sistema Blatter. Quando punta alla presidenza, nel ’98, è sostenuto da Asia e Oceania. Viaggia sul jet dello sceicco qatariota Mohamed bin Hammam, non ha limiti di spesa. Lo sfida Lennart Johansson, presidente Uefa, che ha l’appoggio di Europa e Africa, ma al primo voto, a Parigi, è battuto e si ritira, anche se a Sepp manca il quorum. Perché? È successo qualcosa, nella notte, al Meridien Montparnasse Hotel. Il delegato somalo, Farah Weheliye Addo, racconterà di gente in coda per incassare mazzette: 50mila dollari prima del voto, altri 50mila dopo. La scarpa destra dopo la sinistra. Anni dopo, Blatter ammetterà: “Voti comprati, ma non si sa da chi”».

Francesco Saverio Intorcia, la Repubblica 28/5

 

Fabio Monti: «A lui i Grandi del pianeta calcio non sono mai interessati. Siccome nella Fifa tutti i Paesi hanno uguale peso elettorale, da sempre corteggia le nazioni emergenti: se gli inglesi gli sono ostili, ci sono sempre le Isole Cayman, dove inaugurare uno stadio, distribuire contributi, raccogliere applausi, in cambio della vicepresidenza per Jeffrey Webb».

Fabio Monti, Corriere della Sera 28/5

 

Nel 2002, vigilia del voto, il segretario Michel Zen-Ruffinen denuncia gli abusi di 11 membri dell’esecutivo e pagamenti non autorizzati dai conti Fifa. È costretto a dimettersi, lui, non Blatter, che invece batte Issa Hayatou, capo del calcio africano. Nel 2007 non ci riprova nessuno, Blatter vince per acclamazione. Nel 2011, riecco bin Hammam. Ma, accusato di tangenti da 40mila dollari ai delegati caraibici in un summit a Trinidad, prima nega e poi si ritira. Nel mirino finisce Jack Warner, ex numero due della Fifa: si dimette e ogni procedimento viene chiuso (ora, è coinvolto nel nuovo scandalo).

Francesco Saverio Intorcia, la Repubblica 28/5

 

Ricorda Gianni Dragoni: «Nel 2001 Blatter si trovò di fronte al fallimento della Isl, la chiacchierata società (svizzera, ovviamente) che commercializzava diritti sportivi per la Fifa. Blatter evitò il buco nei conti cartolarizzando i crediti per i diritti commerciali e tv del mondiale del 2002. A prendersene carico, per il 2002 e anche per il 2006, è stata la Infront, società svizzera dall’azionariato misterioso. I conti di Blatter con i 2,1 miliardi garantiti da Infront erano salvi. Nel 2006 al vertice della Infront è arrivato Philippe Blatter, nipote del presidente Fifa. La Infront nel 2011 è stata venduta da tre soci svizzeri al fondo britannico Bridgepoint, per 600 milioni. Tre mesi fa è stata comprata per 1,05 miliardi di euro dal gruppo cinese Wanda del miliardario Wang Jianlin. La Infront ha continuato a lavorare per la Fifa fino ai mondiali in Brasile del 2014, in Italia - guidata dall’ex Fininvest M. B. - è l’advisor della Lega per vendere i diritti tv della serie A. Alla guida del gruppo Infront c’è sempre il nipote di Blatter».

Gianni Dragoni, Il Sole 24 Ore 28/5

 

Luca Bianchin: «Ha promosso campagne per lo spray da arbitro, le espulsioni a tempo contro i simulatori, la normalizzazione dei gol in trasferta, la demonizzazione del fallo da dietro, la limitazione degli stranieri, il Mondiale ogni due anni. Non gli è riuscito proprio tutto ma insomma, è presidente da 17 anni e questo conta. I nemici dicono che rinuncerebbe a un milione per una carica e il senso è corretto: l’uomo è attratto dal potere più che dagli assegni. Le donne, probabilmente, stanno nel mezzo».

Luca Bianchin, La Gazzetta dello Sport 28/5

 

La terza moglie, Graziella Bianca, l’ha definito «uomo dalla doppia personalità, viscido come un delfino». Poi, ha ritrattato: l’hanno fraintesa, ha detto.

Francesco Saverio Intorcia, la Repubblica 28/5

 

Oggi il suo principale problema sono gli sponsor che potrebbero fuggire dalla Fifa. Giulia Zonca: «Fanno il loro interesse e nemmeno un plebiscito per Blatter avrebbe cancellato la settimana disastrosa. L’immagine della Fifa è ai minimi storici. Blatter lavora del 1998 per tenersi buoni gli elettori, ma ha contro l’opinione pubblica e i media. Un mondo che influenza i gusti. In più, il caso Nike insegna. Dopo un contratto monstre con il Brasile si ritrovano invischiati nell’inchiesta americana. La Coca-Cola ha reagito alle elezioni di Blatter: “Ora ci aspettiamo trasparenza”. E per il secessionismo anti Blatter potrebbe arrivare un fronte comune. I partner Fifa si sono consultati e non è esclusa una strategia collettiva per allontanarsi dall’onda lunga della corruzione».

Giulia Zonca, La Stampa 30/5

 

 

a cura di Luca D’Ammando

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