"Parenti serpenti" (1992) di Mario Monicelli

Saverio ma giusto

Il Natale "no contact" nell'èra dell'ipersensibilità

Saverio Raimondo

La famiglia può mettere a disagio, certo. Ma anche per questo è il primo terreno della crescita e della convivenza, perché così funziona il mondo reale

La tendenza di questo Natale 2025 è il “no contact”: figli che non tornano a casa per Natale, manco una telefonata per fare gli auguri, zero contatti – appunto – con la famiglia d’origine, specie con i genitori. E’ la moda di quest’anno, online l’hashtag #nocontact fa proseliti e si diffonde: nel mondo sempre più figli rivendicano il tagliare i ponti con la propria famiglia come strategia di sopravvivenza (niente di meno!) e benessere psicologico.

In effetti, se in casa ci sono stati casi di abusi, violenze, o i conflitti famigliari hanno travalicato il limite, tagliare i ponti mi pare il minimo – anzi, il minimo in certi casi è chiamare i carabinieri, magari proprio a Natale, così mangiano loro il cibo che avanza. Ma in questo eccesso di sensibilità nel quale viviamo immersi negli ultimi anni, in questa perenne fragilità esibita in modo patologicamente narcisistico e vittimistico, in questo mondo egoriferito dove tutti questi traumi sono messi in mostra come trofei da ammirare e compatire (e vista l’epoca, invidiare: oggi non sei nessuno se non hai un bel trauma!), non dubito che dietro alcuni “no contact” si celino in realtà banalissime liti famigliari, incomprensioni, rancori, frustrazioni, repressioni, non detti, complessi, sensi di colpa, recriminazioni,  eredità contese, insomma: i rapporti famigliari. La famiglia è l’humus che nutre e fa crescere ogni nostra insicurezza, ogni nostra debolezza, ogni nostro errore; ma appunto, è sempre stato così e sempre lo sarà, dalle caverne fino a oggi e oltre – passando per la famiglia Agnelli. Non facciamola tanto lunga.

La famiglia (ognuna “infelice a modo suo”, diceva Tolstoj) è il primo terreno della convivenza perché, con quegli esseri immondi che ci sono toccati in sorte come parenti, impariamo a sopportare: super-potere a dir poco necessario in questo mondo così fastidioso. Per sopravvivere in certe famiglie non occorre tagliare i ponti, basta riscoprire una tanto semplice quanto basilare regola di civiltà: l’ipocrisia, grande virtù pacifista. La famiglia mette a disagio, ma così è il mondo reale – che, vi ricordo, non è fatto per girare attorno a noi; quindi se non si è in grado nemmeno di farsi un pranzo a Natale con i parenti, tanto vale che i ponti si  taglino anche con il resto dell’umanità. Oltretutto, questo movimento “no contact” è l’ennesimo indice puntato contro i genitori, contro le loro mancanze o prevaricazioni; nessuno invece che dia voce a tutti quei genitori la cui vita è stata rovinata dai figli – da Rob Reiner in giù. Ma se un padre e una madre provassero a dire di non voler più vedere i figli per il proprio benessere psicologico, per la loro sopravvivenza, non so quanto la cosa godrebbe del nostro rispetto e comprensione.

O forse sto drammatizzando io: forse dietro al movimento “no contact” c’è solo una scusa altisonante per non ingrassare al pranzo di Natale. In ogni caso, senza fare tanto rumore sui social con i vostri problemini, se quest’anno a Natale volete risparmiarvi cenoni o tombolate avete la scusa perfetta: l’influenza. Quella di quest’anno si chiama variante K, nome vagamente kafkiano (sintomatologia: tosse, febbre, ci si risveglia nel proprio letto trasformati in un insetto immondo e si viene processati non si sa per cosa), ed è contagiosissima. Se la stanno prendendo tutti, c’è mezza Italia a letto, quindi è credibile se il 24 sera o il 25 mattina, ops!, chiamate per dire che non andate perché avete 40 di febbre. Senza fare tanto rumore per nulla.