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L'espressione dell'anno è “rage bait”. Tradotto: vuoi essere rilevante? Dammi lo sdegno

Ester Viola

Come si fa a farsi notare? Devi passare il segno. La formula "premiata" indica infatti quei contenuti online “deliberatamente concepiti per suscitare rabbia o indignazione attraverso frustrazione, provocazione od offesa”

L’attenzione si vende ormai cara dappertutto e bisogna arrangiarsi coi mezzi a disposizione. La visibilità è bella ma poi diventi schiavo, e come si fa, quindi, in questo mare di like, a mantenersi rilevanti? Ci sarebbe niente al posto del duro lavoro come strumento di sopravvivenza sotto il riflettore? Ci date qualcos’altro, una ricetta per essere famosetti? Eccovela: insolentirai il prossimo tuo. Mi si noterà? Questo è il dilemma contemporaneo. No, non ti si noterà, né se alla festa ci vai e te ne stai seduto in disparte e nemmeno se non ci vai. Ti si noterà solo in un caso: devi passare il segno, devi esagerare, devi fare lo stesso effetto dell’acido. Non serve nemmeno carattere, intelligenza o essere piacevoli di sintassi. Si prenda l’ultimo modello in commercio, Francesca Albanese. Dichiarazione ultima sui fatti di Torino: condanno l’assalto alla sede della Stampa: “Però voi (giornalisti) dovete fare meglio il vostro lavoro”. E si capisce che sennò finisce male. Ma Albanese è un nome a caso, è quella che passa il convento quest’anno, sarà presto il turno alla ribalta di chiunque altro, è la stessa cosa. Palestina o vaccini è la stessa cosa. Gente che vive nel bosco e tribunale dei minori? Pigliamo tutto. Dentro, anzi meglio, sotto la notizia, c’è un marchingegno astuto e in malafede: dammi lo sdegno, ci penso io poi a trasformarlo in zecchini d’oro. Da “sei conosciuto perché sai fare qualcosa” a “sei conosciuto perché fai incazzare qualcuno”. Mi ricordo ancora quando parlavamo di sudicio populismo e ora guardaci: una società a cui garbano gli sciacalli. Natale, tempo di diagnosi, e l’Oxford University Press ha scelto “rage bait” come parola dell’anno, sarebbe lo spirito del Web nel 2025. L’espressione indica quei contenuti online “deliberatamente concepiti per suscitare rabbia o indignazione attraverso frustrazione, provocazione od offesa”, con l’obiettivo di generare traffico verso un determinato profilo o account, come ha spiegato l’istituto in una nota ufficiale.

“Chi li produce finisce spesso per ricevere milioni di commenti, condivisioni e like”, ha osservato la lessicografa Susie Dent alla Bbc. E’ l’esito quasi inevitabile dei meccanismi algoritmici dei social network: “Per quanto adoriamo i video di gattini, dobbiamo riconoscere che la nostra attenzione si attiva molto di più davanti a contenuti negativi, che ci irritano”. “Rage bait” ha superato due finalisti, “aura farming” e “biohack”, selezionati dai lessicografi di Oxford e poi messi ai voti. “Aura farming” è l’arte di coltivare la propria immagine pubblica presentandosi in modo da comunicare con discrezione un’aura di sicurezza, fascino o mistero. “Biohack” rimanda invece ai tentativi di migliorare od ottimizzare le proprie prestazioni fisiche o mentali. C’è un enorme filo rosso fatto a forma di fune di cappio che unisce tutti e tre, ma la metafora semantica si indagherà un’altra volta. Torniamo al rage bait. A che serve, questo rage bait? Perché dovrebbe piacermi la parte del forcaiolo seriale? Perché fare l’avvoltoio, che me ne viene? Facile. Generi excitement, che è la sorella cattiva dell’excitement dei primi tempi online, quando il massimo che offrivano i social erano le foto vagamente zozze. Stessa forza di trazione. La rabbia come alter del sesso. Dopodiché? Che ci fai con la rabbia generata? Riscontro. E che vuol dire riscontro, nel 2025? Like/incarichi/libri/podcast/partecipazioni a talk/soldi. Soldi. Questo è il rage bait, soldi. Allora, ti va adesso di fare l’avvoltoio? Ti piace? E’ il sottoscala dell’etica. L’ira come merce. E non è solo dentro i social, con qualche commentatore cattivo che ti offende. La faccenda è diventata sistema. Il rage bait per sua natura si infiltra ovunque e tutto corrode. Sei oggettivamente un pensatore mediocre ma ti danno retta? Se non sai parlare, porta almeno la benzina. Non c’è nemmeno più il sollievo delle vecchie categorie, dicevi “fascista!” E ti potevi mettere l’anima un po’ in pace. I fascisti ora stanno dappertutto, destra e sinistra. Il punto dell’indignazione come mestiere è che genera rabbia innestata su qualsiasi cosa, rabbia non nostra, rabbia che è un prodotto che qualcuno ha confezionato pensando a quanto venderlo. Sì, ma c’è sempre stato – ed è questa l’unica obiezione – qualche pensatore aggressivo, nel passato. Una Cassandra con la mazza in mano. E infatti il problema è nostro. Il consumatore totale ha preso l’ultima china, quella fatale. Tra chi sbraita, almeno saper distinguere i fessi dagli altri: manco questo sappiamo più fare.

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