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alla mostra del cinema
Ai registi piace green e anche Venezia diventa un florilegio di film ambientalisti
Film, premi e simboli ecosostenibili, come l'acqua "al 100 per cento riciclabile". Alla Mostra l'ambientalismo diventa rito culturale, riflessione collettiva e un po' anche una messa in scena
La Mostra del cinema di Venezia è uno dei momenti in cui il mondo della cultura si esibisce nella fiera dei sensi di colpa. L’auto-da-fé degli intellettuali a Venezia viene esercitato da decenni, almeno dalle Biennali degli anni 60. Quest’anno la flagellazione si ripete. Le guerre nel mondo, lo strazio per Israele e Gaza, le nostre colpe nelle ingiustizie piccole e grandi, il cupio dissolvi di una specie, l’Homo sapiens sapiens, che da secoli sembra mirare alla sua stessa distruzione. Anche quest’anno fra i temi c’è lo smarrimento ecologico. Perfino nei dettagli. Per esempio, nel rilasciare l’accredito la Biennale di Venezia chiede ai partecipanti di compilare un questionario per conteggiare le emissioni di CO2 (distanza e mezzo di trasporto usato per arrivare a Venezia e così via). Per esempio, il baretto serve il caffè nelle normali tazze di ceramica bianca ai clienti convenzionali ma usa ecologicissimi bicchierini di carta per chi al collo sventola il cartellino della mostra. Le bottigliette di acqua minerale servita ai chioschi hanno etichette “tuteliamo il nostro pianeta”, “proteggiamo la risorsa acqua” e “100 per cento riciclabile”. Poche settimane fa l’Antitrust è intervenuta per far cancellare, perché giudicati ingannevoli, i messaggi ecologici stampati sulle bottiglie di una delle più note acque minerali.
Gli eventi collaterali della Mostra del cinema sono “all’insegna dei diritti e della sostenibilità” (“Isola Edipo Visionaria”, tra gli sponsor Ca’ Foscari e Nave di Teseo), c’è il premio “inclusione e sostenibilità”, e c’è anche il Green Drop Award, il riconoscimento che la Green Cross, ong fondata da Michail Gorbacëv, da quattordici anni assegna al più ecologico tra i film in concorso. Il premio è una grande goccia di vetro verde di Murano, artista il mastro vetraio Simone Cenedese, al cui interno è contenuto un pugno di sabbia del lago d’Aral, ormai prosciugato dalle devastanti opere irrigue sovietiche e trasformato in un deserto. Come è giusto, l’ecologia piace da matti anche a registi, sceneggiatori e produttori. Ecco una carrellata velocissima dei film a più alto contenuto ambientale. “Elisa” diretto da Leonardo Di Costanzo non parla di ambiente però la produzione del film ha adottato gli standard EcoMuvi, un protocollo di certificazione per le produzioni audiovisive sostenibili che prevede fra l’altro la gestione dei rifiuti, l’efficienza energetica e la riduzione dell’impatto ambientale durante le riprese.
Werner Herzog ha presentato fuori concorso il documentario “Ghost Elephants”, dedicato a una spedizione scientifica in Angola alla ricerca di una varietà di elefanti giganti. Herzog è neutrale tra il mito del buon selvaggio, la corruzione della tecnologia e i vantaggi che essa dà ma pone un domandone: è giusto che, per amor di conoscenza, l’Homo technologicus contamini l’incontaminato? La hybris dell’uomo imperfetto nel tentativo di imitare la perfezione divina è nel “Frankenstein” di Guillermo del Toro, con l’etica della scienza e la manipolazione del creato. “Bugonia” di Yorgos Lanthimos è il remake del film sudcoreano “Save the Green Planet” (2003) e segue la vicenda di due ecologisti ossessionati dalle teorie del complotto alieno per distruggere il pianeta. Un inizio “Fargo”, un centro “Hannibal” e un finale Marvel, il film “Bugonia” nasconde una risata irridente rivolta a tutti noi. Gianfranco Rosi con “Sotto le nuvole” (Below the Clouds) descrive il brulicare napoletano in un’area vulcanica attiva ed esplora i temi della convivenza con i rischi naturali della vulnerabilità umana di fronte a forze geologiche incontrollabili. “Silent Friend” dell’ungherese Ildikó Enyedi è un film dedicato alla sensibilità delle piante (pare che siano sensibilissime, ma non ce ne accorgiamo) e sviluppa tre vicende umane del 1908, 1972 e 2020 attorno a un singolo albero, una Gingko biloba piantata nel 1836 nel giardino botanico dell’università tedesca di Marburg, in Assia. Ultima nota arboricola: a Venezia l’Osservatorio Cinema e Ambiente e l’organizzazione internazionale di certificazione forestale Pefc presentano un rapporto sulla filiera del legno sostenibile nel cinema. (Auto-da-fé di conflitto d’interesse: confesso di essere grande elettore nella giuria di uno degli eventi citati).