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estate con ester
Fine d'agosto, cinque minuti insopportabili in cui pare che il tempo ci osservi
Quegli attimi in cui l’estate scricchiola e settembre fa capolino: il tempo si ferma, ci osserva, e ci chiede silenziosamente conto di tutto
Infallibili e precisi come la pioggia, arrivano i presagi della fine dell’estate. Ti prendono a tradimento, alle sette di sera in spiaggia mentre passa una nuvola, o alle due di notte mentre non dormi – sarà stato il vino bianco a cena? Ti chiedi se non hai più l’età neanche per la frittura. Proprio mentre ti stai riaddormentando cullato dal pensiero che sarà sicuramente colpa dei calamari, ti passa accanto un malumore piccolo e nero, a forma di vipera, e li riconosci, sono i cinque minuti della fine d’agosto.
Natalia Ginzburg non era per niente amica dell’estate, da sempre le faceva venire un’uggia terribile: “Fu allora, in quelle villeggiature solitarie, che io presi a detestare l’estate. Pensai allora che la mia presenza sui prati, nei pomeriggi splendenti, era come una macchia nera che deturpava la felicità della terra”. Ginzburg soffriva l’allegria come si soffre il rumore un poco sguaiato di chi si diverte più di noi, e il cielo sfavillante era un giudice inflessibile che illuminava senza misericordia “il nostro silenzio, la nostra persona immobile, circondata di antiche e nuove catastrofi. Scopersi, in seguito, che una simile sensazione non ero io sola a provarla, che era una sensazione comune a molti, perché molti come me in qualche istante della loro esistenza si sono sentiti esclusi e mortificati dall’estate, giudicati per sempre indegni di raccogliere i frutti dell’universo. Molti come me allora hanno odiato lo splendore abbagliante del cielo sui prati e sui boschi. Molti come me ai primi segni dell’estate si sentono in angoscia come all’annuncio di una disgrazia”.
Questa è una variante molto condivisibile del sentimento estivo – poi c’è l’altro modo, di stare d’estate, quello della razza dei comuni privilegiati, noi. Certo, siamo lontani dai vent’anni, quando l’estate era coperta da tutte le garanzie del contratto dell’esistenza: dove ti tuffavi t’innamoravi, e l’abbronzatura era il capitale sociale, sfruttabile in discoteca, “ciao sei bellissima come ti chiami, possiamo parlare?”. Chissà che ci dovevano dire. Più avanti avremmo incontrato l’estate pragmatica, vagamente spensierata, dove finisce l’egemonia del divertimento coi corpi splendidi sotto sale ma nemmeno sono richiesti tetraggine, processi interiori e paccheri malinconici a sé stessi. L’estate non si odia, è a tratti perfino una stagione gentile. Sì, c’è un’afa che spezza, mangiare uno addosso all’altro non è piacevole, la spiaggia è un castigo della Bibbia, chi parla, chi fa i compiti ai figli, chi sta al telefono con l’amante lasciata sola e incazzata, ma si trova pazienza per tutto. Aprire un libro per non leggere si fa solo d’agosto. Stare al mare serve sempre, non si sa a che, ma a qualcosa sicuramente. Stai mezzo contento della tregua in tutto quell’azzurro che cola, ti guardi e miracolo, sei quasi in salute, in un fisico discreto. Chissà, magari la storia dello iodio è vera. Non sarà sublime, l’estate, ma funziona: stai abbastanza bene. E’ a quel punto che devi farti trovare pronto in difesa.
Tutto il bello si paga, è per questo che verso fine agosto ti toccano quei cinque minuti del bilancio, una specie di check-up esistenziale inutile, ché chi l’aveva chiesto. Non te ne liberi, ogni anno la stessa storia. Cinque minuti di pensieri, rimpianti d’incompiuto e altro mai iniziato, tutte scemenze. Sono solo sintomi di settembre, il mese al gusto veleno pure se certi dicono che gli piace. Settembre è bello se sei un fungo. Sono, questi cinque minuti, una specie di tragedia in provetta, c’entra la sensazione di sentirsi osservati dal tempo. Che vuole da noi, il tempo? Ma ci lasciasse in pace. L’ultimo pezzo di agosto è il centimetro che passa tra “un’altra volta la vita di prima” e “finalmente torniamo alla vita di prima”. Cinque minuti, non di più. E’ un rito piccolo, interiore, insopportabile. Un fuso orario privato senza orologio. E si risolve con micro-risoluzioni di serietà esistenziale, dalla fine della prossima settimana, ma non adesso, adesso è estate. Il prossimo autunno saremo una versione migliore di tutto, c’è sempre tempo per rifare da capo qualsiasi cosa abbiamo sbagliato prima, stavolta ci verrà meglio.