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estate con ester
È agosto! Ma vi smorzo gli entusiasmi con una lista di faccende obbligatorie
L'estate reclama finta giovinezza, abbronzatura, un libro estivo, un bilancio esistenziale e il fallimento dell'idea di riposo. Ecco l'elenco delle mansioni immancabili
E’ arrivato finalmente agosto, e ora sorriso obbligatorio, si va. Vitalità e spensieratezza. Ci sentiamo già meglio, come guariti da qualcosa o contagiati da qualcos’altro. Mare, montagna o divano di casa, tutto vale e tutto è buono. Le italiche lande sospendono la loro parodia di attività produttiva (già calatissima al 15 giugno, causa scioperataggine caratteriale e caldo), e sventola azzurra la bandiera di ferie. Chi sabbia, chi sassi, chi erba di montagna da passeggiare. Certi stagnano felici al lago. Poi ci sono i prenditori di aerei che vanno per altri mondi sperando di trovarci chissacché, e invece trovano solo il vecchio mondo mascherato. E’ tutto uguale e la mente non si apre, perché l’unico modo d’aprire la mente lo conoscono i contadini: non viaggiando ma lavorando. Ecco dunque l’elenco delle mansioni, il programma ministeriale delle faccende morali e fisiche che c’impegneranno in queste settimane bellissime, piene e rosse, quattro fette di anguria, quelle che tutto l’anno s’aspettano e sono finalmente qui, intere.
Bisogna sentirsi di vent’anni di meno, adattarsi fisicamente al disagio che i corpi non sono più pronti al divertimento, agili e scattanti. Agosto reclama la finta giovinezza: ti devi mettere in costume, che sono mutande marine, essere passabile e apparire a tuo agio ancorché flosce le carni, rivelare un’inedita vitalità. Chi non ce l’ha, dovrà fingerla.
Bisogna abbronzarsi. Bianco è colore nobile della pelle e siamo d’accordo, ma è anche confessione di fallimento. Serve una punta, accenno di doratura, che è prova di esistenza, di avere partecipato a qualche rito sociale, d’aver visto l’aria aperta. Se non ti abbronzi, vuol dire che ti manca qualcosa.
Bisogna innamorarsi, essere risoluti. Certo, ai meno ventenni è ben chiaro che amore estivo significa che si può essere contenti solo a proprie spese.
Bisogna dimenticarsi del mondo. Ad agosto non puoi affliggere il prossimo con gli stessi guai degli ultimi undici mesi. Eventi della politica internazionale, le guerre, le crisi finanziarie: non vale più. Qualcosa sì succede, ma non qui, non adesso.
Bisogna leggere il libro estivo. Tutte le persone perbene al lido hanno il libro comprato con buona volontà, appoggiato in vista sul lettino. La scelta è casuale, vanesia, di recupero, obbligata, commerciale – poco conta. Ma chiunque sia moderato lettore d’inverno sa bene che non è cosa provarci d’estate. Garberebbe a tutti leggere in agosto, ma è raro che ci si riesca. E il sole, e l’acqua, le persone intorno. Ti reclama la vita non interiore. Basta con questa introspezione, ci stiamo dentro già troppo.
Bisogna essere felici. Non si può star col muso, sono vacanze, stare contenti è l’obbligo fiscale di questo mese.
Bisogna comprare qualcosa destinato a non vedere mai il sole. Servirà per novembre, da trovare nell’armadio, quando verrà riposto con la domanda “dove ci dovevo andare?”, che è il preludio alla domanda più importante e successiva “chi mi credevo di essere?” – e la riposta sarà: uno con qualche speranza. Era estate.
Bisogna fare un bilancio esistenziale. Non dichiarato, non richiesto da nessuno, eppure necessario. Che ho fatto di bene? Che ho fatto di male? Cambierà mai qualcosa in questa vita che la renda felice e garbata? O continueremo a prendere paccheri e a essere risospinti senza sosta nel passato? Mentre il consiglio di amministrazione del superego redige i rendiconti, senti 25 canzoni tristi. Si fanno le sei e mezza del pomeriggio. Bisogna prenotare il ristorante, e non c’è più posto, succede perché invece di pensare alle cose pratiche pensi al bilancio esistenziale. Bisogna far la promessa tra sé e sé: quest’anno meno social. E fare movimento, al ritorno.
Bisogna accettare il fallimento dell’idea di riposo. Non esiste uno svuotamento possibile, una pace da qualche parte, ad agosto c’è solo una vaga sensazione di essere nel giusto mentre si fa quel che si deve fare: niente.