Italica demografia

Contrastare la bassa natalità si può, basta volerlo fare. Replica a Graziosi

Gianpiero Dalla Zuanna

Il prof. di Demografia di Padova risponde allo storico: no al voto ponderato, sì a più lavoro stabile, redditi più alti per i giovani, più agevolazioni per le coppie, più stranieri. E anche i vecchi devono fare la loro parte. Serve un cambio di rotta contro l'inverno demografico

Al direttore - Il professor Andrea Graziosi, trattando della crisi demografica e della struttura gerontocratica della società italiana, ha lanciato sul Foglio alcune proposte provocatorie. La più estrema è quella di attribuire al voto dei genitori un peso crescente al crescere del numero dei loro figli minori. La cosa non mi convince, nemmeno come provocazione, perché alla base della democrazia sta il principio secco “un uomo un voto”, a prescindere dalle caratteristiche del votante. L’idea del voto ponderato, se passasse, potrebbe essere estesa ad altre condizioni, con il rischio di pericolose derive ideologiche. Piuttosto, sarebbe importante estendere le acquisizioni di cittadinanza e il diritto di voto per le elezioni locali agli stranieri residenti. Così facendo, per inciso, si svecchierebbe notevolmente il corpo elettorale, perché l’età media degli stranieri residenti in Italia è 37 anni, quella degli italiani residenti è 48 anni.

 
Vorrei invece approfondire uno dei temi trattati da Graziosi, ossia la bassa natalità. Le duecentomila nascite perse in Italia in appena quindici anni (da 570mila nel 2009 a 370mila nel 2024) sono dovute per il 60 per cento al calo delle donne in età fertile, per il 40 per cento alla diminuzione della proporzione delle persone giovani che vivono in coppia coabitante: prima del trentesimo compleanno, sono entrati in coppia (per convivenza o matrimonio) il 72 per cento degli uomini e l’85 per cento delle donne per le coorti italiane nate nel 1952-56, solo il 40 per cento degli uomini e il 56 per cento delle donne per le loro figlie e i loro figli, nati nel 1982-86. Sono i valori più bassi d’Europa. A parità di età della donna, è invece rimasta praticamente invariata la probabilità per una coppia sposata o convivente di avere un figlio, che in Italia è comunque molto bassa, ormai da quarant’anni.

   
Quindi, per contrastare la bassa natalità sarebbe necessario aumentare: (1) il numero di persone in età fertile; (2) la proporzione di giovani in coppia coabitante, condizione quasi obbligata per avere figli in Italia come in quasi tutto il mondo; (3) la fecondità delle coppie. Studi recenti mostrano che, in Italia come altrove nel mondo ricco, i principali ostacoli sia all’ingresso in coppia sia alla procreazione del primo e del secondo figlio sono di natura economica. Al crescere del reddito si abbassa anche la quota di giovani che vivono con i genitori. Inoltre, la probabilità di avere il primo e il secondo figlio è sensibilmente più elevata per le coppie dove entrambi i partner hanno un lavoro stabile. Al di là dei casi individuali, l’Italia dove nascevano più figli quando lui lavorava e lei era casalinga appartiene oramai al passato. Da queste considerazioni scaturiscono indicazioni direttamente per la politica, se davvero volesse favorire un incremento delle nascite.

  
Innanzitutto, c’è bisogno di nuovi immigrati, che si integrino rapidamente nella società italiana, mettendo su famiglia. E’ quel che serve a noi, ma è anche ciò che desidererebbero loro. Per mantenere almeno costante la popolazione in età lavorativa e in età fertile, nei prossimi vent’anni ci vorrebbe un saldo migratorio positivo di 350 mila unità l’anno.

 
E’ poi necessario alzare gli stipendi dei giovani, ora fra i più bassi d’Europa. Con stipendi più alti, si attenuerebbero le emigrazioni, per un giovane sarebbe più facile metter su casa, una coppia potrebbe meglio affrontare il costo di un figlio (in più). Come dice anche Andrea Graziosi, i salari si possono alzare stabilmente solo se aumenta la produttività, estendendo la parte di economia ad alto valore aggiunto. Tuttavia, vi sono anche altre azioni, che hanno a che fare con la struttura gerontocratica della società italiana. Vediamone solo una, fra le molte possibili. Oggi, l’aliquota dei contributi sullo stipendio lordo di un lavoratore dipendente è del 33 per cento, ben superiore al 20 per cento della media Ocse. Eppure, la politica promette di “sterilizzare” l’incremento dell’aspettativa di vita sull’età al pensionamento, omettendo di dire che ogni mese “sterilizzato” costerebbe, a regime, un miliardo di euro all’anno, pagato ovviamente dai giovani: direttamente con tasse o contributi, o indirettamente nel prossimo futuro, rifondendo debito pubblico. Invece, se vogliamo costruire una società per giovani, anche noi vecchi dobbiamo fare la nostra parte. Come dicono i grandi Lillo e Greg, non è possibile dare un colpo al cerchio, uno alla botte, e uno alla moglie ubriaca.
 
 

Gianpiero Dalla Zuanna è professore di Demografia all’Università di Padova, accademico dei Lincei