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l'analisi

Al Salone del libro di nuova cultura cattolica se n'è vista ben poca

Lucetta Scaraffia

A Torino si sono sentiti molti applausi, ma erano più di facciata che realmente critico-riflessivi. Ennesima occasione non sfruttata per affrontare i poblemi attuali del mondo cattolico e proporre nuove idee 

Ho letto con attenzione l’articolo – non firmato – che sul Foglio del 10 maggio festeggiava la rinascita della cultura cattolica sulla base del programma riservatole nel Salone del libro di Torino, opera di Lorenzo Fazzini, consulente di Annalena Benini nonché vivace e moderno direttore della Libreria editrice vaticana. Vivace e moderno perché senza dubbio ha contribuito a vivacizzare la produzione con testi di non grande formato, in genere di argomento spirituale, affidati a nomi noti – quasi sempre sacerdoti o religiosi – e sostenuti da una assolutamente inedita campagna stampa.

Anche se purtroppo non è riuscito a migliorare quello che è stato sempre uno dei grandi difetti di queste edizioni: la mancanza di una buona grafica. Ho fra le mani uno dei più belli di questi piccoli libri – La preghiera di Maria e dei santi, scritto da Catherine Aubin – penalizzato da una grafica orrenda e chissà perché dimenticato dalle pubblicità (ma si sa, è una donna, per di più una religiosa…).

Ma torniamo al problema centrale, quello della resurrezione della cultura cattolica, scomparsa ormai da anni – almeno nel nostro paese – da tutti i radar. Avrebbe potuto essere un tema vero da discutere a Torino, riprendendo la polemica aperta da uno dei protagonisti più interessanti di questa cultura, Roberto Righetto, che ha scritto: “Un cristiano dovrebbe trasmettere una mentalità nuova a chi gli sta intorno, remare contro corrente, anzi dare vita a una vera e propria contro-cultura”. Invece negli interventi religiosi al Salone, imperniati sul tema “capire se il cristianesimo è vivo o è immaginario”, si è fatta più attenzione a ottenere un successo immediato che a far pensare.
Infatti sono stati lasciati da parte i veri problemi attuali del mondo cattolico, che pure si potevano affrontare in questa ottica. Faccio alcuni esempi.
I nemici dell’occidente – Putin e i governi islamici – si presentano come difensori di valori tradizionali come famiglia, religione, natalità, valori certo più vicini alla morale cattolica che al progressismo dilagante. Come si pone la chiesa davanti a questa sorta di offerta di “gemellaggio morale”? E’ una vicinanza vera o immaginaria?

Nelle nostre società la difesa dell’aborto e di varie forme di morte su richiesta (eutanasia, suicidio assistito…) è diventata la difesa di diritti considerati traguardi di libertà dell’individuo. Si possono considerare veramente diritti, sono avanzamenti o si tratta di un progresso immaginario? E poi: è possibile una società multietnica e multireligiosa, o è solo un passo verso la confusione e la successiva vittoria della religione più forte, cioè l’islam? La coesistenza delle religioni è possibile o è un progetto immaginario?Infine: la rinascita dell’antisemitismo pone problemi alla tradizione cristiana? E’ stata sufficiente la revisione della cultura del disprezzo iniziata dopo la Shoah oppure c’è ancora molto su cui lavorare? Il rapporto fra questo nuovo antisemitismo e il tradizionale antigiudaismo cattolico è vero o immaginario?

Ecco nell’insieme un programma appassionante, dal quale potevano nascere nuove idee, nuove proposte, una nuova cultura cattolica che poteva avere la forza di pensare controcorrente e di aiutare il mondo a capire meglio cosa sta succedendo e cosa si può fare per uscire da rigide contrapposizioni che stanno paralizzando relazioni internazionali e schieramenti politici.

Sì, non è solo un problema di brutta grafica, né solo il tentativo di non dispiacere a nessuno. Si tratta soprattutto di scarsa volontà di battere strade nuove.

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