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Uguaglianza di genere

Care donne, una sola cosa ci renderà davvero uguale ai maschi: i soldi

Ester Viola

Lasciamo perdere le quote rosa, le parole che finiscono con la A, i grandi discorsi: se c'è una cosa che ci unisce tutti, senza differenza, quella cosa è il denaro

E la maternità. Ancora. Non se ne può più, lasciateci in pace, giovani e vecchie. È sempre utile un capretto espiatorio già cotto e rosolato, così a ridosso del veglione di Capodanno è arrivata Mennuni, onorevole, a fare un appello disperato alla nazione: fare figli deve tornare cool e massima aspirazione delle ventenni (già lo è, il modello è saldamente famil-patriarcale, guardate i Ferragnez epoca ante crisi). Veniamo da mesi di proteste sacrosante. Gli asili nido che costano. L’equilibrio vita-lavoro. Tutti pezzi della parità che non arriva mai. Come quando chiediamo di chiamarci con la A finale, sindaca assessora avvocata. Genti strane, si incazzavano più per le parole che per le cose – passeremo alla storia così – che avvilimento, se permettete.

Per non parlare del doverci essere per forza ai tavoli che contano. Le quote rosa come unica alternativa che si è trovata. Le quote rosa. Come mi affliggono le quote. Sì, lo so che non si può fare altro. Nei panel dobbiamo essere pari, non tutti maschi! Adesso le aziende si certificano per la parità di genere, corrono. Ma non perché ci tengono. Essere certificati per la parità vuol dire sgravi contributivi e punteggio in più per gli appalti. Io sono d’accordo con tutto, basta che funzioni. 

Ma vediamola meglio, questa parità, questo aggeggio esotico. Cos’è che sistema, livella, fa acquisire credito? Cos’è che ci mette insieme, ci unisce senza differenze e ci affratella al maschio traffichino? Dove stanno i giacimenti di rispetto? Viene fuori una sola risposta: i soldi.

Gli esempi sono tanti, specie tra le cd. empowered. Una empowered, fateci caso, è una che naviga di solito nei dobloni. Prendiamo a paradigma un talento eccezionale a far denari, Beyoncé. Ha concluso adesso un tour milionario, femminismo e indipendenza sono i temi delle canzoni. Grandi ovazioni dappertutto, nel passato s’era pure fatta lo sfondo per i balletti con le frasi di Chimamanda Ngozi Adichie. Bisogna tutti essere femministi. Nella coreografia apparivano i paragrafi del libro, letteratura e chiappe, funzionava assai. Ultimamente ha inciso anche brani contro il padrone. Ecco il testo: “Lavoro dalle nove fino a dopo le cinque. E mi distruggono i nervi, ecco perché non riesco a dormire la notte”. È già diventato l’inno anticapitalista per la generazione del burnout. Hasta la victoria Bey. Così ci piaci, avida di novità, ogni moda è buona per fare soldi. Per completezza espositiva ricordiamo anche quando guadagnò due milioni al concerto privato di Capodanno pagato dai Gheddafi. Ma era il 2009, a nessuno fregava niente dell’etica o non etica. E finisce per piacermi pure questo. Mi piace anche quando si parla di Taylor Swift che muove i pil nazionali con canzoni da zitella redenta, anche se è bellissima, pure alta e bionda, e gli ex fidanzati li avrà sempre lasciati lei

Ne abbiamo fatta di strada. Mi ricordo ancora quando dicevi Zitella ed era la qualifica punitiva automatica se dopo i 35 anni non ti accontentavi di un uomo che non ti piaceva, l’anticamera della bocciatura sociale. Poi è venuto fuori che le ragazze non sposate superano di numero le altre, sopravvivono e non se la passano male (e quindi per forza non si fanno figli, il declino costante è strutturale e mondiale, il rifiuto è ovunque). Il New York Times l’aveva chiamata The revolution of unmarried women. La rivoluzione in realtà è vecchia, il manifesto è un’anteprima di Jane Austen (“Emma”, 1815): “E’ solo la povertà che rende il non essere sposate un’inferiorità. Una donna nubile con una misera entrata deve essere una ridicola, antipatica zitellona; ma una donna non sposata provvista di beni di fortuna è sempre rispettabile, e può essere intelligente e simpatica quanto chiunque altro”.

Sono i soldi, quindi. Anche io speravo fosse una battaglia più ideologica e signorile. Pensavo perfino di distinguermi sul campo, essere un caporalmaggiore della parità. Non è desiderabile e soddisfacente meritarsi l’ammirazione degli altri? Ho guardato meglio l’oroscopo per il futuro di tutte ed è proprio spietato: servono i soldi. Finché non ne avremo come loro. Restiamo prosaiche, noi femmine, che ci viene pure meglio.

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