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Lo spot di Giuseppe Tornatore dove il casinò è sostituito dal labirinto-esistenza

La nuova pubblicità della Tim girata dal noto regista porta a riflettere sull'evoluzione della sessualità e della parità di genere: solo cento anni fa, per strada c'erano i cartelloni delle prostitute con affianco i prezzi per le prestazioni all'ora

Franco Lo Piparo

L’insegna pubblicitaria di un casinò del 1932 – siamo a poco meno di un secolo fa – contiene più informazioni di un voluminoso trattato di sociologia o di un ponderoso libro di storia. Anzitutto il nome dell’esercizio commerciale: Casa del piacere. È dato per scontato che il piacere è declinato solo al maschile. La donna, pardon la femmina, è solo dispensatrice di piacere maschile. L’idea che possa essere soggetta attiva di proprio piacere non passa nemmeno per l’anticamera del cervello. I dettagli che ne conseguono sono naturalmente tutti centrati sul piacere maschile. Fanno intravedere anche pratiche e abitudini ben codificate.

Una curiosità. Se la “mezza ora” ha un valore commerciale superiore alla “doppietta” che a sua volta supera il valore della prestazione “alla buona” cosa mai sarà in termini di tempo la “merce alla buona” Tre-quattro minuti? Comprensivi naturalmente dei tempi della svestizione, lavaggio con saponetta normale, profumazione con acqua di colonia, vestimento. Da un calcolo veloce e approssimativo al tempo del piacere alla buona doveva rimanere non più di una manciata di secondi. Denotano sensibilità socialisteggiante (il fascismo non fu una costola del socialismo?) le agevolazioni per i consumatori con redditi bassi e ancora non in età di lavoro chiamati col termine suggestivo di giovanotti di primo pelo. È un termine che potrebbe essere adottato dai sindacati. Che ne dite dei lavoratori di primo pelo?

L’immagine che accompagna le informazioni dettagliate è coerente con l’impianto filosofico dell’insegna pubblicitaria: la donna nuda mostra l’apparato con cui elargisce piacere, l’uomo nudo pudicamente nasconde l’organo tramite cui riceve piacere. Viene un sospetto: la scelta delle dimensioni dell’organo avrebbe potuto imbarazzare molti clienti, la logica commerciale suggerisce in questi casi di nascondere e tacere.

Da quell’insegna pubblicitaria ci separano quasi cento anni. Penso che bisognerebbe proporla come argomento di studio alle/ai giovani e adolescenti della nostra epoca. Contribuirebbe a insegnare loro che anche la sessualità e l’iniziazione al sesso hanno una storia frastagliata e complicata e che le libertà, sacrosante, di cui godono sono il risultato di complessi, non sempre lineari, processi culturali. Mi viene spontaneo confrontare quell’insegna del 1932 con lo spot pubblicitario di Tornatore, trasmesso da pochi giorni dalla televisione, sul gender gap. Qui la differenza e disuguaglianza tra maschi e femmine rimane ma l’impianto filosofico è profondamente mutato. La casa del piacere, maschile naturalmente, viene sostituita dal labirinto-esistenza dove ogni passaggio alla ricerca di un senso gratificante è il risultato di scelte e ragionamenti.

Uomo e donna iniziano insieme l’avventura della ricerca della direzione per uscire dal labirinto ma il percorso della donna è più difficile e si scontra con muri che sembrano insormontabili. Sembrano ma non lo sono. L’uomo con poca fatica raggiunge la sua casa del piacere rappresentata nello spot dall’aria aperta di un bosco, la donna con la sua cultura (rappresentata dalla scarpetta rossa a spillo) deve abbattere il muro che la separa dal bosco. L’uomo la casa del piacere la frequenta pagandola (insegna del casino del 1932), la donna il bosco del piacere lo raggiunge a colpi di tacco di scarpa ossia con una rivoluzione culturale (spot di Tornatore). A guadagnarci è la donna. E grazie alla donna anche l’uomo.

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