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il punto di vista

La mesta solitudine del conservatore

Camillo Langone

La sua fonte principale di scoramento è la Chiesa, che non funziona più da freno escatologico. Non ama le novità, men che meno un presidente del Consiglio donna, ed è in pena per le innumerevoli libertà ridotte ai minimi termini. Confessioni

"Come stai?”. Io li odio quelli che esordiscono con un “Come stai?”. Mi urtano i nervi. Come vuoi che stia? Sono un conservatore e benissimo non posso stare: la dissipazione avanza. Possibile che me ne accorga soltanto io? Essere conservatori significa essere isolati, sempre di più. Che in Italia ci sia un governo di destra non cambia granché le cose. Anzi si presta a derisione: Ma come, c’è un governo conservatore e ti lamenti? E tu, che sei un conservatore senza partito, oltre che ormai quasi senza patria e quasi senza Chiesa, mica lo vedi tutto questo conservatorismo meloniano. Sì, ogni tanto fa capolino in qualche provvedimento non voglio dire di facciata ma certamente di bandiera, e penso alla cittadinanza conferita in extremis alla povera Indi Gregory. Un decreto realmente conservatore perché conservare la vita, il valore della vita, la sacralità della vita, è quanto di più essenziale. E però un decreto impotente, come si è visto, e dietro al quale ho percepito più che altro il sottosegretario Alfredo Mantovano, lui sì conservatore vero.

“Buon week”. Mi scrivono “Buon week”. Come osano? In passato per simili messaggi ho questionato anche con persone di una certa importanza, finendo col rompere dei rapporti. Poi mi sono stancato di litigare e oggi a un “Buon week” non rispondo o rispondo “Buona domenica”, chissà mai che capiscano. E no, non capiscono mai. Non possono farcela perché per loro sabato e domenica sono un tutt’uno profano, il tempo della vacanzina, del viaggetto. Per me il sabato è un giorno come un altro, senza particolare speme, senza particolare gioia (per citar Leopardi). Invece la domenica è il giorno di Dio e della famiglia, della messa, della cravatta anche in casa, della pasta fresca, del brodo e del bollito. Un bellissimo giorno ovattato. Purtroppo ogni domenica c’è qualcuno che si permette di scrivermi e, se non è intimissimo, gli dedico un salmo imprecatorio. Se poi addirittura telefona faccio un salto come se mi avessero lanciato un petardo fra le gambe. E’ anche colpa mia: dovrei tenere il telefono spento, il computer scollegato. Dovrei scrivere ovunque RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE. Ma non capirebbero nemmeno così. Santificare? Sanificare? Che? Ovvio che un conservatore, un conservatore religioso, si senta a disagio: vive circondato da persone che fanno tranquillamente la spesa la domenica. Non c’è bisogno di mandarli all’inferno: senza saperlo ci sono già. E mica sono tutti piddini, anzi. Si facesse un sondaggio si scoprirebbe che i trasgressori del terzo comandamento sono ripartiti equamente in tutti gli elettorati, e pure fra cattolici praticanti e atei non si registrerebbe gran differenza. Che poi, come ha spiegato qui Matzuzzi, nemmeno gli atei se la passano bene. Essendo evaporato il clero non è più tempo di anticlericali. I massoni deisti e trafficoni sono un reperto ottocentesco, adesso dilagano gli agnostici, gli indifferenti, gli ignoranti di Dio. La povera gente che crede in Bio. Io comunque la domenica non compro nemmeno su internet, non voglio che a causa mia un magazziniere lavori nel giorno del Signore.

Essendo un conservatore me ne sto come l’angelo della “Melancholia” di Dürer, seduto con la mano sulla guancia, la clessidra alle spalle. L’immagine del pessimismo e dell’abulia. Se Morgan mi desse del depresso, come ha fatto con Fedez, non mi offenderei e non pretenderei scuse. A parte che un conservatore è innanzitutto un adulto e le scuse sono da asilo. Mia fonte principale di scoramento è la Chiesa che non funziona più da Catechon, da freno escatologico. Fino alle dimissioni di Benedetto XVI lo si poteva credere, pur consapevoli che Ratzinger contasse, nel governo dell’istituzione, abbastanza poco. Ma il dolce teologo bavarese era perlomeno una pietra d’inciampo. Ora che i Gesuiti contro Gesù hanno espugnato il Vaticano il convoglio marcia verso l’Apocalisse su binari ben lubrificati. Più nessun ostacolo. E il conservatore che prima rischiava il ridicolo adesso è proprio patetico: niente supermercato la domenica? Niente carne il venerdì? Niente messa nel duomo dove un imam parlò dal pulpito autorizzato dal vescovo? Ma perché? Godi a fare l’eccentrico? Non è forse superbia la tua, mania di purezza, eccesso di zelo? E come mai reciti il Padre Nostro a mani giunte? Sei proprio un medievale! E lo sappiamo che continui a dire, rompendo l’unisono dell’assemblea, “non ci indurre in tentazione”: chi ti credi di essere? Cristina Campo? Del resto porti il tabarro, sei un reazionario anche in guardaroba, quando entri in chiesa i fedeli si impressionano, si sentono catapultati in un film di Don Camillo: non ce l’hai un giaccone, un piumino, un parka?

Senza più un Papa che mi copra le spalle (giusto sei vecchi cardinali che si permettono dubbi ma che nessuno si fila) so bene che certe mie prese di posizione sembrano folli. A metà dicembre avrei dovuto presentare una mostra d’arte in una chiesa sconsacrata di Napoli, mi sono rifiutato, ho perso due soldi e di sicuro non mi sono fatto nuovi amici. Come scrive il sociologo americano James Davison Hunter “siamo in una fase in cui le persone non possono più parlarsi perché non riconoscono nemmeno il linguaggio morale dell’altro”. Il mio linguaggio morale suona del tutto incomprensibile, lo so bene, e allora smettete di chiedermi come sto. Come volete che stia? Certi giorni non so con chi parlare. Non ho nessuno da chiamare e magari vengo chiamato da qualcuno che è convinto, chissà perché, di vedermi all’inaugurazione di una mostra in Veneto. Vado solo alle inaugurazioni delle mostre organizzate da me, rispondo suscitando sconcerto. Allora infierisco e aggiungo che non intendo visitarla nemmeno in seguito la mostra, per altri versi senz’altro meritevole, siccome la fondazione ospitante ha nome alloctono. E io sono uomo di provincia ma non provinciale, o non così tanto da credere che sia nobilitante usare l’inglese al posto dell’italiano.

L’amore per la lingua nazionale potrebbe finalmente avvicinarmi al partito del presidente del Consiglio. Che so, a un Lollobrigida. Sovranità linguistica per la sovranità alimentare. Le sovranità insieme stanno e insieme cadono. Ragionamenti così. Ma il problema fra un conservatore e il partito del presidente del Consiglio è il presidente del Consiglio. Essendo, nella fattispecie, una donna. Per la prima volta. E il conservatore non ama le novità, meno che meno una novità del genere. Per meglio dire: una novità del gender. Io non dubito che Giorgia Meloni creda in quello che dica, non dubito si immagini conservatrice e cristiana, non dubito che abbia letto Roger Scruton, ma come tutti noi, come me, come te, ipocrita lettore, è figlia del proprio tempo. Non Scruton, con cui mi scrivevo, ma un altro filosofo, con cui mi scrivo tuttora, Sossio Giametta, mi ha insegnato che “non è l’uomo che fa la storia ma è la storia che fa l’uomo”. Qualcosa di analogo dissero anche Goethe e Spengler. E’ tutto malinconicamente deterministico, lo so. Roba da mettersi la mano sulla guancia mentre scende la sabbia nella clessidra, meditando sull’inanità degli sforzi umani. Giorgia Meloni crede di avere agito ma si è fatta agire: dallo spirito del tempo. Il benservito ad Andrea Giambruno che ha tanto stoltamente entusiasmato tante donne anche di destra, per non dire soprattutto di destra, le sorelle d’Italia, è un episodio neomatriarcale, neopagano, antimaschile. Così, ne sia certa, lo catalogheranno gli storici del futuro. Non poteva fare altro, hanno detto. Fosse davvero così, e probabilmente è davvero così, significa che di suo non poteva fare nulla. Che in quel momento era la ventriloqua dell’epoca (per l’appunto neomatriarcale, neopagana, antimaschile). Io sono io e la mia circostanza, diceva Ortega y Gasset. Ora sembra che anche quel piccolo margine personale sia stato cancellato, che l’uomo si sia ridotto alla sua circostanza, e figuriamoci la donna.

Leggo che i conservatori inglesi sono in crisi, che temono un’emorragia di voti. A me sarebbe sembrata strana l’ipotesi contraria, quella di un trionfo elettorale. Come può un partito conservatore inglese essere capeggiato da un indù? Anche un indù può essere un conservatore, ci mancherebbe: ma in India. E difatti Narendra Modi è un conservatore dell’identità indiana mentre Rishi Sunak è, a prescindere dalle autodefinizioni, un dissipatore dell’identità inglese. Il personaggio è perfino astemio. E’ giusto che perda voti. Non può occupare la stessa poltrona di colui che scrisse: “La mia regola di vita stabiliva, come rito sacro assoluto, che fumassi sigari e bevessi alcolici prima, dopo e, se necessario, durante ogni pasto, nonché negli intervalli che li separavano”. La poltrona di Winston Churchill, gigante del conservatorismo più edonistico. Adesso però Sunak una cosa buona l’ha promessa: difendere gli automobilisti. Mostra di aver capito, o finge di aver capito, che urge frenare le ztl, le multe, gli autovelox, le auto elettriche. L’arsenale ambientalista che gli statalisti usano per bombardare la libertà di movimento. 

Leo Longanesi era un uomo intelligentissimo che una volta, spero per amore di battuta, disse una cosa stupidissima: “Sono un conservatore in un Paese in cui non c’è niente da conservare”. Se sei un vero conservatore lo sai che da conservare c’è moltissimo: anzitutto Dio-Patria-Famiglia ovvero le chiese, i confini, i genitori... Poi le innumerevoli libertà ridotte ai minimi termini, dunque da ripristinare: libertà di contante, libertà di parola e anche di parolaccia, libertà di alimentazione (perché lo stato mi proibisce di mangiare il sanguinaccio?), libertà di caccia, libertà di pesca, libertà di fumo (a Churchill era indispensabile), libertà di corteggiamento, libertà di circolazione... Se sei un vero conservatore, ossia un realista e un malinconico (uno a cui è meglio non chiedere “Come stai?”), lo sai che la libertà interessa a quattro gatti elettoralmente non rilevanti. E ti siedi, ti metti una mano sulla guancia, vedi la sabbia scendere nella clessidra e pensi che il prossimo governo sarà peggio.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).