Editoriali

Il curioso manuale linguistico dell'Ap contro i termini “disumanizzanti”

Redazione

La gloriosa agenzia di stampa americana ha inserito fra le etichette da evitare la parola "francesi", scatenando un putiferio. Dopo la raffazzonata difesa del suo vicepresidente, il tweet incriminato è stato rimosso

L’ansia di voler apparire a tutti i costi politicamente corretti, spesso, porta a scrivere sciocchezze. Giovedì è capitato all’Associated Press, gloriosa agenzia di stampa americana, che nel tentativo di aiutare i propri redattori a evitare espressioni potenzialmente stigmatizzanti ha provocato un putiferio. Sul profilo Stylebook dell’agenzia, un manuale in cui vengono regolarmente distillati consigli redazionali, è apparso il seguente tweet: “Raccomandiamo di evitare le etichette generiche e spesso disumanizzanti come ‘i poveri’, ‘i malati di mente’, ‘i francesi’, ‘i disabili’, ‘i laureati’. Usiamo piuttosto espressioni come ‘persone con malattie mentali’”.

 

Poco dopo, com’era prevedibile, ci si è chiesti come mai ‘i francesi’ fossero finiti nell’elenco delle etichette “disumanizzanti” tra “i malati di mente” e “i disabili” e per quale motivo l’Ap suggerisca di utilizzare la formula “persone provenienti dalla Francia”. Secondo Laurent Easton, vicepresidente incaricato della comunicazione all’Ap, “il riferimento ai ‘francesi’ è un tentativo di mostrare che ‘le etichette’ non devono essere utilizzate per nessuno, a prescindere che siano stereotipi tradizionalmente positivi, negativi o neutri”. La spiegazione non ha convinto (eufemismo) i francesi, ma nemmeno la stessa Ap, visto che il tweet è stato cancellato. L’agenzia ha provato a correggere il tiro, ma con poco successo: “Abbiamo cancellato un tweet precedente a causa di un riferimento inappropriato alle persone francesi. Non volevamo essere offensivi. Scrivere persone francesi, cittadini francesi etc. va bene. Ma mettere ‘i’ per chiunque può apparire disumanizzante e suggerisce l’idea di un monolite e non di diversi individui”. Un’utente si è chiesta se lo Stylebook dell’Ap fosse diventato “un account satirico”.

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