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la carta resiste

Toni altisonanti, sacralità e dotte citazioni. Non è una liturgia, ma yoga

Arnaldo Greco

Prosegue il tour nel retro delle edicole. Le riviste sulla pratica meditativa ti obbligano alla parafrasi o finisci per restare sopraffatto dal fumo. "Egococtomia", asportazione dell’ego. Non sarà troppo?

Vivere lo Yoga è un bimestrale ormai giunto al 103esimo numero, dal costo di 4,90 euro. Compreso nel prezzo dell’ultimo numero c’è anche un cd: “Yoga Breathe. Pranayama Sound” con brani come “The heart’s way”, “Look beyond the sky” e “Life awakening”. Come evidente già da questi pochi titoli, pur comprendendo chi fa yoga e, soprattutto, rispettandone profondamente il senso del sacro, è difficile, non da oggi, approcciarsi alla pratica e a chi ne parla mantenendo un briciolo di understatement, perché il tono è sempre altisonante ed è tutto un caricare e appesantire di significato ogni minimo momento della vita umana. Per dirne una: il respiro è importante, certo, e dovremmo respirare meglio, ma qui si legge che il respiro è “una fonte infinita di conoscenza”. Bello. Magari riuscirci davvero. Ma, soffermandosi un attimo a pensarci meglio, che significa? (Come dimenticare Checco Zalone che in  “Sole a Catinelle” portava il figlio a un corso di yoga e di fronte al maestro di respirazione che, soddisfatto della prova, domandava “è la prima volta?” risponde “no, già respirava prima”).

“Se un pensiero parassita si affaccia occorre lasciarlo scorrere via, semplicemente osservandolo e accompagnandolo con gioia mentre si allontana lasciando una scia luminosa” estrapolata da un articolo a caso è una sorta di frase tipo, perché ripetute frasi così da un lato ti obbligano alla parafrasi e, dall’altro, se ne fai la parafrasi finisci per restare sopraffatto dal fumo. Allo stesso modo l’editoriale principale del numero parla di egoectomia, che da un lato è un’invenzione lessicale decisamente apprezzabile, una bella figura retorica, chiara, nitida, precisa, dall’altra, di nuovo a pensarci meglio, “ectomia” fa pensare ad asportazioni chirurgiche non proprio indolori. Asportazione dell’ego. Non sarà troppo? E poi, dopo questa asportazione chirurgica dell’ego non toccherà mica fare pure una biopsia e scoprire se l’ego è buono o cattivo? O forse è inutile, perché chiaramente l’ego è sempre cattivo, si capisce. Non si danno ego risolti. Bisogna purificarsi.

Curiosamente, diverse pagine del giornale a un lettore onnivoro e poco snob richiamano le riviste per la cura fisica del corpo. “Esprimi la parte migliore di te in cinque mosse”, per esempio, è una guida che, in qualche modo, richiama “scolpisci i tuoi addominali in otto minuti al giorno” oppure “disegna i tuoi glutei con cinque semplici esercizi” che, di solito, si trovano su quelle riviste maschili che più maschili non si può. Contemporaneamente c’è un’evidente derivazione dalle classiche riviste di salute con analisi tipo “Dimagrire, smettere di fumare… perché i buoni propositi non si realizzano?”. Oppure “Esprimere la rabbia, sperimenta il piacere” e ancora “Questione di… naso. Perché una narice è sempre più chiusa dell’altra? E perché non è sempre lo stesso lato?”.

Man mano che, però, ci si addentra nella lettura diventa chiaro che le questioni e, soprattutto, le domande sono tutte, in realtà, domande retoriche, perché la risposta è una, è dentro di voi, ed è: lo yoga. Con lo yoga si libera la narice giusta e, vabbè, questo sembra facile, ma funziona anche con “Liberati dai pensieri negativi” e addirittura “Cambia prospettiva, vivi libero e felice”. Indovinate come? Certo. Risposta esatta. Proprio come con quegli opuscoli religiosi che sembrano identici per ogni chiesa, gruppo o setta, ma poi, a leggere bene, si scopre che le domande sono sì uguali su tutti, ma le risposte degli altri sono fallaci mentre quella giusta è proprio quella del fascicolo che hai mano, così “l’ansia” o “i pensieri negativi” sono tutti curabili con la stessa ricetta. Al punto che perfino “Elimina il senso di colpa” ha una risposta che non è, come stupidamente si potrebbe pensare “non fare cose per cui potresti sentirti in colpa”, ma fa ciò che vuoi però poi dopo “pratica yoga”. Ovviamente non espresso brutalmente come in questo virgolettato forzato, ma con espressioni circonvolute come: “Per essere liberi e felici occorre scoprire, verificare e realizzare la nostra vera identità, ossia il Sé Eterno presente in noi, il Testimone”.

Resta, perciò, il dubbio e, anzi, si rinforza, che chi desacralizzi la pratica sia proprio questo linguaggio inutilmente occulto piuttosto che un po’ di ironia. Per la stessa ragione, le continue citazioni che accompagnano lo sfoglio, dall’onnipresente Gibran (le agenzie di scommesse non lo quotavano per quanto era immaginabile) a Terzani, a “Grey’s antatomy”, a Pessoa, sospese e private di qualsiasi riferimento finiscono per assomigliarsi tutte e diventare tutte ugualmente esoteriche. E una citazione di Dante rischia di confondersi con l’inquietantissimo Osho. Al contrario la cosa migliore della rivista sono le foto e le spiegazioni delle posizioni. Quelle incuriosiscono tutte e ogni posizione ti sfida alla prova, le più semplici come le più complicate. Quelle solitarie e perfino quello dello “Yoga a coppie. Raddoppia l’intesa”. Ma soprattutto il maestro che, all’ultima pagina, lascia passare un braccio dietro la schiena e afferra l’altro suo braccio che, però, arriva dietro la schiena dopo essere passato sotto una gamba in una configurazione laocoontica con sé stesso indescrivibile a parole, non lo dimenticherò facilmente.

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